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L’attecchimento del seme

 |  Redazione Sconfini

Fine estate: tempo di semine, idrosemine e compostaggi. Per saperne di più abbiamo intervistato Andrea Biro Zoltan, titolare della ditta di giardinaggio L’idea verde di Trieste.


Cos’è l’idrosemina?

"È la semina di un prato o di piante erbacee attraverso lo spruzzo di un gel liquido, che crea una pellicola sul terreno. In questo modo, se piove da lì a pochi giorni, il seme resta attaccato".


Dove si adotta questa tecnica?

"Principalmente su scarpate, terreni in pendio, in montagna, in maniera tale da garantire l’attecchimento del seme al terreno".


Altrimenti, cosa succede?

"Senza idrosemina, dopo aver seminato e messo il terriccio per garantire un migliore attecchimento dei sementi, le piogge dilavano il seme perché il terreno sulle scarpate non è compattato".


L’idrosemina, invece, quanto resiste?

"Salvo acquazzoni molto intensi, essa resiste per i giorni necessari alla formazione della pellicola; quando questa si secca, resiste finché la pianta vive".


Quanto costa in più praticare l’idrosemina?

"A conti fatti, l’idrosemina costa meno perché impiega un tempo minore della semina tradizionale".


È richiesta qualche particolare preparazione del terreno?

"Sì, come con la semina normale: serve prima una concimazione, dopodiché si prepara la soluzione di gel, acqua, sostanze colloidali e sementi scelte in base alle caratteristiche del suolo e dell’esposizione agli agenti atmosferici".


Il cliente può risparmiare preparandosi da solo la miscela?

"No, il preparato viene miscelato dalla macchina per circa tre ore e poi spruzzato attraverso una lancia apposita".

 

La macchina per l’idrosemina è reperibile in commercio?

"È reperibile, ma il noleggio della macchina costa meno che una semina tradizionale. Pertanto, non conviene acquistarne una. Il costo del noleggio, che varia in base all’area da seminare, è di circa 2 euro a metro quadro".

 

Quanta superficie è in grado di seminare?

"In 2-3 ore si seminano 700-800 metri quadrati di scarpata".


Questa tecnica va praticata una tantum o più volte?

"Serve solo a incollare il seme al terreno, nonostante l’erosione del vento e dell’acqua, finché il seme non secca. Quindi, basta farlo una sola volta a stagione".


Qual è il periodo migliore dell’anno per praticarla?

"Indicativamente la fine dell’estatalte. L’importante è che dopo l’idrosemina ci siano alcuni giorni con caratteristiche atmosferiche simili e con abbastanza ore di sole al giorno".


Che utilità ha l’idrosemina per l’inverno?

"Nessuna, in particolare. La germinazione di un seme sparato con il gel su una scarpata non è diversa da quella di una semina tradizionale su un terreno dritto. L’unica differenza è l’attecchimento del seme, che con il vento e le piogge di fine estate può scivolare via e lasciare il terreno non seminato".


Esistono più tipi d’idrosemina?

"Sì, abbiamo il cosiddetto bianco verde e il nero verde".


Ci può spiegare la differenza?

"L’idrosemina è stata sviluppata in seguito alle necessità di forestazione contro i dissesti idrogeologici sui pendii. Qui, per prima cosa, bisognava bloccare la terra sulla roccia impedendole di scendere. Come dicono le parole stesse, il nero verde è più scuro e pertanto attira i raggi del sole, scaldando l’erba e facendola germinare prima, riducendo il rischio che le sementi ricche di sali minerali si stacchino, ma anzi creando un accumulo di materiale vegetale. Quest’ultimo, nel corso di decenni, forma un substrato che in seguito permetterà di piantare arbusti, che hanno un ulteriore potere di trattenimento del terreno. A questo punto, dopo altri decenni di sterpaglie di arbusti si potranno piantare altre specie pioniere: ad esempio, il pino nero, caratteristiche del suolo e del pendio permettendo. Alla fine si ha una sorta di “evoluzione” del terreno. Riassumendo, da un terreno brullo, senza erba, che rischia di franare, si arriva col tempo a specie forestali sempre più impegnative".


