Manifestazione di Roma a sostegno del Procuratore Apicella (in aggiornamento)
Sconfini.eu è stata una delle prime testate on line a lanciare, già nella mattinata di martedì 20 gennaio, la notizia/appello dell'Associazione Nazionale Familiari Vittime della Mafia, che ha annunciato la propria adesione alla manifestazione che si terrà a Roma il 28 gennaio a sostegno del Procuratore di Salerno Luigi Apicella, ora trasferito e privato dello stipendio dopo la decisione del ministro Alfano, che intendeva porre fine all'impropriamente detta "guerra tra procure", e subito ratificata dal Csm con una decisione immediatamente esecutiva.
In poche ore la notizia della manifestazione è stata rilanciata da molti notiziari on line e il giorno dopo è anche diventato uno dei post più importanti e apprezzati dell'ultimo periodo sul blog di Beppe Grillo. Il comico ha aderito ad un gruppo su Facebook, o meglio, all'evento, e assieme a lui si sono subito uniti Marco Travaglio, il più importante giornalista italiano esperto in giustizia e Carlo Vulpio, il giornalista del Corriere della Sera destituito dai servizi giornalistici che conduceva per il quotidiano relativamente all'inchiesta Why Not. Quest'ultimo è stato punito per aver fatto nomi e cognomi eccellenti, presto insabbiati, che ruotano attorno le indagini di De Magistris quando ancora la bufera non si era scatenata a Catanzaro e prima del suo trasferimento.
In 24 ore esatte sono state già 2.311 le persone che su Facebook hanno aderito alla manifestazione, hanno lasciato 397 messaggi in bacheca, mentre 3.352 persone hanno scritto che "forse parteciperanno".
Riassumendo i motivi della protesta, stando alle voci degli organizzatori:
1. Mai un ministro della Repubblica è sceso nel merito di indagini in corso stabilendo che meritavano una punizione i magistrati e i procuratori che stanno svolgendo le immagini e questo rappresenta una gravissima ferita all'indipendenza della Magistratura, nonché un grave pericolo per la democrazia stessa.
2. Non è corretto parlare di guerra tra Procure, dal momento che Salerno poteva indagare Catanzaro e sequestrare i fascicoli relativi a Why Not, ma non viceversa. Quindi non si capisce perché a pagare in modo più pesante debba essere il procuratore Apicella di Salerno.
3. Il Tribunale del Riesame - l'unico legalmente deputato a giudicare sulla questione - ha dato ragione al modus operandi di Salerno, ma nonostante questo, il Csm presieduto da Nicola Mancino (guarda caso uno dei nomi grossi emersi dall'inchiesta) ha deciso ugualmente di punire il Procuratore capo Apicella, trasferendolo e addirittura togliendogli lo stipendio.
La manifestazione organizzata dall'Associazione Nazionale Familiari Vittime della Mafia partià alle ore 9.00 da piazza della Repubblica (lato Basilica degli Angeli) a Roma il 28 gennaio. (attenzione, il 23 gennaio, la partenza, dopo un inspiegabile tira e molla, è stata spostata in piazza Farnese ndr - leggi gli aggiornamenti)
L'iniziativa è interessante anche perché è nata e decollata sul web, dal momento che stampa e televisioni fanno di tutto per negarne l'esistenza.
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- Giovedì 22 gennaio ore 17.00 - Il gruppo/evento su Facebook ha raggiunto i 2.690 "ospiti confermati".
- Giovedì 22 gennaio ore 19.30 - Il gruppo/eventi su Facebook ha raggiunto i 2.862 "ospiti confermati".
- Secondo alcuni rumors, gli organizzatori sono in attesa dell'autorizzazione a manifestare.
- Pubblichiamo la lettera della Pm di Salerno, Gabriella Nuzzi, trasferita, per volontà del ministro Alfano, dal Csm.
"Signor Presidente,
Le comunico, con questa mia, l’irrevocabile decisione di lasciare l’Associazione Nazionale Magistrati. Il plauso da Lei pubblicamente reso all’ingiustizia subita, per mano politica, da noi Magistrati della Procura della Repubblica di Salerno è per me insopportabilmente oltraggioso.
Oltraggioso per la mia dignità di Persona e di essere Magistrato.
