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Infezioni: la funzione delle defensine

 |  Redazione Sconfini

L’immunità innata rappresenta il meccanismo di difesa preesistente all’incontro con l’antigene: si avvale di diversi fattori meccanici e chimici (cute, saliva, secrezione gastrica), umorali (lisozima, complemento, interferone), di cellule (fagociti) e della flora batterica commensale.

Le defensine costituiscono una famiglia di peptidi antimicrobici che nell’uomo e in altri organismi contribuiscono a formare le prime difese non specifiche contro l’invasione di qualsiasi tipo di patogeno. “Le defensine rappresentano, grazie alla loro azione di difesa indifferenziata e aspecifica contro ogni genere di patogeno, la prima linea di difesa del nostro organismo”, afferma Sergio Crovella, ricercatore universitario della S.C. Laboratorio di Genetica medica dell’Irccs Burlo Garofolo di Trieste che si occupa, in particolare, da diversi anni di immunogenetica, immunovaccini, immunità innata, malattie multifattoriali, evoluzione molecolare.
Le defensine sono caratterizzate da: assenza di specificità, e quindi svolgono attività antimicrobica diretta su batteri Gram negativi e positivi, sui funghi e sui virus, assenza di memoria e velocità di risposta, dovuta all’immediata disponibilità dei peptidi immagazzinati ed alla loro rapida sintesi e diffusione. “Sono prodotte – spiega Crovella – in tutte le aree anatomiche che in qualche modo possono venire per prime a contatto con patogeni esterni. La loro localizzazione (epiteli mucosali e tutte le cellule e tessuti esposti potenzialmente all’attacco di patogeni) è direttamente correlata con la loro funzione di prima difesa aspecifica del nostro organismo. La beta defensina 1 (DEFB1), ad esempio, è prodotta in tutte le mucose formando una sorta di prima barriera che impedisce l’ingresso dei microbi all’interno del nostro organismo”.
I geni che codificano le defensine presentano polimorfismi genetici, cioè variazioni delle sequenze nucleotidiche di un gene presente nella popolazione generale; possono eventualmente essere associati a patologie come marcatori. Noti per avere un effetto sulla regolazione della produzione di altri peptidi antimicrobici, questi polimorfismi hanno richiamato l’interesse dei ricercatori del Laboratorio di Genetica medica del Burlo Garofolo, che da alcuni anni stanno studiando l’associazione tra i polimorfismi nei geni per le defensine e la predisposizione allo sviluppo di patologie infettive o infiammatorie (infezioni batteriche e fungine ricorrenti, infezioni virali). “I geni codificanti le defensine – precisa Crovella – sono caratterizzati da due tipi di polimorfismi genetici: variazioni nucleotidiche nelle regioni codificanti e di regolazione dei geni; variazioni di ripetizioni di numero di copie dei geni. Tali variazioni genetiche sono associate ad una produzione differenziale di defensine che ovviamente influenza la qualità della risposta aspecifica agli agenti patogeni. Meno defensine vuol dire maggior suscettibilità alle infezioni”.
L’obiettivo è quello di delineare un quadro sempre più chiaro e completo delle funzioni svolte dalle defensine nell’immunità naturale o innata del nostro organismo. In particolare sono stati effettuati numerosi studi che hanno dimostrato l’associazione di polimorfismi del gene DEFB1 ed infezioni ricorrenti in pazienti pediatrici e ginecologici. Questi polimorfismi sono associabili alla minore o maggiore suscettibilità a certe infezioni. Attualmente sono stati ottenuti dati incoraggianti sul possibile ruolo delle defensine quali modificatori del quadro polmonare, in termini di gravità, in pazienti affetti da fibrosi cistica. In particolare, la ricerca ha evidenziato una correlazione tra un polimorfismo localizzato nella regione di regolazione dell’espressione del gene DEFB1 e l’aumentata protezione nei confronti delle infezioni da Pseudomonas aeruginosa.
I risultati ottenuti sulla casistica italiana saranno replicati su altre due casistiche con numerosità ancora più elevata provenienti dal Consorzio Nordamericano per la fibrosi cistica e dal Centro fibrosi cistica di Praga che collaborano attivamente a questo studio. “Il nostro gruppo di ricerca – chiarisce il ricercatore – ha identificato tre polimorfismi nella regione di regolazione del gene DEFB1, codificante per la beta defensina 1, associati ad una potenziale riduzione di protezione del peptide antimicrobico con conseguente aumentata suscettibilità ad infezioni quali: virus (HIV in bambini infettati per via materna dal virus), batteri (Gardnerella in pazienti ginecologici affetti da infezioni ricorrenti), funghi (Candida in pazienti ginecologici affetti da infezioni ricorrenti)”.
I dati emersi sul ruolo delle defensine nel quadro di patologie polmonari rendono una prospettiva concreta l’obiettivo da raggiungere: quello di identificare nuovi marcatori genetici in grado di fornire informazioni di valore prognostico circa il fenotipo polmonare dei pazienti affetti da fibrosi cistica. “La mancanza di defensine – sottolinea Crovella – potenzialmente rende il soggetto affetto da fibrosi cistica più suscettibile alle infezioni polmonari”. “Il nostro gruppo di ricerca – conclude – ha evidenziato in pazienti italiani affetti da fibrosi cistica una correlazione tra polimorfismi genetici a carico del gene DEFB1 e una peggior funzionalità polmonare sia in termini di capacità respiratorie che in termini di colonizzazione batterica”.

foto: Hal Gatewood


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