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Un buon trattamento sbiancante ha bisogno di osservare uno scrupoloso protocollo clinico.

Bocche senza macchia: lo sbiancamento dentale

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Sono soprattutto le donne a sognare una bocca senza macchia, convinte che il sorriso e una dentatura perfetta siano lo specchio dell’età. La necessità di avere un sorriso smagliante risale ai tempi degli antichi Romani.

In quell’epoca le donne patrizie già adoperavano, oltre ai comuni metodi di pulizia, delle sostanze che avevano lo scopo di ridare candore ai denti. Una di queste era l’urea ricavata dall’urina dei bambini.

 

Le moderne tecniche di sbiancamento risalgono alla metà dell’Ottocento quando furono proposti l’uso del cloruro di calcio e dell’acido ossalico. Fu nel 1884 che A.W. Harlan suggerì di adoperare il perossido di idrogeno e tale tecnica fu perfezionata nel 1918 da C.H. Abbot con il Superoxol, una soluzione al 30% di perossido di idrogeno in acqua distillata da utilizzare insieme al calore.

 

Per sbiancamento dentale s’intende una serie di procedure che ha lo scopo di riportare i denti al loro colore naturale, il colore geneticamente determinato. A formarlo contribuiscono la dentina, che dà la tinta, e lo smalto che con la sua traslucenza opalescente dà la luminosità o valore; dobbiamo aggiungere ancora il croma che dà invece la saturazione del colore, cioè quanto esso è intenso.

 

LE MACCHIE

 

Sono loro la causa del cambiamento del colore dei nostri denti. La natura delle macchie può essere estrinseca o intrinseca. La prima deriva da alterazioni di colore dovute a cibi, bevande colorate, microcorrenti galvaniche che si generano in bocca per la presenza di vari metalli (amalgame, leghe preziose e non), placca batterica, fumo di sigarette, agenti chimici quali la clorexidina ad alte concentrazioni o il fluoruro stannoso presente in alcuni dentifrici, e sono superficiali. La forma intrinseca è dovuta a malattie ematologiche, malattie sistemiche, malformazioni dentali genetiche o da esposizioni prolungate tipiche dei lavoratori del rame, del nichel, del cadmio e del manganese, e sono profonde.

 

TRATTAMENTO DELLE DISCROMIE

 

Il trattamento delle discromie, cioè l’insieme delle tecniche che hanno come scopo quello di riportare il dente al suo colore naturale, si avvale di mezzi fisici e chimici. I mezzi fisici sono le coppette per profilassi con o senza paste abrasive, gli spazzolini ed i gommini; si usano pure gli ultrasuoni con i quali si elimina il tartaro sopra e parzialmente sottogengivale, oppure la microabrasione ad acqua tiepida-aria-polvere di bicarbonato; essi vengono usati per le discromie superficiali. I mezzi chimici prevedono l’uso del perossido di idrogeno e del perossido di carbammide con una percentuale variabile a seconda delle case produttrici, e si usano per le discromie profonde.

 

SISTEMI DI SBIANCAMENTO

 

Esistono varie metodiche per lo sbiancamento dei denti: esempi ne sono i metodi che utilizzano strisce adesive, stick, pennelli oppure soluzioni adoperabili con portaimpronta universali, ed altri, invece, che richiedono la realizzazione di una mascherina individuale che viene approntata dall’odontoiatra su un’impronta rilevata al paziente.

 

I trattamenti domiciliari oltre ad essere più lunghi ed indaginosi (richiedono l’uso delle mascherine per almeno 40 minuti al giorno per ogni arcata, ed i trattamenti durano almeno 2 settimane), danno dei risultati meno soddisfacenti in quanto il perossido non viene attivato in maniera sufficiente, per cui si ha una maggiore formazione di radicali liberi e meno potenti; inoltre, viene lasciato al paziente il compito di valutare il momento di interrompere il trattamento con il rischio di incorrere in lesioni dello smalto da sovrasbiancamento o in lesioni della gengiva o della mucosa periorale.

 

TECNICHE AUSILIARIE

 

Un ulteriore aiuto per aumentare la potenza dell’azione del perossido come agente sbiancante viene fornito dalla temperatura oppure dalla luce.