Sono stata, nel generale vile silenzio, pubblicamente ingiuriata; incolpata di ignoranza, negligenza, spregiudicatezza, assenza del senso delle istituzioni; infine, allontanata dalla mia sede e privata delle funzioni inquirenti, così, in un battito di ciglia, sulla base del nulla giuridico e di un processo sommario.
Per bocca sua e dei suoi amici e colleghi, la posizione dell’Associazione era già nota, sin dall’inizio.
Quale la colpa? Avere, contrariamente alla profusa apparenza, doverosamente adottato ed eseguito atti giudiziari legittimi e necessari, tali ritenuti nelle sedi giurisdizionali competenti. Avere risposto ad istanze di verità e di giustizia. Avere accertato una sconcertante realtà che, però, doveva rimanere occultata.
Né lei, né alcuno dei componenti dell’associazione che oggi degnamente rappresenta ha sentito l’esigenza di capire e spiegare ciò che è davvero accaduto, la gravità e drammaticità di una vicenda che chiama a riflessioni profonde l’intera Magistratura, sul suo passato, su ciò che è, sul suo futuro; e non certo nell’interesse personale del singolo o del suo sponsor associativo, ma in forza di una superiore ragione ideale, che è – o dovrebbe essere – costantemente e perennemente viva nella coscienza di ogni Magistrato: la ricerca della verità.
Più facile far finta di credere alla menzogna: il conflitto, la guerra tra Procure, la isolata follia di “schegge impazzite”.
Il disordine desta scandalo: immediatamente va sedato e severamente punito.
Il popolo saprà che è giusto così. E il sacrificio di pochi varrà la Ragion di Stato.
L’Associazione non intende entrare nel merito. Chiuso.
Nel dolore di questi giorni, Signor Presidente, il mio pensiero corre alle solenni parole che da Lei (secondo quanto riportato dalla stampa) sarebbero state pubblicamente pronunciate pochi attimi dopo l’esemplare “condanna”: “Il sistema dimostra di avere gli anticorpi”.
Dunque, il sistema, ancora una volta, ha dimostrato di saper funzionare. Mi chiedo, allora, inquieta, a quale “sistema” Lei faccia riferimento. Quale il “sistema” di cui si sente così orgogliosamente rappresentante e garante.
Un “sistema” che non è in grado di assicurare l’osservanza minima delle regole del vivere civile, l’applicazione e l’esecuzione delle pene?
Un “sistema” in cui vana è resa anche l’affermazione giurisdizionale dei fondamentali diritti dell’essere umano; ove le istanze dei più deboli sono oppresse e calpestato il dolore di chi ancora piange le vittime di sangue?
Un “sistema” in cui l’impegno e il sacrificio silente dei singoli è schiacciato dal peso di una macchina infernale, dagli ingranaggi vetusti ed ormai irrimediabilmente inceppati?
Un “sistema” asservito agli interessi del potere, nel quale è più conveniente rinchiudere la verità in polverosi cassetti e continuare a costellare la carriera di brillanti successi?
Mi dica, Signor Presidente, quali sarebbero gli anticorpi che esso è in grado di generare? Punizioni esemplari a chi è ligio e coraggioso e impunità a chi palesemente delinque?
E quali i virus?
E mi spieghi, ancora, quale sarebbe “il modello di magistrato adeguato al ruolo costituzionale e alla rilevanza degli interessi coinvolti dall’esercizio della giurisdizione” che l’Associazione intenderebbe promuovere?
Ora, il “sistema” che io vedo non è affatto in grado di saper funzionare.
Al contrario, esso è malato, moribondo, affetto da un cancro incurabile, che lo condurrà inesorabilmente alla morte.
E io non voglio farne parte, perché sono viva e voglio costruire qualcosa di buono per i nostri figli. Ho giurato fedeltà al solo Ordine Giudiziario e allo Stato della Repubblica Italiana.
La repentina violenza con la quale, in risposta ad un gradimento politico, si è sommariamente decisa la privazione delle funzioni inquirenti e l’allontanamento da inchieste in pieno svolgimento nei confronti di Magistrati che hanno solo adempiuto ai propri doveri, rende, francamente, assai sconcertanti i vostri stanchi e vuoti proclami, ormai recitati solo a voi stessi, come in uno specchio spaccato.
