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Renzi si è già bruciato? Il "sistema" ha pronto Marchini

 |  Redazione Sconfini

Gli impietosi sondaggi che vedono un costante calo di consensi nei confronti del Partito Democratico di matrice renziana, comunque primo e nettamente sopra per il momento al 30%, apre ben prima del previsto le porte a nuovi scenari "leaderistici".

Abbiamo vissuto in un sistema partitocratico che per 20 anni ha fatto finta di litigare sotto le targhe di centrodestra e centrosinistra. In realtà a parte le due troppo brevi parentesi di Prodi è sempre stato Berlusconi dal 1994 al 2011 la stella polare nel panorama politico. Forte di un conflitto d'interessi editoriale-imprenditoriale-televisivo-politico senza precedenti nella storia dell'Occidente (e forse pure Oriente o Terzo Mondo) è stato sempre lui a distribuire le carte e praticamente a scegliersi gli avversari che (per l'appunto Prodi a parte) ha regolarmente asfaltato nel suo micidiale mix di machismo, guasconeria, furbizia, ottimismo e disinformazione di propaganda: da Occhetto a Segni, da Rutelli a D'Alema, da Martinazzoli a Dini, da Veltroni a Fini tutti arrotati da Berlusconi. Arrotati e felici, of course, dal momento che di certo non sono finiti in miseria i suoi (finti) avversari. Ai tempi di Berlusconi comunque una finta dialettica c'era, l'alternativa (il centrosinistra) esisteva almeno formalmente.

Poi i quasi 20 anni di Berlusconi sono finiti quasi di colpo in pochi mesi del 2011 e il sistema partitocratico è dovuto correre ai ripari. Prima ha cercato di far digerire con Monti una prima ammucchiata. Esperimento disastroso e bocciato dalle urne in modo impietoso: "mai più con Berlusconi" prometteva Bersani.

Nel frattempo media e opinione pubblica iniziavano senza motivo a interessarsi di un finto giovane toscano, finto rottamatore, finto statista, finto venditore di pentole. Era lui l'uomo designato perché tutto cambiasse affinché nulla cambiasse davvero. In questo caso, l'operazione mediatico-elettorale dell'uomo nuovo da solo al comando ha avuto un successo straripante in un primo momento al misero costo di 80 euro. Il problema però è che il novello berluschino oltre a essere uno strepitoso cazzaro come il suo mentore, nonostante abbia ben eseguito i compiti di rinsaldare la stessa ammucchiata di Monti per permettere al sistema di continuare a divorare ogni centesimo di risorse pubbliche, si sia fatto prendere troppo la mano inimicandosi troppe categorie che prima di lui avrebbero votato Partito Democratico anche se il suo segretario fosse diventato Goebbels.

La sensazione è che la concentrazione di errori, pericolose derive autoritarie e promesse non mantenute di Renzi sia stata esagerata in così breve tempo (compressione del diritto di voto, colpi di mano, aumento delle tasse locali, scandali familiari, favori ad amici, spese pazze, inserimento di uomini e donne palesemente incapaci in ruoli chiave (il Giglio Magico), una legge elettorale che pare lo stesso Porcellum cassato dalla Consulta, minacce e vendette ridicole nei confronti della minoranza interna, insulti a chi non la pensa come lui ecc.). Berlusconi diluiva gli scivoloni e la gente ci passava sopra, con Renzi il ritmo è spaventoso.

Il risultato è comunque quello di una mancanza ormai conclamata di una vera alternativa "ideologica" dal momento che destra e sinistra sono ormai sfumate in un grigio indefinito che poco appassiona l'elettore, ormai divenuto una sorta di tifoso senza spirito critico.

Così ecco che il sistema partitocratico deve trovare una chiave, un nuovo uomo su cui puntare magari non subito ma su un orizzonte di tempo che non superi la prossima scadenza politica del 2018. Per quell'ora Renzi non sarà più spendibile e perché tutto cambi affinché nulla cambi serve una nuova figura che sarà quasi sicuramente Alfio Marchini. Non anziano, belloccio, rassicurante, romano vicino al centrodestra (un "moderato") ma di famiglia di costruttori vicina al PCI e nipote di partigiano, con qualche vezzo nobiliare (giocava a polo) e un quasi 10% da indipendente nel Comune di Roma di cui è consigliere dal 2013. E' lui l'ideale bipartisan per far continuare i soliti noti a strafogarsi alle spalle dei cittadini senza metterci la faccia.

Non è una novità che in molti spingano per una sua investitura "di sistema" (Pd, Forza Italia, Lega Nord) da opporre al favorito Movimento 5 Stelle per il dopo Marino, o meglio per il dopo mangiatoia del Giubileo sottratta appena in tempo dal controllo democratico dalla caduta del sindaco eletto. Se riuscisse nell'intento il mainstream lo seguirebbe giorno per giorno fino al 2018 quando sarebbe l'ottimo candidato premier unitario della partitocrazia. Sempre in chiave anti M5S.


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