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Ci sono domande senza risposta

 |  Redazione Sconfini

 

Che accada a noi stessi o a qualcuno che amiamo, che questi sia un adulto o un bambino, si tratti di incidente stradale piuttosto che di diagnosi di cancro, malattia rara, ictus, sclerosi multipla… in quel momento

il mondo ci crolla addosso. Ci sentiamo pervasi dalla rabbia per la nostra impotenza, dall’odio, dal rancore. Ci ritroviamo feriti, in crisi, pieni di problemi con un senso di incertezza, vulnerabilità e solitudine.

 

Di fatto, tutti noi attraversiamo nella vita momenti di difficoltà e non sempre sappiamo come superare i frangenti più o meno drammatici. Il counselling è un sostegno professionale per chi è in una situazione di crisi ed è momentaneamente “bloccato”. Non si tratta dunque di un intervento psicologico terapeutico bensì di un sostegno culturale, sociale, umano.

 

Ispirata da progetti attuati in realtà già consolidate nei Paesi Anglosassoni, molto sensibile ai bisogni sociali e convinta dell’importanza di un’opera solidale, preventiva e di supporto, in qualità di Gestalt Counsellor, ho pensato, realizzato, proposto ed attuato alcuni progetti; tra questi il Progetto Sostegno Familiari, rivolto ai familiari dei bambini che soffrono. L’obiettivo che mi sono posta è quello di sostenere e sperimentare l’esperienza di supportare l’individuo con ascolto, sostegno e confronto costruttivo; ciò può aiutare ad affrontare il disagio con maggiori risorse, consapevolezza e umanità. Con l’ausilio della relazione d’aiuto, l’individuo viene stimolato a trovare strategie appropriate per fronteggiare il proprio disagio.

 

Da sette mesi collaboro con Azzurra - Associazione Malattie Rare Onlus. Grazie alla sensibilità e alla continua ricerca di nuoaltve idee e progetti per dare un ulteriore concreto aiuto alle famiglie dei propri associati, il presidente Alfredo Sidari e il vicepresidente Alessandro Minisini hanno favorevolmente accolto il mio progetto unitamente al Direttivo dell’Associazione.

 

Secondo il principio che vede i figli sereni quando anche i genitori lo sono, mi trovo entusiasta nell’aiutare i genitori nella ricerca delle proprie risorse per una migliore evoluzione personale e relazionale.

 

Il counselling non individua o cura una patologia: si basa piuttosto sull’ascolto e sul sostegno umano alla vita di familiari che vivono a contatto con patologie croniche, con l’obiettivo di sostenerli nel migliorare la loro maturazione personale. È necessario ricordare, infatti, che per chi sta male conta solo il suo dolore. Dare a una persona l’opportunità di esternare tale sentimento significa darle la possibilità di uscire da quell’immagine di sé, e della quale si sente prigioniera.

 

Quando siamo tristi, chi ci resta accanto? Come troviamo la forza per guardare al futuro? Il contesto sociale in cui viviamo è caratterizzato da una diffusa volontà di fuga dalla realtà per evitare di confrontarsi con il dolore, con la sofferenza e con la morte, nonostante questi siano eventi che da sempre hanno fatto parte della vita dell’uomo. Non è solo la diagnosi dell’evento a ridisegnare il nostro nuovo approccio con i nostri sentimenti e le nostre abitudini. Mutano anche i rapporti interpersonali: per esempio, molti dei nostri cosiddetti amici, a ragione o torto, si volatilizzano.

 

Con queste premesse ci sembra impossibile poter trovare dentro noi stessi e negli altri l’amore, la solidarietà sociale, la condivisione dell’esperienza. A questo punto appare opportuno rivolgersi a un professionista che ci aiuti a intravedere una strada da percorrere, un sentiero che ci consenta di scoprire che giacciono in noi le risorse per imparare ad affrontare in modo nuovo il nostro approccio alla vita e alle difficoltà.

 

Quando si supera il periodo della rabbia e si cerca di “fare il meglio che si può con gli strumenti a disposizione” (come ha enunciato tempo fa William James), allora si possono comprendere tante cose: la vita continua, si volta pagina. Il punto di questa ripartenza è rappresentato dall’accettazione dell’evento. Ed è muovendosi proprio da quel punto, raggiunto a fatica, che si possono riscoprire i rapporti umani con i familiari e gli amici veri, quelli che con affetto e sensibilità ti stanno vicino, anche in silenzio, strappando talvolta qualche piccolo sorriso. “Chi non ha sofferto non sa condividere le sofferenze altrui”, cita un proverbio africano. Ma non sempre i nostri familiari e i nostri amici sanno o possono starci vicino: è proprio a partire da questa considerazione che ho iniziato a pensare al Progetto Sostegno Familiari.

 

Un’ultima considerazione sul counselling. Come ha sottolineato il dottor Paolo Baiocchi (psichiatra e psicoterapeuta, direttore dell’Istituto Gestalt di Trieste) durante un convegno su cronicità e disabilità, nella formazione alla relazione d’aiuto di impostazione gestaltica si considerano due principali fattori: la formazione personale, umana, e la formazione professionale, tecnica. Non bastano dunque le abilità tecniche per affrontare la relazione di aiuto che fronteggia la sofferenza cronica. Per dedicarsi con professionalità al counselling è necessaria anche una predisposizione umana, che trova le sue radici in un’innata capacità creativa.

 

Laura Berenini, Gestalt Counsellor Trieste

 

Fonti: atti del convegno “Cronicità e disabilità: quale relazione d’aiuto?”, relazione del dott. Paolo Baiocchi, anno 2004; “Il Counsellor come diffusore sociale in una cultura fondata sull’etica e sull’empatia” del dott. Paolo Baiocchi da INformazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria n. 41 e 42/2000-2001; “Piccolo grande libro degli aforismi”, autori vari, ed. Giunti Demetra; “Pragmatismo: un nome nuovo per vecchi modi di pensare” (1907), William James, ediz. italiana 1994, Il Saggiatore.

 

 In collaborazione con Help!

 

 


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