Mentre siete distratti dalla visione di qualche accattivante miraggio, faccio un fischio e vi dico che qui sono in gioco i principi dell’autonomia e dell’indipendenza della Giurisdizione. Non gli orticelli privati.
Non vale mai la pena calpestare e lasciar calpestare la dignità degli esseri umani.
Per quanto mi riguarda, so che saprò adempiere con la stessa forza, onestà e professionalità anche funzioni diverse da quelle che mi sono state ingiustamente strappate, nel rispetto assoluto, come sempre, dei principi costituzionali, primo tra tutti quello per cui la Legge deve essere eguale per deboli e potenti.
So di avere accanto le coscienze forti e pure di chi ancora oggi, nonostante tutto, crede e combatte quotidianamente per l’affermazione della legalità.
Ed è per essa che continuerò sempre ad amare ed onorare profondamente questo lavoro.
Signor Presidente, continui a rappresentare se stesso e questa Associazione.
Io preferisco rappresentarmi da sola".
Dott.ssa Gabriella NUZZI - Magistrato
- L'ex Procuratore Capo di Salerno, Luigi Apicella, lascia l'Anm
- Di Pietro e Italia dei Valori aderiranno alla manifestazione del 28 gennaio a Roma
- Non è ancora chiaro se sia stata concessa l'autorizzazione a manifestare. Secondo alcune indiscrezioni potrebbe esserci un cambio di "sede" per la partenza della manifestazione.
- Venerdì 23 gennaio ore 9.20 conta ormai 3.334 "ospiti confermati" alla manifestazione.
- Pubblichiamo l'intervento di Carlo Vulpio (tratto da carlovulpio.it) sulle decisioni del CSM e le pressioni politiche che sottostanno ai trasferimenti di Apicella, Nuzzi e Verasani. Il monito finale è davvero toccante per le coscienze delle italiani.
E' tutto chiaro, ma così chiaro, che non serve nemmeno spiegare. Il Csm manda via da Salerno i pubblici ministeri Luigi Apicella, Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani poiché "colpevoli" di avere rispettato la legge, come hanno confermato tre giudici di un tribunale del Riesame della Repubblica italiana.
E' come affermare il principio che chi non ha rubato o non ha ucciso deve andare in galera, anche in presenza della sentenza di un tribunale che attesti che quella persona non ha rubato e non ha ucciso.
E' tutto chiaro, ma così chiaro, che non serve nemmeno spiegare. I tre magistrati di Salerno sono stati mandati via dal Csm - e il procuratore Apicella è stato addirittura sospeso dallo stipendio, come non è mai stato deciso nemmeno di fronte a casi evidenti di corruzione - perché hanno fatto il proprio dovere.
Un ministro, quello della Giustizia, Angelino Alfano, si è arrogato un potere che non ha, giudicando "abnorme" e "carente di equilibrio" il provvedimento di perquisizione e sequestro emesso dai magistrati di Salerno nei confronti di magistrati inquisiti di Catanzaro, e il Csm ha risposto: "Obbedisco". A nulla è valso che il tribunale del Riesame abbia giudicato rispettoso della legge quel provvedimento dei magistrati salernitani. Il Csm ha eseguito e l'Anm ha approvato. Mentre il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che è anche presidente del Csm, non dice una parola. Ma va in Calabria, dove, qualche giorno fa, non manca di sollecitare la gente, che per un momento aveva creduto che fossimo tutti uguali di fronte alla legge, a "reagire contro il crimine organizzato", con il relativo corollario di insopportabili blablabla.
E' tutto chiaro, ma così chiaro, che non serve nemmeno spiegare. Quest'altra pagina nera dimostra, se ce ne fosse bisogno, non solo che ci sono mandanti ed esecutori, ma anche chi sono gli uni e chi sono gli altri.
Non c'è alcuno scontro tra politica e magistratura. Al contrario, esse sono alleate nell'opera di eliminazione - ieri con il tritolo, oggi con le carte bollate, e truccate - dei magistrati che fanno il proprio dovere, e in modo particolare di quei magistrati che fanno il proprio dovere nei confronti di altri magistrati, spezzando così un corporativismo omertoso ormai oltre ogni soglia di sopportabilità.
