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Sistemi educativi: educare un figlio non è sempre facile

 |  Redazione Sconfini
Per avere dei bravi figli bisogna essere prima dei bravi genitori. Sembra scontata come frase, ma corrisponde alla realtà. Fare le giuste scelte nell’ambito educativo è uno dei compiti più difficili che spetta ai genitori perché trovare il giusto modo per insegnare le buone regole del comportamento al proprio figlio spesso genera perplessità e dubbi. Il famoso scapaccione non è più così gettonato dai moderni sistemi educativi, il dialogo e il confronto sono i metodi più consigliati.


Educare un figlio non è semplice e certe situazioni sono spesso di difficile gestione. Non è sempre facile insegnare a un bambino cosa si può e cosa non si deve fare, e molte volte sorgono incertezze per paura di sbagliare e non fare la cosa giusta. Il rischio è di assumere un atteggiamento che può generare comportamenti non voluti e di conseguenza svantaggiosi per la sua formazione. Impartire punizioni può essere fuorviante per l’educazione del bambino specialmente quando si eccede con questa pratica, e l’insuccesso di quello che ci si proponeva di insegnare è sicuramente un aspetto che bisogna tenere nella giusta considerazione.


Ad ognuno di noi è capitato di ricevere un ceffone da uno dei nostri genitori per una marachella compiuta, ma sicuramente quest’azione può essere sostituita da altri modi di riprendere il proprio figlio. Impartire inutili punizioni corporali che si ripetono nel tempo può causare danni e ben pochi benefici sia all’equilibrio del bambino, sia ai modellialt comportamentali che avrà da adulto. “La violenza deve essere evitata – afferma la dottoressa Maria Grazia Apollonio, psicologa e psicoterapeuta, fondatrice dell’associazione culturale Accse (Associazione per lo sviluppo e il benessere psicofisico) e vicepresidente del Csb (Centro per la salute del bambino) – poiché dà la possibilità al bambino di interiorizzare un modello comportamentale sbagliato, basato sulla violenza e sulla prevaricazione, che lo porterà ad affrontare nel medesimo modo le stesse situazioni. Adottare un sistema educativo troppo costrittivo e basato su continue punizioni fisiche è controproducente e permette l’instaurarsi di una forma mentis in cui la violenza è considerata l’unico metodo per ottenere qualcosa”.


Quando il bambino fa i capricci bisogna innanzitutto capire il motivo di questo suo comportamento, capire se ci sono stati dei cambiamenti nelle sue abitudini o se c’è stato qualche evento a cui non si è data la giusta importanza che ha fatto percepire al bambino una diminuzione di attenzione nei suoi confronti. Fino a non molto tempo fa contenere un bambino molto vivace ed irruento significava impartirgli delle punizioni corporali, considerate un utile strumento per sedare e contenere una situazione difficile impartendo anche un utile insegnamento. Fortunatamente i tempi sono mutati e punizioni di questo genere sono state abbandonate quasi del tutto, anche se ancora praticate da alcuni genitori, a vantaggio di altri metodi educativi che la pedagogia moderna considera più appropriati. “Dialogare con il proprio figlio, fargli capire dove ha sbagliato – sottolinea la psicologa – e instaurare con lui un rapporto basato sulla comunicazione sono le buone pratiche consigliate ai nostri giorni per educare un figlio. Va da sé che anche l’estremo permissivismo non è una pratica corretta: un buon metodo educativo si avvale di permessi e negazioni stabiliti di volta in volta, senza eccedere nell’uno o nell’altro”.


Non mettere dei paletti contenitivi, consentendo al bambino di fare tutto ciò che vuole, significa non renderlo consapevole di cosa siano la privazione e il divieto. “Nella nostra società – evidenzia la dottoressa Apollonio – capita abbastanza di frequente di assistere a un estremo permissivismo all’interno delle famiglie. I bambini, specie se figli unici, tendono ad essere trattati come piccoli principi, a cui tutto è permesso e concesso. Questa situazione rischia di generare un bambino non in grado di fronteggiare le frustrazioni e le negazioni che la vita gli metterà davanti. I bambini che hanno tutto e subito, in genere, diventano delle persone fragili perché non imparano a contrastare gli ostacoli e le normali delusioni della vita”. La cosa importante è mantenere un confine generazionale. “Il genitore amico – rileva la psicologa – non è un buon metodo da adottare per educare un figlio perché ci deve essere un certo grado di autorevolezza e discernimento nel comunicargli la differenza tra ciò che si può e quello che non si deve fare”.