Lo svantaggio della metodica che utilizza la temperatura sta nel fatto che la soluzione di perossido riceve il calore soprattutto nella sua parte più esterna, in quella cioè più lontana dalla superficie discromica dentale da trattare. Lo sviluppo di radicali liberi altamente potenti avverrà quindi in misura maggiore in aree lontane da quelle di nostro interesse. Per questo motivo dovremmo innalzare la soglia di riscaldamento fino a quando il paziente non avverte fastidio; questo fatto, a prescindere dalla diversa sensibilità individuale, mette a rischio l’integrità della polpa dentale che, come è noto, può essere danneggiata anche da lievi incrementi termici.

 

L’altra tecnica prevede l’uso della luce generata da lampade o da laser. Le lampade di ultima generazione fanno uso dell’innovativa luce LED che, attraverso uno speciale processo ottico, erogano una luce acceleratrice di sbiancamento, di lunghezza d’onda tra i 430 ed i 500 nm, con la rimozione dei raggi di luce infrarossa e ultravioletta. Un altro tipo di lampada utilizzata è quella al PLASMA che potenzia l’azione del perossido d’idrogeno emettendo il proprio raggio di azione nel campo della luce visibile nell’area dell’azzurro. Gel provvisti di cromofori rossi fanno penetrare la luce esattamente nella regione del dente interessata dalla discromia. I tempi di azione sono comunque abbastanza lunghi, si aggirano infatti sui venti minuti.

 

L’utilizzo dei LASER, altra tecnica usata, si basa sul principio dell’assorbimento della luce in rapporto alla lunghezza d’onda di un qualsiasi oggetto o sostanza; questo strumento ottimizza il rapporto tra tempi di applicazione degli sbiancanti, superficie irradiata, penetrazione delle sostanze nelle regioni iuxtadentali ed aumento della temperatura. Il trattamento sbiancante risulta in tal modo efficace e scevro da ogni rischio di danneggiamento per la polpa dentale e per la struttura dello smalto. Vengono adoperati in questo campo i laser a diodi che lavorano nello spettro dell’infrarosso tra 810 e 830 nm e particolari gel a cui vengono aggiunti dei “trasportatori” (carrier) di sostanze colorate (cromofore), che permettono al raggio laser di essere veicolato da questa sostanza colorata fino alla superficie del dente dove noi vogliamo che vi sia azione, ma non incrementano significativamente la temperatura o la produzione di ossidrilioni, sostanze nocive per la polpa dentaria.

 

Nel processo di sbiancamento dentale il perossido va ad agire sulle sostanze cromogene presenti all’interno del dente, le quali sono composte da molecole che presentano una particolare struttura tridimensionale a doppi legami. Questi ultimi vengono scissi dai perossidi rendendo così le molecole più semplici e quindi trasparenti al passaggio della luce: ecco perché lo sbiancamento dentale riporta i denti al loro colore originale.

 

Come per tutti gli interventi medici, anche il trattamento di sbiancamento dentale deve essere preceduto da un’accurata anamnesi e da un altrettanto accurato esame obiettivo. Scopo di tale procedura è verificare che non siano presenti condizioni controindicanti o situazioni che richiedano di essere risolte prima di procedere allo sbiancamento.

 

Lesioni dello smalto, carie in atto e otturazioni con chiusura imperfetta o infiltrate, richiedono una soluzione. In presenza di corone protesiche nella zona interessata allo sbiancamento va valutato il colore di queste ultime e soprattutto se saranno compatibili con i risultati della terapia che stiamo per intraprendere; lo stesso vale per le otturazioni in composito. Anche l’ipersensibilità dentinale o la scopertura dei colletti sono delle condizioni che richiedono un attento esame ed un eventuale intervento di desensibilizzazione prima di procedere con lo sbiancamento. Altre condizioni che richiedono una preventiva risoluzione sono le patologie parodontali che, quando croniche o particolarmente gravi, diventano fattore di controindicazione allo sbiancamento.

 

Oltre all’esame obiettivo è opportuno fare, in casi selezionati o in pazienti molto giovani, un esame radiografico per evidenziare camere pulpari particolarmente ampie che richiedono (vista la localizzazione pulpare molto prossima alla regione d’intervento) precauzioni per evitare ipersensibilità o danni termici alla polpa stessa.