La prova, se anche di questa ci fosse bisogno, è in due fatti semplici. Il commento del presidente dell'Anm, Luca Palamara - che quando faceva il pm a Reggio Calabria è stato al centro di feroci polemiche su alcuni procedimenti insabbiati -, e la "purga" della notizia operata all'unisono da giornali e tv.
Palamara ha dichiarato che "il sistema ha saputo reagire, mostrando di avere gli anticorpi necessari" (giusto: il sistema, quello a cui lui appartiene), mentre nessun servizio giornalistico ha osato ricordare che il provvedimento dei magistrati di Salerno alla base della richiesta di trasferimento dei medesimi era stato giudicato conforme alla legge dal tribunale del Riesame.
E' tutto chiaro, ma così chiaro, che non serve sprecare parole, ma agire. Ciò che è accaduto ha fatto saltare, ancora una volta, ancora di più, le regole alla base di ogni patto tra governati e governanti.
Questa decisione del Csm sui pm di Salerno è la dimostrazione che si può fare tutto. Anche piombare nelle nostre e vostre case, per esempio, e arrestarci, arrestarvi, in nome della legge e in nome del popolo italiano. E allora, democraticamente e pacificamente, occorre agire. Tutti i blogger, tutti i siti web, noti e meno noti, tutte le associazioni e tutte le persone di buona volontà, note e meno note, che stanno fuori ma anche dentro ai partiti dovrebbero organizzarsi e far sentire la propria voce.
Se l'Italia non sarà capace di questo gesto minimo di ribellione democratica, allora vuol dire che l'Italia è un Paese già morto e non lo sa.
Carlo Vulpio
- Venerdì 23 gennaio ore 13.30 il gruppo su Facebook conta 3.529 "ospiti confermati" alla manifestazione del 28 gennaio a Roma. Le persone "in forse" hanno ampiamente superato le 5.300 unità.
- ATTENZIONE: LA MANIFESTAZIONE DI ROMA E' STATA SPOSTATA IN PIAZZA FARNESE. INIZIO SEMPRE ALLE ORE 9.00 DI MERCOLEDì 28 GENNAIO
- Monta il malumore per lo spostamento del luogo di inizio della manifestazione. A spingere verso il cambio di sede il decreto approvato in fretta e furia dal Ministro Maroni, secondo cui non si può manifestare davanti a luoghi di culto. Molti dubbi suscitano le motivazioni del decreto, che sembra approvato proprio per limitare la riuscita della manifestazione.
- Venerdì 23 gennaio ore 19.10 il gruppo su Facebook conta 3.840 "ospiti confermati".
- Salvatore Borsellino, fratello di Paolo Borsellino ha confermato la sua presenza alla manifestazione.
- Sabato 24 gennaio alle ore 13.20 il gruppo su Facebook conta 4.467 "ospiti confermati".
- Hanno aderito alla manifestazione, tra gli altri, anche Gianni Vattimo, Pancho Pardi e Stefano Pedica.
- Nonostante il week end continuano a fioccare le adesioni: alle 9.30 di domenica 25 gennaio le adesioni su Facebook sono 5.183.
- Lunedì 26 gennaio alle ore 12.00 il gruppo su Facebook conta su 6.460 "ospiti confermati".
- Prende corpo l'idea di esporre il tricolore alle finestre non solo a Roma ma anche nelle altre città italiane, simbolo di democrazia, libertà e sano amor di patria, durante tutta la giornata di mercoledì 28 gennaio.
- A dar voce e forza alla manifestazione del 28 gennaio, interviene anche Luigi De Magistris, prima "causa" con il suo lavoro di indagine della ribellione della classe politica, terrorizzata dalle inchieste Why Not e Poseidon. Dal sito di Carlo Vulpio riportiamo:
L'altro giorno, in uno dei tanti viaggi tra Napoli e Catanzaro, ascoltavo la bellissima canzone di Francesco De Gregori e mi venivano in mente frammenti di storia scritti da magistrati della Repubblica italiana. Pensavo al coraggio del Procuratore della Repubblica di Palermo, Gaetano Costa, che, da solo, si assunse la responsabilità di firmare degli ordini di cattura, al coraggio di Rosario Livatino ed Antonino Scopelliti che non piegarono la testa e decisero di esercitare il loro ruolo con rigore ed indipendenza, a quello di Paolo Borsellino che consapevole di quello che stava accadendo ai suoi danni cercava di fare presto per giungere alla verità e per comprendere anche le ragioni della morte di Giovanni Falcone e degli uomini della sua scorta.
