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Consenso informato o disinformato?

 |  Redazione Sconfini

All’atto di entrare in sala operatoria (in occasione di un mio recente ricovero in ospedale) sono stato avvicinato dalla caposala la quale mi ha invitato a sottoscrivere uno stampato composto di due facciate, il cui contenuto – confesso – non ho avuto né il tempo né (comprensibilmente) la voglia di leggere, firmando lo stesso “sulla fiducia”. Ad una mia precisa domanda, la caposala ha avuto modo di spiegarmi che il modulo sottoscritto attestava il mio “consenso informato” all’esecuzione dell’intervento cui sarei stato sottoposto. Ringraziando la Provvidenza, tutto è andato per il meglio ed oggi ho recuperato il mio ottimale stato fisico. Ma mi domando: qualora qualcosa non fosse andato per il verso giusto quel “pezzo di carta” che cosa avrebbe significato per me in caso di richiesta di risarcimento: in altre parole, il mio “consenso informato” è forse una esimente di responsabilità per i medici ed in generale per l’ospedale?

Lettera firmata

 

Il lettore deve sapere come oggi più che mai sul medico incomba l’obbligo di informare il paziente in relazione ad ogni intervento medico sia di diagnosi che di cura, in modo da consentirgli di esprimere un consenso libero e consapevole al trattamento. Ne consegue che l’omessa prestazione del consenso o l’insufficienza dell’informazione comportano la responsabilità a prescindere da una colpa medica in senso proprio.

In sintesi attualmente possiamo affermare che nell’ultimo decennio si è registrata una vera e propria proliferazione di cause intentate contro medici e ospedali accusati di avere violato l’obbligo di corretta informazione dei pazienti. L’intensificarsi della “offensiva” giudiziaria, e delle pronunzie favorevoli ai pazienti, non può – e non potrà – non suscitare una reazione difensiva, da parte della categoria medica, altrettanto forte.

Si è detto che all’interesse del sanitario a dimostrare che il consenso è stato validamente prestato si contrappone l’interesse esattamente contrario del paziente e dei suoi familiari, tesi a dimostrare la violazione dell’obbligo.

Va da sé che venga sentita come necessità ineliminabile la predisposizione, da parte della struttura sanitaria, di un modulo di consenso che soddisfi i requisiti richiesti dalla legge (e dalla giurisprudenza) per un’informazione esauriente e veritiera, prima di eseguire un intervento chirurgico, una cura nuova e quindi non ancora standardizzata, o un esame invasivo. In caso di contestazione relativamente al corretto svolgimento della prestazione compiuta, il modulo si rivela un elemento essenziale per la valutazione della sussistenza o meno della responsabilità professionale del medico.

Non è escluso – anzi in alcune strutture è già una realtà – che, sulla scorta dell’esperienza americana, vengano predisposti moduli eccessivamente prolissi, dettagliati e complessi, secondo una prassi che, invece di avvicinare, finisce per allontanare l’operato del medico dall’obiettivo di un miglior rapporto col paziente e per condurlo su un piano meramente formale/contrattuale, nell’intento di precostituire un’efficace difesa contro le possibili, ormai assai frequenti, “ritorsioni” del paziente stesso o dei familiari.

È sicuramente auspicabile che l’informazione al paziente venga recuperata attraverso il reale dialogo e confronto con il paziente, che spesso non comprende il significato dei documenti che gli sono sottoposti.

Attualmente l’acquisizione di un valido ed esauriente consenso informato assume una rilevanza fondamentale riguardo alla copertura assicurativa del professionista o dell’ente ospedaliero, in quanto sempre più spesso le polizze di responsabilità professionale contengono specifiche clausole di regolamentazione del dovere di informazione del medico/assicurato e di esclusione della copertura nel caso non si sia provveduto a raccogliere il consenso del paziente secondo specifici schemi.

Si può, quindi, sicuramente concludere che nel caso prospettato dal lettore (nel mentre non ci si può che compiacere che tutto sia andato per il meglio), qualora non tutto fosse andato per “il verso giusto”, questi avrebbe potuto sicuramente – in relazione alle modalità con le quali è stato invitato a sottoscrivere il modulo informativo (modalità affrettate, pressappochiste e tutto sommato pasticciane) – ascrivere a suo favore un’informazione insufficiente così come fornitagli dall’ente ospedaliero cui si era rivolto, conseguendone già solo per questo fatto responsabilità inequivocabile.

Auspico, pertanto, non solo con riferimento a quanto riferito dal lettore, che il positivo sforzo del Legislatore affinché vi sia da parte del “sistema sanitario” propensione maggiore ad un rapporto di trasparenza con il paziente, prosegua nel futuro con più incisività non solo e non tanto per i suoi contenuti ma – ciò che è più importante – con un tempismo che rispetti in maniera tangibile l’esigenza indefettibile del paziente di essere informato con una metodica accessibile alla sua comprensione di “non addetto ai lavori”.

avv. Marcello Giordano

 

 

 


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