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Siamo soddisfatti di noi stessi?

 |  Redazione Sconfini

Nella nostra vita succede che si verifichino episodi che ci mettono in difficoltà e che spesso ci portano a riconsiderare in termini assolutamente negativi il nostro modo di essere e/o quello delle persone con le quali ci relazioniamo. Improvvisamente ci sentiamo incapaci o inefficaci o inadeguati o, addirittura, perseguitati; attribuiamo la colpa alla sfortuna, ci giudichiamo, ci colpevolizziamo o attribuiamo la colpa agli altri, a questo mondo che non è più come una volta ma è diventato cattivo e ci respinge. In poche parole: siamo in crisi con gli altri, ma prima ancora siamo in crisi con noi stessi.


“La crisi dell’individuo – spiega Laura Berenini, Gestalt counsellor – si verifica quando è in atto una rivoluzione nella gerarchia dei suoi bisogni. Ovvero quando gli viene a mancare un caposaldo della sua vita. Per esempio, chi punta tutto sulla carriera e improvvisamente perde il lavoro, oppure chi ha un figlio adolescente e non sa più come parlargli, si ritrova destabilizzato”. Durante la crisi la persona subisce improvvise modificazioni del proprio stato d’animo, un sentimento esasperato a volte eccessivo, fanatico. “Si giunge a uno stato quasi patologico, segnato da crisi di pianto, di coscienza, di nervi e spirituale”, afferma la professionista iscritta al Registro regionale dell’Aico (Associazione italiana di counselling). Di fatto la persona che attraversa questo momento vive uno scompenso che non le permette di rapportarsi con il mondo esterno con percezioni equilibrate.


Al di là delle definizioni, stiamo parlando di esperienze di vita che a tutti capita di affrontare. È normale entrare in crisi, come è normale crescere. Di fatto questi momaltenti non rappresentano, anche se di primo acchito può sembrare un paradosso, un evento negativo in assoluto. Infatti, è proprio grazie alla crisi che abbiamo l’occasione per incontrare noi stessi, per attivare o riattivare le risorse che abbiamo, risorse delle quali o siamo dimentichi o siamo addirittura inconsapevoli.


Tornando al paragone crisi-crescita, il bambino, quando fa un salto nella sua evoluzione, vive la fatica del cambiamento ma è proprio attraverso questo passaggio, non indolore, che diventa grande. Di fatto si arricchisce. Anche l’adulto continua ad evolversi, perché la vita è un percorso, lungo il quale troviamo ostacoli. Non bisogna spaventarsi. Vero è che talvolta la difficoltà ci appare insormontabile, allora diventa difficile intravedere la via di uscita, quella luce fuori dal tunnel, che pure c’è, e c’è sempre. “Ecco allora – afferma Laura Berenini – che ci si può rivolgere a una figura professionale quale il counsellor, che aiuta il cliente a comprendere le difficoltà e a considerarle con maggiore chiarezza, in modo tale che egli possa individuare alternative valide e uscire da schemi comportamentali non utili a superare quel determinato evento critico”.


Attenzione: non stiamo parlando di psicoterapia, ma di un altro genere di percorso che va attivato relativamente ad una situazione circoscritta. In particolare il counsellor aiuta ad affrontare problemi specifici, a prendere decisioni, ad acquisire una buona consapevolezza di sé. “Concretamente – chiarisce la specialista – il counsellor dialoga con il cliente e dà il via, durante il colloquio, a un processo d’interazione mirata a far trovare le risorse che ognuno già possiede e alle quali ognuno può attingere per superare la situazione specifica”.


L’obiettivo del counsellor non è creare un meccanismo di dipendenza con il cliente bensì stimolare l’autonomia della persona che, una volta compreso che ha in sé le chiavi per aprire la porta al suo stare meglio con se stessa, potrà camminare da sola. In fondo il processo del counsellor non è molto dissimile da quello che sosteneva Socrate nell’antichità quando paragonava il filosofo alla levatrice. “Da parte del cliente – rileva la Gestalt counsellor – è necessaria la volontà di voler stare bene e di iniziare il viaggio dentro se stesso. Un viaggio in parte faticoso, perché ci mette in contatto con le profondità insondate del nostro animo”.


Ma la meta è raggiungibile ed è a portata di mano. Basta avere il coraggio di soffermarsi su se stessi, di indagare i meccanismi che istintivamente attiviamo quando ci rapportiamo con l’altro e considerare che, magari, ne esistono altri, migliori, o meglio, più adatti per aiutarci a superare l’impasse di quella crisi. Ed ecco che la luce all’uscita del tunnel si fa più vicina. “Si può stare bene: la risposta alle domande – conclude Laura Berenini – è dentro di noi. Una guida che aiuti a rivelarle a noi stessi può essere il sostegno di cui abbiamo bisogno”. Ci vuole coraggio.

 

Tiziana Benedetti

 


In collaborazione con Help!


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