Pensavo a quanta mafia istituzionale accompagna tanti eccidi accaduti negli ultimi trent'anni.
Pensavo a quello che sta accadendo in questi mesi in cui si consolidano nuove forme di "eliminazione" di magistrati che non si omologano al sistema criminale di gestione illegale del potere e che pretendono, con irriverente ostinazione, di adempiere a quel giuramento solenne prestato sui principi ed i precetti della Costituzione Repubblicana, nata dalla resistenza al fascismo.
Pensavo a quello che possono fare i singoli magistrati oggi per opporsi ad una deriva autoritaria che ha già modificato di fatto l'assetto costituzionale di questo Paese.
Pensavo a quello che può fare ogni cittadino di questa Repubblica per dimostrare che, forse, ormai, l'unico vero custode della Costituzione Repubblicana non può che essere il popolo, con tutti i suoi limiti. In attesa di quel fresco profumo di libertà - del quale parla il mio amico Salvatore Borsellino e per il quale ci batteremo in ogni istante della nostra vita, in quella lotta per i diritti e per la giustizia che contraddistingue ancora persone che vivono nel nostro Paese - che ci farà comprendere quanto concreto sia il filo conduttore che accomuna i fatti più inquietanti della storia giudiziaria d'Italia degli ultimi 30 anni, non dobbiamo esimerci dall'evidenziare alcune brevi riflessioni.
In attesa dei progetti di riforma della giustizia (che mi pare trovano d'accordo quasi tutte le forze politiche) che sanciranno, sul piano formale, l'ulteriore mortificazione dei principi di autonomia ed indipendenza della magistratura, non si può non rilevare che i predetti principi - che rappresentano la ragione di questo mestiere che, senza indipendenza ed autonomia, è solo esercizio di funzioni serventi al potere costituito - sono stati e vengono mortificati proprio da chi dovrebbe svolgere le funzioni di garanzia e tutela di tali principi. Dall'interno della Magistratura, in un cordone ombelicale sistemico di gestione anche occulta del potere, con la scusa magari di evitare riforme ritenute non gradite, si procede per colpire ed intimidire (anche con inusitata deprecabile violenza morale) chi, all'interno dell'ordine giudiziario, non si omologa, non intende appartenere a nessuno, non vuole assimilarsi alla gestione quieta del potere, ma rimane fedele ed osservante dei valori costituzionali di uguaglianza, libertà ed indipendenza che chi dovrebbe garantirne tutela - anche con il sistema dell'autogoverno - tende, in realtà, a voler governare, dall'interno, la magistratura rendendola, di fatto, prona ai desiderata dei manovratori del potere. Ma non bisogna avere timore. La storia - ed ancora prima la conoscenza e la rappresentazione di fatti quando essi saranno pubblici - ci faranno capire ancor meglio di quanto tanti hanno già ben compreso, le vere ragioni poste a fondamento di prese di posizione anche di taluni magistrati (alcuni dei quali ritengono anche di svolgere una funzione di "rappresentanza", in realtà, concretamente, insussistente).
Quello che rileva in questo momento e che mi pare importante è che, in attesa del fresco profumo di libertà, che spazzerà via alcuni protagonisti indecenti di questo periodo, ogni magistrato abbia un ruolo attivo, non si disorienti, diventi attore principale - nel suo piccolo ma nella grande "forza" di questo mestiere che richiede oneri prima ancora che onori - della salvaguardia dei valori costituzionali. Ognuno di noi, chi ha deciso di fare questo lavoro con amore, passione e forte idealità, ha un luogo, interno alla propria coscienza, al proprio cuore ed alla propria mente, dal quale attingere forza e determinazione nei momenti bui. E' questa l'ora delle risorse auree: se insieme sapremo esercitare le nostre funzioni in autonomia, libertà, indipendenza, senza paura di essere eliminati da intimidazioni istituzionali o da "clave" disciplinari utilizzate in violazione della Costituzione Repubblicana.
