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Giovani amministratori costretti all'autoimpiego: la tassazione per loro può arrivare all'86%

 |  Redazione Sconfini

Si è molto discusso in questi giorni riguardo all'imposizione fiscale da record mondiale che sta strangolando l'Italia con il beneplacito dei politici che hanno sgovernato il Paese negli ultimi 25/30 anni.

Secondo le stime la pressione fiscale è al 55%, ma in realtà è estremamente più alta almeno per chi svolge in maniera perfettamente onesta, ad esempio, un lavoro di amministratore di società che lavora nel settore dei servizi B2B, ovvero lavora per imprese e non per privati.

Si tratta ad esempio della miriadi di piccole e microscopiche realtà imprenditoriali che formano il cosiddetto popolo degli auto-impiegati, giovani con grandi trascorsi accademici di fatto esautorati dal diritto ad un posto "fisso" perché già occupato o in attesa di essere occupato dal figlio di papà di turno, dal vecchio rincoglionito che non molla l'osso, dalla meretrice del capo, dal raccomandato dell'ultim'ora e così via.

Chi lavora per imprese emetterà sempre fattura, dal momento che le imprese hanno bisogno di scaricare le spese e ricevere fattura è il modo migliore per farlo. Quindi la possibilità di fare "nero" è praticamente impossibile per queste realtà. Ebbene, ecco una simulazione assolutamente veritiera di quanto pesino veramente le entrate fiscali di ogni tipo di natura (tasse locali, previdenza, fisco, camera di commercio ecc.) sui conti di una piccola società con amministratore unico socio al 99% che, supponiamo, decida di accreditarsi mensilmente uno stipendio di 1.100 euro giusto per sopravvivere e dare un senso alle sue 50 ore di lavoro settimanali.

Per semplificare arrotondiamo i conti:

Fatturato annuale iva inclusa: 151mila euro.

Spese varie (collaboratori/commercialista/servizi e beni strumentali acquistati) molto basse perché l'amministratore è molto parsimonioso: 50mila euro.

"Utile" per il socio: 100mila euro.

E qui intervengono una serie imbarazzante di imposte, tasse e gabelle.

La sola Camera di Commercio, ente assolutamente inutile e ridondante per questa attività richiede tra bolli e tasse circa 500 euro l'anno.

E siamo a 99,5mila euro.

IRES = 27,5%, quindi altri 27,5mila euro in meno

Restano in cassa 72mila euro.

IVA 21% (per adesso): altri 21mila euro che spariscono

E siamo a 51mila euro.

INPS che COMUNQUE (anche se il socio non incassa un euro) è obbligatorio pagare per la gestione commercianti = 3,2mila euro.

E restano 47,8mila euro.

IRAP = 4,25%

E siamo a 43,55mila euro.

A questo punto servirebbe calcolare a quanto ammontano i costi della busta paga del nostro povero socio amministratore. Per incassare 1.100 euro al mese per 13 mensilità paga altri 400euro in tasse (ancora INPS, stavolta gestione separata, INAIL, addizionali regionali, provinciali e comunali). Significa € 400x13 mensilità ovvero 5,2mila euro da sottrarre a quanto rimasto. Per una pensione che non vedrà MAI!

Alla fine dei conti restano in cassa 38,35mila euro il che porta ad una tassazione reale di quasi il 62%. Ma non è finita.

Pensate che tutti i clienti paghino le fatture regolarmente? Almeno il 20% sfugge al pagamento per oltre un anno. Purtroppo però lo Stato, sempre magnanimo, chiede a novembre anche un anticipo sulle tasse dell'anno successivo, sebbene tu abbia già pagato (ma non incassato i crediti) le tasse sull'anno in corso. Cosa vuol dire? Che quei 38mila euro che dovrebbero essere gli utili reali non li vedrai mai perché tra anticipi IRES e ritardi nei pagamenti, sarai costretto a chiedere anticipi IVA alle banche, che ti concederanno dei fidi al 7%/8% andando ad assottigliare ancora di più i tuoi margini operativi.

Quindi per incassare uno stipendio netto di poco più di 14mila euro all'anno (che poi in larga parte serviranno a pagare l'IMU prima casa sulla quale grava anche un mutuo ipotecario) devo avere un utile di 100mila euro! Il che porta ad una tassazione REALE dell'86% o comunque ad una tassazione compresa tra il 62% e l'86% a seconda di quanto riesce realmente a incassare una società di servizi che opera nel B2B.

Secondo voi in quanti ci riescono?

Quanti milioni di italiani sono ridotti così? Poi ci chiediamo il perché i consumi crollano.

E' ancora poco, cari politici, i numeri che leggete oggi sono solo un antipasto di quello che accadrà entro pochi mesi.

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