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Alle falde dello Zoncolan: i residenti se ne vanno

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Non ce l’ha fatta. Era prevedibile. I 6,6 gradi centigradi esterni hanno dato il colpo di grazia alla mitica Vespa verde bugesa del ’56. L’autunno è troppo potente per lei. Per ben due volte è stata ripresa per le candele, la terza ci è rimasta.

Va in letargo, con la bella stagione si ripiglierà, come ogni anno. Dispiace. Dispiace soprattutto per averla dovuta riaccompagnare a casa – a piedi – per quasi otto chilometri. Dispiace, certo, ma il viaggio continua. La Carnia sta aspettando.

 

In questo frangente dai carnici si tenta di carpire quell’ingegno, quella capacità di resistenza e quell’inventiva che ha permesso loro di farcela in tempi durissimi. Anche se non sempre queste qualità gli sono bastate per andare avanti. Sembra, infatti, che negli ultimi quarant’anni la crescita economica abbia intrapreso una corsa solitaria lasciando indietro parti di montagna e svuotando le valli alpine. Tutti inseguono la sicurezza e il lavoro stabile verso le città più o meno grandi.

 

Dalla finestra di casa De Infanti entra una luce affumicata dal sigaro del signor Sergio chino sui fogli a righe che sta scrivendo. La vista è sulle sgargianti cabine della funivia alle pendici dello Zoncolan, a Ravascletto, in Valcalda, “nome – scrive De Infanti nel suo libro “Il troi (trad. sentiero) par Ravasclêt” – che deriva da una traduzione dei nostri buoni topografi dalle carte tedesche, da kalt (freddo, ndr) e thal (valle, ndr)”.

 

Ironia della sorte, il polo sciistico fra i più attrezzati della regione che calamita migliaia di turisti ogni anno, vede andarsene proprio i residenti. “La mia classe, quella del ’63, contava 10 bambini – esemplifica Luca Gracco, maestro di sci a Ravascletto – mentre da cinque anni a questa parte tra Ravascletto, Solars e Zovello sono nati in tutto 15 bambini e circa il 30% dei giovani se ne va dal paese”. “Credo – commenta Gracco – che un limite stia nell’individualismo carnico; ci dovrebbe essere maggior unione e collaborazione tra i paesi della Valle”.

 

> Imprenditori di se stessi

 

“Le persone del luogo, i montanari, se ne vanno con le loro famiglie e – sostiene De Infanti – non si impegnano per la loro terra, non ci sono investimenti dei residenti. Abbiamo perso questo aspetto imprenditoriale, che avevano invece i nostri cramârs (venditori ambulanti) un tempo. Personalmente ho sempre cercato di essere ed esserci, di agire”. Seguendo l’esempio del suo avo Leonardo De Infanti, che nel 1726 finanziò la prima scuola pubblica gratuita del paese grazie alla sua attività di cramâr, anche Sergio De Infanti cinque anni fa a Tolmezzo ha contribuito ad aprire una scuola professionale di “Operatore ambientale montano” proprio per formare la figura del “montanaro” che oggi è quasi scomparsa. “Non è facile – constata il signor Sergio – fermare lo spopolamento in montagna. È necessario diversificare le attività e investire in istruzione, ma le donne fanno resistenza”.

 

Quest’omone dal viso aperto, lo sguardo azzurro ridente e intenso dietro alle palpebre semiabbassate, è stato per 43 anni maestro di sci e guida alpina, e assieme ad altre due persone fondatore nel 1970, quand’era l’unico maestro di sci in Carnia, della “Scuola sci Ravascletto”, oggi “Società scuola italiana sci Carnia Zoncolan”.

 

Generoso conversatore, De Infanti è fonte inesauribile di aneddoti che, spesso irrequieto e curioso, rimanda ai suoi libri. È dalle loro pagine che si scopre il suo tentativo di scalata dell’Everest nell’84 e il tragico ritorno con i piedi congelati per aver sfondato col suo peso una lastra di ghiaccio verso i 5.000 metri. Non è l’artrite che lo porta a claudicare leggermente, ma l’amputazione dell’alluce conseguenza di quell’assideramento.

 

> 1.000 boschi e 1.000 mestieri

 

De Infanti ama queste montagne, le respira, le cura, le percorre, è qui che vuole rimanere. Ci porta in un lotto boschivo a poche centinaia di metri di distanza. Scortati da Chira, un terranova (?) “affettuoso e bizzarro”, rivela il suo padrone. La speranza è di incontrare l’amico Luciano De Crignis, anche lui maestro di sci e guida alpina, che dovrebbe essere lì a pulire da rami avvizziti e tronchi inutili il sottobosco in modo che “la luce riesca a penetrare e il terreno a respirare, riprendendo così a germogliare”. Purtroppo oggi non c’è. Pazienza. “Sai, è importante – sottolinea Sergio – tenere il bosco pulito: da un orto ben curato e ordinato è possibile capire se ci si può fidare di quella famiglia”. Una frase buttata lì, innocua, eppure fatale. Ogni giardino e orto, dalla Carnia alla Bassa, passa da quel momento costantemente al vaglio.

 la funivia per lo Zoncolan

Prima di congedarsi, un passaggio al bar accanto alla funivia, dove Chira si pappa i suoi biscottini da caffè. “Volendo – conclude De Infanti – qui si può vivere bene: su 600 abitanti, per esempio, ci sono ben 48 ditte individuali che fanno manutenzione edile o meccanica oltre ad altre attività. Ci vuole certo la volontà di sfruttare le risorse della montagna, anche diversificando i mestieri”.

