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Taglio cesareo: una scelta appropriata e consapevole

 |  Redazione Sconfini

Nel 1985 l’Organizzazione mondiale della sanità raccomandava di non eseguire più di un parto con taglio cesareo su 7 (15%): questo era il valore individuato come limite a garanzia del massimo beneficio per la salute di mamme e bambini.

In Italia nel 2008 la percentuale di tagli cesarei ha raggiunto il 38%, superando di gran lunga i valori registrati negli altri Paesi europei, che si attestano intorno al 20-25%. Si registra inoltre un’ampia variabilità regionale, si va dal 23% nella provincia autonoma di Trento e in Friuli Venezia Giulia al 62% in Campania. Percentuali più elevate vengono registrate nelle case di cura private rispetto agli ospedali pubblici e nelle strutture che assistono un basso numero di parti annuali. Questa variabilità, in particolare, sembra essere un indizio importante di comportamenti clinico-assistenziali non appropriati, in assenza di prove scientifiche che associno il maggiore ricorso alla chirurgia a una diversa distribuzione dei fattori di rischio materno-fetali o, per altro verso, a miglioramenti effettivi degli esiti perinatali.
Il Ministero della Salute, alla luce dei dati emersi, si è posto due obiettivi principali. Il primo è di fornire una guida, uno strumento che consenta un rapido trasferimento delle conoscenze, elaborate dalla ricerca biomedica, nella pratica clinica quotidiana. Le linee guida “Taglio Cesareo: una scelta appropriata e consapevole” appena diffuse , contengono infatti raccomandazioni di comportamento, rappresentano una sintesi delle migliori conoscenze disponibili e possono essere uno strumento di aggiornamento e formazione per il medico. Il secondo obiettivo è sostenere tutte le donne nella scelta del tipo di parto più indicato nel loro caso. “Queste linee guida rappresentano il passo iniziale, per quanto significativo, di un percorso che è anche una sfida, da giocarsi sul terreno del consolidamento delle buone pratiche nell’assistenza alla nascita” (Enrico Garaci, Istituto superiore di sanità).
Non sono disponibili prove a sostegno di un’associazione tra il maggiore ricorso alla pratica chirurgica e una riduzione del rischio materno-fetale, né tanto meno di miglioramenti significativi degli esiti perinatali. Al contrario, i dati disponibili riportano una più alta mortalità perinatale nelle regioni meridionali del Paese, dove la percentuale di tagli cesarei è più elevata. La variabilità regionale rilevata sembra essere un indizio di comportamento clinico-assistenziale non appropriato, riconducibile a molteplici fattori indipendenti dalle condizioni di necessità clinica: carenze strutturali e organizzative, aspetti culturali che assimilano il taglio cesareo a una modalità elettiva di nascita, scarsa competenza del personale sanitario nel gestire la fisiologia (taglio cesareo visto come pratica difensiva). Diversi studi rilevano che la motivazione più frequente è la paura del parto, riconducibile a ragioni diverse: paura del dolore, esperienze di abuso o violenza, storie pregresse di parto fisicamente o psicologicamente traumatico e anche timore di non ricevere un’assistenza di qualità durante il travaglio e il parto.
Il comportamento dei sanitari nei confronti della richiesta materna riconosce invece diversi determinanti, legati al contesto culturale e organizzativo in cui questi professionisti lavorano. L’indagine condotta nell’ambito del progetto EUROBS (European Obstetrician study) in diversi Paesi europei (Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Olanda, Spagna, Svezia e Regno Unito), rileva che i sanitari sono più propensi ad assecondare la volontà della donna in caso di precedente parto traumatico, figlio disabile, morte perinatale. Nei Paesi di cultura anglosassone, dove il principio di autonomia di scelta del paziente ha una più lunga tradizione, sono state rilevate le percentuali di accettazione più elevate. A tale riguardo la variabilità di comportamento in base al Paese di appartenenza è piuttosto ampia, con percentuali di accettazione comprese tra il 15% e il 79% (55% in Italia). Anche il timore di possibili conseguenze legali per complicazioni del parto vaginale influenza la decisione di assecondare la richiesta materna di taglio cesareo, come dichiarato da oltre il 50% dei professionisti intervistati.
In Italia, infine, è molto solido il principio secondo cui la nascita con parto spontaneo, per rispettare la fisiologia, debba passare attraverso la sofferenza. Inevitabilmente quindi l’alternativa è il cesareo. E l’epidurale? È una tecnica consolidata che, se eseguita da mani esperte, garantisce un parto indolore e, soprattutto, “partecipato” dalla futura mamma. Ma in Italia la procedura non decolla: è ancora affidata all’iniziativa individuale di regioni e ospedali. E così, anche se in molte strutture la si pratica, solo in poche è quasi una routine. Come in Lombardia che, dal 2005, registra un aumento di parti con epidurale del 70% grazie all’attribuzione di fondi ad hoc. O in Emilia Romagna che, senza finanziamenti specifici, nelle linee guida ha previsto per ogni provincia un punto nascita con analgesia epidurale. Livia Turco, quando era ministro della Salute, aveva inserito l’epidurale nei Lea, i livelli essenziali di assistenza, ma l’iniziativa, come ricorda oggi l’ex ministro, “è stata subito stroncata”: il governo Berlusconi revocò successivamente il provvedimento. D’altro canto, il “cesareo” continua a raccogliere il consenso di quella parte di donne determinata a rifiutare il dolore. Il frequente ricorso al parto cesareo, argomenta Walter Ricciardi, ordinario di Igiene alla Cattolica di Roma, sarebbe conseguenza della “disorganizzazione di quelle strutture non in grado di garantire l’epidurale 24 ore su 24”.