La negazione è fondamentale nel percorso educativo di un bambino. Il genitore deve essere capace di dire di no, non accettare sempre ciò che il bambino desidera, e costruire un rapporto basato sulla comunicazione. È importante che il genitore sia l’adulto della situazione senza essere eccessivamente permissivo, ma senza proporsi, come avveniva in passato, in modo eccessivamente autoritario. “Il comportamento autorevole – suggerisce la dottoressa Apollonio – è quello che consiglio, quindi fissare delle regole da seguire che pongano un limite tra le possibilità di scelta. In questo modo si può rafforzare il carattere del bambino e prepararlo a tollerare serenamente le insoddisfazioni della vita, che comunque prima o poi dovrà affrontare nei vari ambienti quotidiani della vita (scuola, lavoro, amicizie)”.


Va inoltre detto che le regole sono un elemento rassicurante per un bambino: i limiti imposti dall’adulto lo contengono e lo fanno sentire al centro dell’interesse del genitore. “Si è visto – conferma la psicologa – che i bambini lasciati liberi di fare tutto quello che vogliono, sono in genere bimbi ansiosi proprio perché l’elemento contenitivo non è manifestato nel modo giusto da parte del genitore. Non c’è dubbio che i bambini hanno bisogno di poter identificare i limiti delle loro azioni: l’aumentare dei capricci, infatti, è direttamente proporzionale all’incapacità del genitore di affrontare in modo corretto le bizze del bambino. Se il genitore invece gli pone un limite irrinunciabile senza tanto discutere, il bambino si sente limitato e quindi, consapevole del limite postogli, smette di contestare le imposizioni del genitore”. “Va anche detto – aggiunge la dottoressa Apollonio – che il comportamento estremo dei bambini è dettato dal voler vedere quali sono i limiti consentiti e fino a dove possono arrivare. In questi casi è buona norma non accogliere la sfida lanciata e non mettersi al loro livello, altrimenti inizierà un braccio di ferro che non porterà da nessuna parte. Una cosa importante da fare, invece, è aiutarli ad esternare il proprio stato d’animo o il sentimento negativo del momento”.


Nonostante capiti spesso che i genitori si sentano in colpa per aver redarguito il proprio bambino o per avergli negato qualcosa, questi comportamenti sono importanti per farlo sentire protetto, sicuro e renderlo più forte per il futuro. “Una cosa che va evidenziata – sostiene la psicologa – è che le regole stabilite devono essere sempre seguite e mai abbandonate perché si rischia di demolire tutto quello che si è costruito sino a quel momento, creando confusione. La coerenza con i propri insegnamenti è importante, serve ad avvalorare agli occhi del bambino il proprio insegnamento e fargli capire che ciò che sino a quel momento gli si è insegnato è corretto. Accettare le pretese di un figlio significa perdere di credibilità ai suoi occhi e insegnargli che il capriccio è un utile strumento per ottenere ciò che vuole”.


Spesso darla vinta ad un bambino non è un segno di bontà, ma unicamente di comodità: è più facile lasciar fare al figlio quello che preferisce che redarguirlo. È un atteggiamento che molte volte i genitori adottano solo perché sono stanchi dopo una lunga giornata di lavoro o perché non vogliono contraddire sempre il loro figlio, anche se la sua richiesta è eccessiva o sbagliata. Questo però rende più difficile il loro ruolo di educatori perché a quel punto il figlio non crede più al genitore: sa che insistere serve a far diventare sì un no. “Indubbiamente – conclude la dottoressa Apollonio – può essere stancante per un genitore contraddire sempre il proprio figlio e litigare con lui, però bisogna anche pensare che a lungo termine questo comportamento paga sicuramente perché non abbandonare una linea educativa serve a renderla certa e credibile per sempre”.

 

Paolo Baldassi

 


In collaborazione con Help!


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