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Soroush Karimi

Con un grano di sale mangiare bene è possibile

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Gli aromatizzanti salati e gli esaltatori di sapidità donano agli alimenti specifici odori e sapori. La legge italiana prevede la loro indicazione in etichetta in modo generico come «aromi».

A darci qualche informazione più precisa al riguardo è Leopoldo Cervo, dietologo nutrizionista.

Quali sono gli aromatizzanti salati più conosciuti ed utilizzati?
“I più usati sono il sale da cucina, il glutammato di sodio in tutte le sue forme, i nitriti e nitrati ovvero i sali usati soprattutto nella carne, negli insaccati e nei salumi. In particolare, il glutammato lo troviamo nelle conserve di carne e di pesce, nelle minestre liofilizzate e “fresche”, nei preparati a base di carne e, in generale, nella pasticceria industriale. Il termine comune di aromi indica tutto ciò che conferisce particolare gusto all’alimento: possono essere naturali, direttamente estratti dalla sostanza o, come nella maggior parte dei casi, di sintesi. Questi ultimi richiamano determinate caratteristiche, della fragola piuttosto che della vaniglia, creando un gusto ex novo e conferendolo all’alimento. Vengono utilizzati molto nelle bevande e nell’industria dolciaria o per dare gusto alla carne come l’aroma dell’affumicatura”.
Quali sono le proprietà nutrizionali degli aromatizzanti salati?
“Per quanto riguarda il glutammato, questo additivo contiene meno sodio, circa 1/3 rispetto al cloruro di sodio o sale da cucina. Il suo uso è indicato in caso di ipertensione o ad esempio negli anziani che hanno una percezione del gusto meno forte e che spesso soffrono di ipertensione. Il sale, invece, è sicuramente necessario per i meccanismi di funzionamento delle sinapsi nervose e dell’eccitabilità nervosa, delle pompe sodio-potassio che regolano anche il movimento muscolare. C’è da dire che, per trarne beneficio, un essere umano dovrebbe introdurne al massimo un grammo e mezzo al giorno e non dodici come facciamo generalmente”.
Pensando al dado vegetale o di carne, usati per insaporire le pietanze, sarebbe preferibile farli in casa per ottenere un prodotto più sano e genuino?
“Sarebbe preferibile ma poi non so chi ha il tempo effettivo per farseli da solo. Esistono tuttavia in commercio dadi senza glutammato ma costano di più. Direi che, anziché mangiare risparmiando per un paio di scarpe di marca, è il caso di riflettere e spendere un po’ di più per evitare di introdurre nell’organismo sostanze non propriamente salutari”.
Sul glutammato di sodio i pareri sono discordi. Quali sono i suoi reali effetti sulla nostra salute?
“La faccenda è controversa ma studi puntuali, fatti dagli anni ’50 in poi, dimostrano che il glutammato è sicuramente legato ad una maggiore eccitabilità neuronale e alla degenerazione delle cellule della retina. Indubbia è l’ipereccitabilità e poi vi è la famosa “sindrome del ristorante cinese” legata all’aumento di palpitazioni, sudorazione e cefalea. Ora si parla addirittura di sindrome monolaterale atrofica, legata alle malattie neurodegenerative, e di aumento di obesità legato al fatto che più una pietanza è saporita e più ne siamo compulsivamente attratti”.
Tanti contro, qualche pro?
“La produzione di glutammato è a tutto beneficio di chi lo produce, questo è indubbio. Per l’anziano che ha difficoltà nel percepire il gusto, l’uso del dado può aiutare senz’altro ma a parte questo, nessun altro vantaggio”.
Come viene prodotto il glutammato?
“L’acido glutammico viene scoperto in Giappone negli anni ’20 del Novecento ed estratto direttamente dalle alghe. Una volta trasformato in sale, da qui il nome glutammato di sodio, viene prodotto o per fermentazione sempre dalle alghe o utilizzando due ceppi batterici a livello industriale”.
Appassionante è il mondo del sale. Tante varietà, colori, sapori e proprietà diverse. Quanti sono i benefici?
“Ce ne sono ma pochi. L’abuso di sale è direttamente correlato all’aumento dell’ipertensione arteriosa. Se una persona fa una vita sana e non ha fattori genetici predisponenti, si muove ogni giorno ed è in pace col mondo, può anche abusare di sale che non succede nulla. Ma in caso di ipertensione arteriosa, poco moto e livelli di colesterolo alti, meglio usarne poco. Il consumo di sale è legato anche all’osteoporosi”.
In caso di dieta iposodica, qual è il regime alimentare consigliato?
“Una dieta iposodica necessità dell’uso del sale a crudo e mai cotto, quindi, anziché salare l’acqua quando bolle, come siamo abituati a fare, meglio sarebbe metterne un po’ sopra la pasta una volta scolata. Evitare tutti i formaggi, carni conservate, salumi in generale. Evitare prodotti da forno industriali perché contengono sale. In questo modo, in un arco temporale di 5 giorni su 7, siamo sicuri di abbatterne una quantità considerevole. Seguendo una dieta che riduca almeno della metà il cloruro di sodio, riusciamo ad abbassare la colonnina di mercurio dell’ipertensione di 8-10 millimetri, salvo altri fattori”.
Quali sono in generale i rischi per la salute del consumatore?
“Ipertensione arteriosa per quanto riguarda il sale e l’ipereccitabilità nervosa per quanto riguarda invece il glutammato. L’uso e abuso di nitriti e nitrati nel mondo occidentale sono direttamente collegati con lo sviluppo di tumori al colon retto. Il consiglio migliore è di variare il più possibile l’alimentazione, così si diversificano anche eccipienti, emulsionanti, conservanti e quant’altro, impedendone l’accumulo”.
Anticamente erano le spezie a svolgere la funzione di aromatizzanti. Sarebbe meglio usarle più spesso?
“Direi proprio di sì. Non sono grasse, spesso contengono sali di magnesio o di calcio presenti in natura e che abbiamo difficoltà ad assumere. Largo, quindi, a salvia, rosmarino, pepe e peperoncino in polvere o pestati a foglia secca”.
Elisabetta Batic


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