 Per la futura mamma

> A chi rivolgersi per avere informazioni sul parto?
Durante la gravidanza è importante sfruttare tutte le possibili occasioni d’incontro con il medico di famiglia, l’ostetrica e il ginecologo per ottenere istruzioni sulle modalità del parto e sul taglio cesareo, basate su conoscenze scientifiche aggiornate. Non si deve esitare ad esprimere liberamente dubbi e preoccupazioni, a farsi illustrare le diverse modalità di parto e a farsi spiegare quella più indicata nel proprio caso.
> Quali informazioni si devono ricevere per scegliere consapevolmente la modalità del parto?
Se il medico ritiene che nel vostro caso sia opportuno il ricorso al taglio cesareo deve spiegare quali sono le indicazioni che giustificano questa scelta fornendo tutte le informazioni basate su evidenze scientifiche. Prima di sottoporsi al taglio cesareo si deve dare il consenso informato all’intervento in base a informazioni fornite dal medico che devono comprendere indicazioni circa i rischi e i benefici rispetto al parto naturale, su come si svolgerà l’intervento, sui diversi tipi di anestesia, sulle possibili conseguenze del cesareo sulle future gravidanze.
> Si può effettuare un cesareo contro il parere del medico?
Si raccomanda di discutere con il medico i motivi della richiesta, valutando pro e contro, nella consapevolezza che in assenza di appropriate indicazioni mediche il ginecologo può rifiutare l’intervento. Nei casi in cui la richiesta sia sostenuta da paura del travaglio e del parto, informarsi sui diversi tipi di sostegno offerti dalla struttura dove si intende partorire: in molti casi un programma di sostegno adeguato si è dimostrato efficace nel ridurre l’ansia, nel facilitare la scelta oltre che nel migliorare l’esperienza del parto. Si può consultare un altro medico per avere un ulteriore parere.
> Se non si condivide la proposta del medico di eseguire un cesareo?
È importante comprendere e condividere i motivi per cui il ginecologo suggerisce l’intervento, non esitando a chiedere chiarimenti e consultare un secondo medico. Ci si può rifiutare, ma assumendosi la responsabilità della decisione.


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