Su quali siti si opera il rinverdimento?

"Già dagli anni ’70 si recuperano cave di marmo e altri buchi nel terreno fatti dall’uomo con sistemazioni idraulico-forestali particolari, con trattenimenti di terreni meccanici come semplici picchetti di legno per far barriera e creare un pàstino con dentro la terra, cioè dei terrazzini a gradoni ricavati su un pendio".


Nel lungo periodo, è preferibile idroseminare sempre le stesse specie o piuttosto è meglio fare delle rotazioni come con la semina tradizionale?

"La scelta dei semi è dettata dalle esigenze del sito e dal risultato che voglio ottenere. Si possono scegliere specie erbacee che arrivano a crescere un metro, che hanno radici di un certo tipo, così come si può optare per un loro aspetto ornamentale. Tuttavia, una cosa è la tecnica della semina, un’altra sono i semi che scelgo di piantare".


Quindi, la tecnica scelta deve dipendere quasi solo dalla pendenza del terreno?

"Sì. Non ha senso praticare l’idrosemina su un campo da calcio".


Come sceglie il cliente la soluzione da spruzzare?

"Il cliente si limita a elencare le sue esigenze. Poi è compito dei professionisti preparare il gel a seconda delle esigenze del cliente e dei risultati prefissati".


Il gel dell’idrosemina protegge anche dagli shock termici causati sulle piante dalle piogge estive?

"La pellicola è troppo sottile per considerarla protettiva. Il seme è comunque esposto alla temperatura".


Parliamo anche di agenti atmosferici. E penso al gelo sulle verdure di alcuni anni fa, che avrebbe dovuto giustificarne il rincaro. Simili fenomeni sono prevenibili?

"Alla fine dell’estate è bene fare delle concimazioni a base di potassio che servono ad irrobustire i tessuti della foglia. Una vera prevenzione, però, non ha molto senso. Le malattie fungine spariscono man mano che il freddo avanza. Sugli alberi da frutto si possono fare dei trattamenti contro le uova lasciate sulla corteccia dagli animali che vi svernano. Ma sono trattamenti preventivi insetticidi per la stagione successiva; per quella in corso è troppo tardi, e quindi comporterebbero uno spreco di materiali chimici con conseguente inquinamento. Mentre ha più senso ripulire un terreno dalle foglie cadute da un albero malato o con parassiti".


E per quanto riguarda le foglie che cadono, se invece l’albero è sano come consiglia di riciclare le foglie?

"Fare il compostaggio dei materiali è tanto utile quanto difficile. Ormai c’è la moda del compostaggio fai da te, senza che si consideri l’opportunità di lavorarlo con prodotti chimici che accelerano la decomposizione del prodotto. Altrimenti, si finisce col ricavare una parte minima di materiale utilizzabile da una quantità ingente di massa grezza. Bisogna decomporre attraverso diverse macerazioni, con diverse quantità d’aria".


Come può cambiare il prodotto finale?

"Può, per esempio, essere più acido e adatto ai terreni calcarei. Ma alcuni usano comprare tonnellate di torba bionda importata dalla Russia, nonostante garantisca scarsi risultati proprio perché non si lega chimicamente ai nostri terreni; mentre la torba bruna si lega meglio e i terreni ne traggono giovamento".


Ci può fare un altro esempio di cattivo utilizzo diffuso?

"C’è chi per fertilizzare usa il solfato di ferro, inutile alla pianta perché non vi si lega chimicamente; quello che serve, invece, è il chelato di ferro, che costa di più ma abbisogna di un dosaggio limitato e garantisce risultati decisamente migliori".


In conclusione, che consiglio dare al cliente distratto?

"Ogni prodotto chimico riporta per legge la classe di tossicità sull’etichetta. Molti, però, leggono solo l’elemento, e invece bisogna assicurarsi anche che il principio attivo sia quello richiesto e non un altro".

W.S.

 


In collaborazione con Help!

 


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