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Giardino condominiale: via libera al pollice verde

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Finalmente è arrivata la primavera. È quindi tempo di indossare capi più leggeri, di godersi le prime calde giornate soleggiate dopo il freddo inverno, di sognare il mare e di… prendersi cura di fiori, piante e giardini (anche condominiali).

Come “far funzionare” al meglio un giardino condominiale in questo periodo durante il quale le aree verdi esprimono il massimo del loro potenziale cromatico, estetico e olfattivo?
Trattandosi di un bene comune (ovvero una proprietà ripartita tra tutti i proprietari degli appartamenti del condominio relativo) il giardino condominiale soggiace ad alcune regole. Meno però di quante si possa immaginare. Il primo riferimento normativo sulla questione è il primo comma dell’art. 1102 del Codice Civile: «Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa».
Ci illumina a tal proposito la Cassazione (Sentenza n. 12973 del 16 giugno 2005): «Il pari uso della cosa comune non postula necessariamente il contemporaneo uso della cosa da parte di tutti i partecipanti alla comunione, che resta affidata alla concreta regolamentazione per ragioni di coesistenza; che la nozione di pari uso del bene comune non è da intendersi nel senso di uso necessariamente identico e contemporaneo, fruito cioè da tutti i condomini nell’unità di tempo e di spazio, perché se si richiedesse il concorso simultaneo di tali circostanze si avrebbe la conseguenza della impossibilità per ogni condomino di usare la cosa comune tutte le volte che questa fosse insufficiente a tal fine».
In una sentenza ancora più recente (n. 3188 del 9 febbraio 2011), inoltre, la Suprema Corte chiarisce anche sulla possibilità di piantumazione di alberi e piante: «Il potere del singolo condomino di servirsi della cosa comune incontra un duplice limite, consistente, l’uno, nel rispetto della destinazione del bene comune, che non può essere alterata dal singolo partecipante alla comunione; l’altro, nel divieto di frapporre impedimenti “agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto” (art. 1102 che abbiamo citato all’inizio, ndr). Nella specie, in applicazione del suesposto principio, la Corte d’Appello è giunta alla conclusione – argomentata ed immune da vizi logici e giuridici – che la piantagione delle essenze arboree e floreali è del tutto compatibile non solo con la destinazione dell’area, ma anche con il diritto di tutti gli altri condomini di farne parimenti uso».
Tutto ciò significa che, in assenza di un chiaro divieto presente nel regolamento di condominio, che però deve essere approvato all’unanimità da tutti i condomini, ognuno può fare nel giardino condominiale più o meno quello che vuole, purché non modifichi la destinazione d’uso dell’area (non si può trasformare un giardino condominiale in un parco giochi piuttosto che in un parcheggio) e si permetta anche ad altri di partecipare al miglioramento del bene comune. Spazio alle fantasie floreali in giardino quindi, purché non si mettano delle recinzioni e si faccia tutto a proprie spese.
Esemplificando ancora, tutti possono fare giardinaggio nel giardino condominiale ma senza limitare il diritto degli altri di fare lo stesso e di godere del lavoro del condomino con il pollice verde. Se quest’ultimo pianta un albero da frutto a proprie spese, sappia però che i frutti sono di tutti, perché il condomino che si dedica al giardinaggio negli appositi spazi comuni non lo fa (solo) per sé ma in nome della collettività condominiale e per di più lo fa su un terreno che non è di sua (esclusiva) proprietà ma è proprietà indivisa e indivisibile di tutti i condomini.
Giuseppe Morea


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