Per me, le riserve energetiche sono state e sono tuttora, soprattutto, le immagini di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, anche perché nei giorni delle stragi mafiose - con riferimento alle quali attendiamo verità e giustizia anche per le complicità sistemiche intranee alle Istituzioni - avevo appena consegnato gli scritti nel concorso in magistratura. Quando Antonino Caponnetto disse che tutto era finito, nel mio cuore ed in quello di molti altri magistrati è scattata una molla per dimostrare che non doveva essere così, che, invece, bisogna lottare e non mollare mai. Anche nella certezza di poter morire - come diceva Paolo Borsellino nella consapevolezza che tutto potesse costarci assai caro - vi sono magistrati che ogni giorno cercano di applicare, nei provvedimenti adottati, il principio che la legge è uguale per tutti. Da quando le organizzazioni mafiose hanno dismesso la strategia militare di contrasto ed eliminazione dei rappresentanti onesti e coraggiosi delle Istituzioni, il livello di collusione intraneo a queste ultime si è consolidato enormemente, tanto da rappresentare ormai quasi una metastasi istituzionale che conduce alla commissione di veri e propri crimini di Stato. Questo comporta che oggi dobbiamo difendere, ogni giorno e con i denti, la nostra indipendenza e l'esercizio autonomo della giurisdizione - nell'ossequio del principio costituzionale sancito dall'art. 3 della Costituzione - anche da veri e propri attacchi illeciti, talvolta condotti con metodo mafioso, provenienti dall'interno delle Istituzioni.
Che può fare, allora, un magistrato? Che può fare un Uditore Giudiziario che a febbraio prenderà le funzioni giurisdizionali? Che può fare un Giudice civile? Che può fare un Giudice del Tribunale del Riesame? Che può fare un Giudice del settore penale? Che può fare un Pubblico Ministero? Che possiamo fare quelli di noi che non si piegano al conformismo giudiziario? Che possiamo fare quelli che vogliono esercitare solo questo lavoro con dignità e professionalità, senza pensare a carriere interne o esterne all'ordine giudiziario? Credo che la ricetta sia semplice, anche se sembra tutto così complicato in questo periodo così buio per la nostra Costituzione per la quale non dobbiamo mai smettere di combattere: si deve decidere senza avere paura - innanzi tutto di chi dovrebbe tutelarci e che si dimostra sempre più baluardo di certi centri di interessi e poteri, nonché fonte di pericolo per l'indipendenza del nostro stupendo lavoro -, senza pensare a valutazioni di opportunità, senza scegliere per quella opzione che possa creare meno problemi, decidere nel rispetto delle leggi e della Costituzione, pronunciarsi nel segno della Verità e della Giustizia. In tal modo, avremmo adempiuto, con semplicità e nello stesso tempo con coraggio, al nostro mandato, la coscienza non si ribellerà con il trascorrere del tempo, magari potremmo anche capitolare, ma, come dice Salvatore Borsellino, lo avremmo fatto senza "esserci venduti". Non avremo svenduto la nostra indipendenza, non avremo piegato la nostra coscienza, non avremo abdicato al nostro ruolo, non avremo abbassato la testa: ci ritroveremo con la schiena dritta, con il morale alto, con il rispetto di tutti (anche dei nostri avversari). Questo ci chiedono le persone oneste: di non "consegnarci" e mantenere alto il prestigio dell'ordine giudiziario in un momento in cui la questione morale assume connotati epidemici anche al nostro interno. Non bisogna avere paura di un potere scellerato che pretende di opprimere la nostra libertà ed il nostro destino.
Ai giovani colleghi mi permetto, con umiltà e per l'immenso amore che preservo per questo lavoro, di esortarli a non temere mai le decisioni giuste e di perseguire sempre la strada della giustizia e della verità anche quando questa può costare caro. Io ero consapevole che mi avrebbero colpito e che mi avrebbero fatto del male, ma non ho mai piegato, nemmeno per un istante, il percorso delle mie scelte ed oggi mi sento, come sempre, sereno, ricco di energie, molto forte, perché dentro il mio cuore e la mia mente sono consapevole di aver espletato ogni condotta nell'interesse della Giustizia e nel rispetto delle leggi e della Costituzione Repubblicana.