 

> Sport in trincea

 

Non sfugge a questa regola nemmeno Luca Gracco, principalmente maestro di sci, ma all’occorrenza anche pittore edile e allevatore. “Ho cominciato a sciare con mio nonno 38 anni fa – ricorda Luca – con sci di legno e scarponi in cuoio… impensabile al giorno d’oggi”. “La prima gara di sci qui a Ravascletto è del 1921”, puntualizza ancora De Infanti nel ricordare che si tratta di uno sport introdotto solo pochi anni prima (1915) dai soldati austriaci per necessità belliche.

 

“Fino agli anni Quaranta – racconta Gracco – da noi lo sci lo praticava solo la gente del posto; il turismo è arrivato con la seggiovia”, la prima del Friuli Venezia Giulia, costruita nel 1949 da un triestino. “Nel 1948, ricercato dai titini, Carlo Fumis si è rifugiato qui – riferisce il signor Sergio – e nel ’49 ha costruito la seggiovia che poi ha venduto al Comune”. Allora ci fu un vero impazzimento di appassionati che da Trieste venivano a sciare sullo Zoncolan, tanto da dover attivare una linea di corriere Trieste-Ravascletto. Euforia interrotta per un po’ nel 1954 quando Trieste ritornò all’Italia e i “turisti” inglesi e americani se ne andarono. La passione però non si è mai spenta visto che nel capoluogo si contano ben quattro sci club!

 

Accanto al caminetto del locale davanti ad una tazza di caffè fumante, si sente il vociare esterno degli operai al lavoro. Ravascletto si prepara alla nuova stagione invernale. “Stiamo rinnovando gli impianti della funivia – spiega Luca Gracco – e da quest’anno ci sarà anche una pista diretta che scende dallo Zoncolan fino al paese. Prima c’era solo la funivia o il fuoripista”.

 

> Il paese dei presepi

 

Scollinando verso le pendici dello Zoncolan opposte a quelle della funivia, l’emorragia migrante si cauterizza nella Val del But, a Sutrio, il paese dei presepi. Stando a quanto ci raccontano, l’antica tradizione della lavorazione del legno l’ha salvato negli ultimi cento anni dallo spopolamento. “Proprio la mancanza di emigrazione di massa, anche se c’è una fuga di laureati – racconta un paesano – ha portato a una socialità molto forte, anche fra i giovani”.

 

Il turismo fra le stradine e le corti di questo paese di circa 1.400 abitanti arriva qualche decennio fa grazie allo Zoncolan e allo sviluppo delle strutture sciistiche. È, però, il legno vivo, come lo definiscono gli artisti del luogo, il vero protagonista dell’economia di Sutrio, un tempo lavorato negli scantinati e poi, con il boom economico degli anni Sessanta, nelle fabbriche. “Dovreste vedere che opere d’arte che fanno con il ricamo e il cucito tradizionali e col legno!”, dice congedandosi il nostro confidente.

 

Passeggiando per il pittoresco paese si incontrano effettivamente strutture e personaggi strani. Serpenti semovibili, ghiande del suono a dimensione umana in un parco giochi in legno e vari folletti lignei di un metro e settanta agli angoli della strada: sono le sculture di artisti locali e internazionali che fanno capo all’Associazione europea Scultori lignei Olympus e che si incontrano la prima domenica di ogni settembre dal 1990 per creare nuove opere d’arte in occasione della festa “Magia del legno”. “Certo non è semplice – confida un altro signore incontrato vicino ad un enorme sbilf (folletto della Carnia) – far andare d’accordo tutti questi personaggi: gli artisti sono persone meravigliose, ma a volte sulla loro sensibilità e vitalità prevale un certo egocentrismo”. Beh, che vuoi farci, certo nessuno è perfetto, né Bugesa, né artisti, ne piloti vespisti.

 

> COME ARRIVARCI

Imboccare l’autostrada A23 Palmanova-Tarvisio fino all’uscita “Carnia”, dirigersi a Tolmezzo e da lì seguire le indicazioni per Paluzza-Passo Monte Croce Carnico; qualche chilometro prima di Paluzza girare a sinistra seguendo le indicazioni della segnaletica verticale.

 

> CHI CONTATTARE

A Ravascletto: per gli appuntamenti in Valcalda telefonare al numero 0433.66477; per la scuola di sci Zoncolan chiamare lo 0433.66043.

A Sutrio, per la rassegna di dicembre “Il paese dei presepi” telefonare alla Pro Loco allo 0433.776742 oppure chiamare il 339.1979296.

Ivana Macor

 

  
In collaborazione con Help!

 

 


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