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Ginocchio, se non ci fosse bisognerebbe inventarlo!

 |  Redazione Sconfini

Il ginocchio è un’articolazione molto complessa sottoposta a forze che si esprimono contemporaneamente su più piani, sottoponendo quindi le strutture ossee, capsulari, meniscali, legamentose e miotendinee che lo compongono a notevoli sollecitazioni.

 


Anatomicamente è composto da quattro ossa: dal femore, dalla tibia (o meglio dal piatto femorale e da quello tibiale), dal perone e dalla rotula, un osso mobile che ha una funzione fondamentale nel “lavoro” del ginocchio. Queste ossa sono tenute assieme dai legamenti, che hanno una funzione biomeccanica di stabilizzazione dell’articolazione durante il movimento. Nel dettaglio, i legamenti sono crociati (anteriori e posteriori) e collaterali (mediale e laterale). A completare la composizione di questo incredibile puzzle creato dalla natura ci sono i menischi (due per ogni ginocchio), formati da un tessuto cartilagineo e con il preciso compito di fungere da ammortizzatori dell’articolazione, riducendo il continuo sfregamento dei piatti tibiali tra loro.

ginocchio
L’esecuzione scorretta di un gesto atletico, quando si parla di sport, l’errato movimento dell’articolazione, un semplice scivolone e più in generale un improvviso sovraccarico funzionale al ginocchio, possono produrre lesioni più o meno acute, dolorose e gravi.


Tra le strutture che maggiormente sono colpite da infortuni tipici di questo “sistema”, ci sono sicuramente i menischi: come già detto, ce ne son o due per ogni ginocchio, uno mediale, più interno, e l’altro laterale, più esterno. Hanno grossolanamente una forma a ferro di cavallo e sono poggiati sulla superficie tibiale dell’articolazione. Sono addossati e fusi con la capsula articolare, possiedono una discreta mobilità e deformabilità, che consentono loro di adattarsi bene ai mutamenti spaziali che si verificano durante i movimenti articolari. La loro funzione è di stabilizzare il movimento di scivolamento e rotolamento dell’estremità femorale.


Quando in un ginocchio uno o entrambi i menischi rimangono “intrappolati” fra il femore e la tibia, si incorre nel rischio della contusione o, peggio, della lacerazione. Il dolore è forte, è impossibile poggiare l’arto a terra e il ginocchio spesso si gonfia, peggiorando il quadro. Quando ci si imbatte in una rottura meniscale, nella gran parte dei casi ci si indirizza all’intervento chirurgico, solitamente condotto in artroscopia. Mediante tale intervento, che prevede piccole incisioni, si procede a seconda dei casi a riparazione meniscale o più frequentemente all’asportazione della parte lesa del menisco. “Il recupero è abbastanza rapido – afferma Davide Bolletta, fisioterapista riabilitativo dell'istituto fisioterapico Città di Trieste – e si può sopperire all’assenza di uno dei due menischi; a lungo andare, però, la situazione potrebbe degenerare poiché, senza il cuscinetto del menisco, le cartilagini delle ossa in continuo sfregamento possono disgregarsi dando origine a gonfiori, versamenti del liquido sinoviale e altri dolori”. “Diventa quindi importante – continua – non solo la prima fase della riabilitazione, ma poi anche il fatto di tenere in seguito una buona trofia muscolare a sostegno dell’articolazione, facendo un po’ di ginnastica e tenendosi in movimento”.


Altro importantissimo elemento che compone il ginocchio, nonché quello che presenta la maggiore complessità clinica e riabilitativa, è il legamento. I legamenti crociati anteriori sono l’incubo di molti sportivi, soprattutto i calciatori: come per i menischi, un’anomala energia impressa ai legamenti da movimenti abnormi, che vanno al di là dei gradi di angolazione che il legamento può sopportare, può provocarne la rottura totale o parziale. “Una volta – precisa il fisioterapista – si operava aprendo tutto il ginocchio e si ricostruiva la parte del tendine malato con l’aiuto di una parte del tendine rotuleo, oppure si impiantava al posto del legamento rotto uno da un cadavere. Le moderne tecnologie, benché non abbiano modificato la sostanza dell’intervento, permettono ora di intervenire in artroscopia, riducendo drasticamente l’invasività e i tempi di recupero”. “Il giorno dopo l’intervento – sottolinea – si è già in piedi con l’aiuto di un tutore, mentre in precedenza era necessario stare immobili per quasi un mese”.


La lesione o rottura del legamento si ha solitamente per distorsione (legamenti collaterali e crociati anteriori) o più raramente per ipertensione (legamenti crociati posteriori), quando cioè il ginocchio si piega nel senso opposto rispetto al solito. In gergo, si chiama triade infausta o triade sfortunata la contemporanea lesione di menisco mediale, crociato anteriore e collaterale mediale. Ne sanno qualcosa molti sciatori.


Più “classici” gli infortuni che possono occorrere alle ossa che compongono il ginocchio. Femore, tibia e perone sono soggetti a fratture composte e scomposte (che possono necessitare anche dell’introduzione chirurgica di placche o chiodi per rinsaldare l’osso) con l’aggiunta di fratture più tipiche di questa articolazione, come ad esempio la frattura ai piatti tibiali che occorre in caso di compressione (caduta dall’alto). Discorso a parte merita la rotula, che può provocare patologie non molto conosciute, come ad esempio la condropatia rotulea, tipica dell’età dello sviluppo e “che si risolve spesso – rassicura Bolletta – con un buon lavoro fisioterapico e con un rinforzo della trofia muscolare”, oppure il disassamento rotuleo, che occorre quando si effettuano movimenti ripetuti e scorretti, o un’ipotonia muscolare ad esempio al quadricipite femorale. Anche in questi casi, come spesso succede per le patologie alle gambe e alle ginocchia, la causa è una vita troppo sedentaria.

Giuseppe Morea

 


In collaborazione con Help!

 

 


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