Problemi all’articolazione temporomandibolare devono essere valutati a causa del tempo piuttosto lungo durante il quale il paziente dovrà restare con la bocca aperta: tale posizione potrà indurre, in questi pazienti, contratture muscolari o trisma. Anche in questi casi un’attenta considerazione potrà risultare opportuna per valutare i tempi e i modi nel senso di una parcellizzazione dell’intervento effettuato: ad esempio, lavorando per quadranti si potrà effettuare lo sbiancamento in più sedute senza arrecare fastidi.

 

La gravidanza non è in sé uno stato controindicante per le procedure di sbiancamento: in queste pazienti devono essere valutate le condizioni dei tessuti molli, che spesso vanno incontro a processi infiammatori, e, se presenti, tali patologie dovranno essere risolte prima di effettuare lo sbiancamento.

 

Un’attenzione particolare deve essere posta, quando si propone o viene richiesto un intervento di sbiancamento dentale, alle aspettative del paziente. Come accennato in apertura, il processo di sbiancamento dentale ha come scopo quello di riportare i denti al loro colore naturale: ciò comporta in effetti una variazione del colore del dente nel senso di uno schiarimento (aumento del valore), ma spesso nelle intenzioni del paziente vi è la necessità di variare totalmente la tinta. Un’attenta comprensione dei desideri del paziente è fondamentale per chiarire quali siano i limiti dello sbiancamento ed eventualmente prendere in considerazione metodi di odontoiatria estetica, quali ad esempio la ricopertura di alcuni elementi con faccette in ceramica piuttosto che l’applicazione di resine adesive o la ricopertura con corone protesiche. Prima di effettuare il trattamento vero e proprio al paziente verrà effettuata una seduta di igiene orale, sarà individuato il colore dentale tramite una scala di colori commerciale (Vita) e verranno scattate delle fotografie che resteranno agli atti insieme al consenso informato scritto, nel quale saranno messi in evidenza sia i possibili inconvenienti sia le soluzioni alternative al processo di sbiancamento nel caso in cui le necessità estetiche del paziente non venissero soddisfatte.

 

MANTENIMENTO

 

Un ruolo importante viene svolto dal mantenimento domiciliare: il paziente viene istruito sul fatto che durante la prima settimana dalla seduta clinica dovrà evitare di assumere bevande coloranti come il tè, il caffè, il vino rosso, e i sughi, e dovrà astenersi dal fumare o masticare tabacco ed evitare presidi di igiene orali quali la clorexidina o il fluoruro stannoso; inoltre, dovrà effettuare un’igiene orale molto scrupolosa, adoperando prodotti desensibilizzanti a base di fluoro. Dopo otto giorni verrà effettuato un controllo clinico, dopo quindici giorni un secondo. In tali occasioni, se necessario, potranno essere effettuati dei ritocchi mirati in zone in cui non si riscontrino dei risultati analoghi a quelli ottenuti nelle aree viciniori.

 

Il trattamento sbiancante non deve essere considerato definitivo, da effettuare una sola volta nella vita. Mediamente si calcola che una periodicità accettabile sia quella di una seduta ogni 2 o 3 anni, ma in casi particolari il trattamento può essere eseguito annualmente. Il miglioramento delle condizioni di igiene orale, la consapevolezza di quelle che sono le cause e le sostanze che determinano la colorazione dello smalto, possono essere utili al fine di normalizzare la cadenza delle sedute.

 

Concludendo, possiamo affermare che un buon trattamento sbiancante ha bisogno di osservare uno scrupoloso protocollo clinico. L’osservanza di regole standardizzate rende la procedura sicura perché:

1) vengono evitati danni irreparabili allo smalto e alla dentina controllando l’azione del perossido;

2) si prevengono i danni da ipertermia sulla polpa dentale, la parte vitale del dente;

3) vengono minimizzate le complicanze da contatto del perossido con i tessuti molli con il presidio di appositi strumenti;

4) vengono ridotti e comunque immediatamente trattati i casi di ipersensibilità dentinale post-trattamento.

 

dott. Fulvio Ugrin, medico-chirurgo odontoiatra

 


In collaborazione con Help!

 

 

Un buon trattamento sbiancante ha bisogno di osservare uno scrupoloso protocollo clinico.

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