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Marlon Lara

Dubbio diagnostico: appendicite e diagnosi differenziale

 |  redazionehelp

L’appendicite acuta è certamente una delle patologie chirurgiche più frequenti da osservare nelle strutture ospedaliere.

Almeno un italiano su sette presenta sintomi di appendicite acuta. Grazie all’avvento degli antibiotici, si è riusciti a ridurre drasticamente la mortalità conseguente a questo tipo di intervento chirurgico, passando dal 40% anteguerra all’attuale 0,2% dei casi. Qualcuno ha ipotizzato che sia uno dei prezzi da pagare per gli occidentali a causa di diete elaborate e, quasi sempre, troppo abbondanti. Solo in Italia ogni anno si effettuano da 55 ai 60.000 interventi di appendicectomia acuta, ovvero l’asportazione chirurgica dell’appendice. In America sono circa 200.000, in Africa e in Asia, dove le diete sono di tutt’altro tenore, l’appendicite è quasi sconosciuta. L’appendice dal punto di vista anatomico si presenta come un piccolo tubo non più lungo di 10 centimetri e molto stretto, con la caratteristica di posizionarsi in modo diverso a seconda dell’individuo e rappresenta la parte finale dell’intestino crasso. Il tessuto linfatico che entra nella costituzione dell’appendice ha fatto ipotizzare che l’organo possa assolvere il ruolo di filtro: quest’ultima funzione è quella che poi rappresenta il grosso limite dell’appendice stessa, visto che, filtrando, s’infiamma al punto che, a volte, deve essere tolta d’urgenza. È facile fare una diagnosi di appendicite? No, neanche per i medici esperti. Il corollario e la genericità dei sintomi di un’appendicite, a volte, possono creare ancora qualche dubbio diagnostico. Il consiglio, anzi come diceva un vecchio e saggio professore l’undicesimo comandamento, è sempre quello di non fare mai autodiagnosi di un’appendicite, semmai il suggerimento è quello di affidarsi, sempre, ad un’accurata visita medica, così come è assolutamente “vietato” assumere farmaci, senza prima aver consultato un medico, per cercare di curare la patologia o, ancor peggio, mitigare il dolore. Il rischio è quello di mascherare i sintomi di un’appendicite, ritardandone la cura, il che è molto, molto pericoloso! Non sottovalutiamo mai i sintomi che questo piccolo organo interno ci invia, perché quando l’appendice si infiamma seriamente, il rischio di giungere ad una perforazione della stessa con conseguente peritonite, mettendo a repentaglio anche la vita, è pericolosamente concreto. La diagnosi di appendicite acuta si basa essenzialmente su sintomi e segni clinici caratteristici. La sintomatologia è contraddistinta da dolori addominali di tipo colico che insorgono in pieno benessere e che si localizzano a volte al centro dell’addome ovvero nel punto in cui si proietta lo stomaco, si irradiano poi alla regione iliaca destra, essendo questa zona la più bassa e la più esterna dell’addome in prossimità del pube. Questi dolori si associano a febbre e nausea con o senza episodi di vomito. Ad un certo punto il dolore può divenire più serio e soprattutto persistente, acuendosi ogni qualvolta il paziente si muova, tossisca o cammini, trovando sollievo, relativo, in posizione distesa, sul letto. I segni clinici si caratterizzano per: il dolore accusato alla palpazione nel punto descritto da Mc Burney posto in corrispondenza della proiezione anatomica dell’appendice sulla cute della regione iliaca destra; il dolore in regione iliaca destra all’estensione del ginocchio destro con arto esteso e paziente in decubito laterale sul fianco sinistro; il segno di Blumberg con dolorabilità viva evocata nel momento in cui la mano poggiante sulla regione iliaca destra lascia improvvisamente la zona. A seconda dello stato di infiammazione dell’appendice, il dolore potrebbe farsi molto più forte, con vere e proprie fitte che divengono sempre più insopportabili, oltretutto non è raro il caso in cui l’irradiazione algica si sposti a tutto l’addome, estendendosi in basso fino alla coscia, così violentemente da essere persino scambiato per una colica renale. Il chirurgo si avvale dell’ausilio di un semplice esame del sangue, l’emocromo, attraverso cui sarà possibile evidenziare un aumento del valore dei globuli bianchi a testimonianza dell’esistenza di un processo infiammatorio in atto. L’ecografia addominale e pubica è l’esame dirimente per la conferma dell’appendicite acuta soprattutto nella donna e nei bambini. Il rischio di complicanze, anche molto serie, è alto nei bambini con meno di 10 anni d’età. In generale la complicazione più temibile, la perforazione dell’appendice, avviene entro 24 ore, in certi casi, soprattutto nei bambini, anche nelle prime 12 ore, dai primi sintomi. La tempestività della diagnosi e della cura è fondamentale, se si pensa che in presenza di una peritonite, nei bambini, il rischio di morire è alto, potendo raggiungere anche il 5%. Nelle donne, dove l’incidenza di ammalarsi di appendicite è quasi uguale a quanto avviene negli uomini, sarebbe utile considerare diversi fattori di rischio in più, rispetto all’altro sesso: per esempio, l’appendice può infiammarsi in concomitanza del ciclo mestruale, ed