Non ascoltate quelle sirene, anche interne alla nostra categoria, che vi inducono - magari in modo subdolo e maldestro - a piegare la testa in virtù di una pseudo-ragion di stato che consisterebbe nel pericolo imminente di riforme sciagurate, per evitare le quali dobbiamo, strategicamente, "girarci" dall'altra parte quando ci "imbattiamo" nei cd. "poteri forti". Le riforme - anzi le controriforme - ci saranno comunque, forse saranno terribili, ma almeno non dobbiamo essere noi a dimostrarci timorosi e con le gambe molli, malati, come diceva Piero Calamandrei, di agorafobia. L'indipendenza si difende senza calcoli e ad ogni costo, l'amore della verità può costare l'esistenza. Ed essa si difende anche da chi la mina, in modo talvolta anche eversivo, dal nostro interno. Nella mia esperienza gli ostacoli più insidiosi sono sempre pervenuti dall'interno della nostra categoria: non sono pochi i magistrati, oramai, pienamente inseriti in un sistema di potere criminale che reagisce alle attività di controllo e che si muove, dal sistema, per evitare che sia fatta verità e giustizia su tanti fatti criminali inquietanti avvenuti nella storia contemporanea del nostro Paese.
Sono convinto che la magistratura non soccomberà definitivamente solo se saprà ancora esercitare la sua funzione senza paura, ma con coraggio, nella consapevolezza che anche da soli, nella solitudine propria della nostra funzione, quando ognuno di noi deve decidere e mettere la firma sui provvedimenti, e, quindi, valutare fatti e circostanze, lo farà senza farsi intimidire dalle conseguenze del suo agire. La paura rende gli uomini schiavi, così come le decisioni dettate con un occhio a carriere e posti di comando sono destinate a mortificare le funzioni prima ancora che rendere indegne le persone che le rappresentano. Quindi, in definitiva, la storia la dobbiamo scrivere anche noi, nel nostro piccolo mondo, pur nella consapevolezza che alcuni di noi pagheranno un prezzo ingiusto e magari anche molto duro, ma questo è per certi versi ineluttabile quando si è deciso di svolgere una funzione che ci impone di difendere, nell'esercizio della giurisdizione, i valori di uguaglianza, libertà, giustizia, verità, quali effettivi garanti dei diritti di cui i cittadini, ed in primis i più deboli, ci chiedono concreta tutela.
Luigi de Magistris
- Intervistato da Sky TG24, Gioacchino Genchi parla di enorme mistificazione della realtà da parte di Berlusconi sul tema delle intercettazioni telefoniche. Altre verità sull'inchiesta Why Not, sulla realtà calabrese e sugli intrecci affaristici e politici emergono nel corso dell'intervista.
- Alle 19.20 di lunedì 26 gennaio sono 6.971 gli "ospiti confermati" sul gruppo di Facebook che promuove la manifestazione del 28 gennaio a Roma.
- Catturato il "branco" che ha stuprato a Guidonia nella notte tra giovedì e venerdì scorso una ragazza. Decisive le intercettazioni telefoniche. Gli stupratori stavano progettando la fuga. Nel progetto di Berlusconi, le intercettazioni sarebbero PROIBITE per molti reati, tra cui lo stupro. Ecco il suo progetto per la "sicurezza" (di restare impunito).
- Nuova disposizione "ad manifestazionem". Il Ministro dell'Interno Roberto Maroni ha stabilito che le manifestazioni di piazza dovranno essere riprese dalle telecamere della Polizia Scientifica. La scusa è quella di garantire maggiore sicurezza e la solita "certezza della pena" per eventuali reati che si commettano durante le manifestazioni. Ma la domanda del web è: "Che serva per schedare i partecipanti alla manifestazione di domani?".
- Alle 14.40 di martedì 27 gennaio gli "ospiti confermati" sul gruppo di FB sono a quota 7.589.
- Montato il palco in attesa della manifestazione di domani. Le previsioni meteo segnalano un miglioramento abbastanza netto delle condizioni.
- Il portale Sconfini.eu è disponibile a pubblicare immagini e a inserire video quanto più possibile "in diretta" per permettere a chi non è presente alla manifestazione di seguirla per quanto possibile. Inviare il materiale all'indirizzo mail
- Mercoledì 28 gennaio, ore 9.10. Gli iscritti al gruppo di Facebook si sono fermati a quota 8.171.