eventuali complicanze dell’appendicite stessa, in taluni casi, potrebbero provocare sterilità, motivo più che valido per sottoporsi ad intervento chirurgico senza aspettare un’appendicite acuta. Grande attenzione va prestata all’appendice in gravidanza, considerando questa condizione non un rischio per sviluppare un’appendicite, semmai nel confondere i sintomi che portano alla diagnosi dell’infiammazione vera e propria. Bisogna sempre tener ben in mente la possibile diagnosi differenziale tra l’appendicite acuta, le patologie a carico dell’ovaio destro e la via urinaria di destra, che possono presentarsi con la medesima sintomatologia ma che necessitano di trattamenti medici e chirurgici differenti. Per questo motivo è importante, allorché il paziente è una donna, sottoporla a valutazione del test di gravidanza ed a visita ginecologica, al fine di una diagnosi differenziale appunto tra patologie di pertinenza ginecologica e l’appendicite acuta. Nell’anziano, il manifestarsi di una sintomatologia più confusa, rispetto al giovane, associata ad un più elevato rischio di perforazione, deve far propendere i parenti o il paziente stesso a rivolgersi al medico anche la presenza di sintomi sfumati e apparentemente di poco conto, che potrebbero però far pensare ad un’appendicite “silente”. L’anoressia, ovvero la totale perdita dell’appetito, la nausea, spesso riferita ad altre cause, non escluse quelle dovute all’assunzione di diversi farmaci per multipatologie della terza età, un dolore sfumato in sede gastrointestinale, soprattutto frequente, sono elementi più che sufficienti per rivolgersi ad un chirurgo, tenuto conto anche che, sempre nell’anziano, dove la temperatura corporea è più bassa che nel giovane, la sintomatologia potrebbe essere accompagnata da bassi rialzi termici o, in qualche caso, da temperatura normale, pur in presenza di un’appendicite, con rischio molto elevato che si giunga alla perforazione dell’appendice. Ignazia Zanzi BOX: Appendicectomia laparoscopica? Sì grazie! Al di là degli accorgimenti che il medico intende adottare per curare l’affezione, quasi sempre la cura è chirurgica, anche quando questa è preceduta da una terapia antibiotica volta a ridurre l’infiammazione, ciò con l’obiettivo di giungere sul tavolo operatorio in condizioni più idonee per sottoporsi all’intervento. Spesso quest’ultimo viene eseguito anche laddove il rischio di sviluppare una perforazione dell’appendice nel tempo risulti bassa, ma si preferisce agire in condizione di sicurezza, piuttosto che rischiare, soprattutto in soggetti che hanno già sofferto in passato di episodi di appendicite, un intervento d’urgenza di appendicectomia. Ciò tenuto anche conto che, in qualche caso, un episodio di appendicite acuta può insorgere in soggetti che non avevano mai riferito, in passato, alcun sintomo di appendicite; eppure, anche in questi casi, un unico episodio violento di esacerbazione dei sintomi, può condurre il paziente, senza adeguate cure, ad una perforazione d’organo. L’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani (ACOI), ha recentemente presentato un opuscolo contenente le linee guida per il trattamento chirurgico di appendicectomia laparoscopica per appendicite acuta. La via laparoscopica è, ad oggi, l’approccio chirurgico da considerarsi migliore rispetto a quello a cielo aperto, in termini di accuratezza diagnostica e versatilità di tecnica chirurgica, per lo svolgimento dell’appendicectomia. Innanzi tutto l’approccio laparoscopico è raccomandato come atto diagnostico ultimo e primo atto terapeutico per i dolori insorgenti in regione iliaca destra di non univoca interpretazione: in effetti l’introduzione del laparoscopio, una microtelecamera che permette l’esplorazione dell’addome attraverso una minima incisione cutanea, permette una diagnosi certa e la conseguente azione chirurgica appropriata. In particolare l’approccio è raccomandato nelle categorie a rischio come l’anziano ed il paziente obeso dove, in ragione di dati statistici riscontrabili in letteratura, la diagnosi clinica può variare nel 30% dei casi. Va sottolineata l’attenzione che bisogna rivolgere alle donne in caso di dolore della regione iliaca destra: infatti dopo la valutazione ginecologica, eseguita con ecografia pubica o transvaginale e col test di gravidanza, la laparoscopia si pone come mezzo determinante e definitivo per lo svolgimento di una chiara diagnosi differenziale tra patologie di sfera ginecologica e l’appendicite acuta, potendosi al tempo stesso eseguire un atto chirurgico appropriato al fatto clinico evidenziato. L’approccio laparoscopico prevede l’introduzione di tre piccole cannule, definite trocars, rispettivamente poste all’ombelico, sopra il pube lato sinistro ed in regione iliaca sinistra. L’intervento dura circa un’ora e viene eseguito in anestesia generale. Attraverso tale approccio è possibile ridurre l’ospedalizzazione post chirurgica, osservandosi una pronta ripresa delle attività intestinali, ed un minor consumo di farmaci, in particolare gli antidolorifici, così come molto evidente è il rispetto dell’aspetto estetico.


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