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Scuola Diaz. E' stata macelleria messicana, ma mancano le prove

 |  Redazione Sconfini

Sono state depositate le motivazioni della sentenza sui reati commessi nella scuola Diaz in occasione del G8 di Genova del luglio 2001. Le parole del presidente della terza sezione del Tribunale di Genova, Gabrio Barone e dei due giudici a latere sono molto dure.

E proprio alla luce di queste ferme prese di posizione si capisce ancora di meno la blandezza e il lassismo delle condanne: 13 condanne su 29 imputati, comminati 36 anni e 7 mesi di reclusione rispetto alla richiesta di oltre 100 anni da parte dei Pm. Shock e scandalo poche settimane fa, per questi motivi, avevano accompagnato la sentenza.

Nelle motivazioni si legge: «Quanto accadde all'interno della scuola Diaz Pertini fu al di fuori di ogni principio di umanità, oltre che di ogni regola ed ogni previsione normativa, anche se fu disposta in presenza dei presupposti di legge». Insomma si ammette più o meno indirettamente che è stata una vera macelleria messicana, ma non si è punito a dovere i presunti colpevoli.

La Corte ha ritenuto provate solo le violenze attribuite al reparto mobile della Polizia condannando tutti i suoi componenti identificati. Per i restanti aveva fatto premio il dubbio: impossibile il riconoscimento dei tanti poliziotti con casco o fazzoletto sul viso, impossibile attribuire a ogni singolo imputato fatti specifici. Insomma, l'ammissione nero su bianco che per gli inqualificabili teppisti da stadio che operano a volto coperto la legge è ben diversa dal poliziotto che picchia, mena e tortura. Per i teppisti da stadio, giustamente, vengono fatte tutte le ricerche possibili, dna incluso, si esaminano migliaia di minuti delle telecamere a circuito chiuso, si raccolgono e si vagliano testimonianze. Ma se le stesse (o peggiori come in questo caso) azioni vengono compiute da esponenti delle forze dell'ordine, che potrebbero essere molto più facilmente identificati quantomeno perché in numero ridotto, le stesse regole non valgono.

«Quanto avvenuto in tutti i piani dell'edificio scolastico con numerosi feriti di cui diversi anche gravi tale da indurre lo stesso imputato Fournier a paragonare la situazione ad 'una macelleria messicana' - si legge ancora nel documento che raccoglie le motivazioni della sentenza - appare di notevole gravità sia sotto il profilo umano che legale. In uno stato di diritto non è accettabile che proprio coloro che dovrebbero essere i tutori dell'ordine e della legalità pongano in essere azioni lesive di tali entità, anche se in situazioni di particolare stress».

Le violenze alla Diaz - si legge ancora - non furono però frutto di «un complotto in danno degli occupanti» della scuola, né ebbero carattere «di spedizione punitiva» o di «rappresaglia». «A parte la carenza di prove concrete - scrivono i giudici - appare assai difficile che un simile progetto possa essere stato organizzato e portato a compimento con l'accordo di un numero così rilevante di dirigenti, funzionari e operatori della polizia». Piuttosto si ritiene «che i dirigenti fossero convinti che l'operazione avrebbe avuto un rilevante successo e si sarebbe conclusa con l'arresto dei responsabili delle violenze e delle devastazioni dei giorni precedenti».

Insomma cosa è stato? Uno sfogo di rabbia e frustrazione per aver trovato solo alcuni pacifisti e No-global che dormivano?

In ogni caso, l'esplodere della violenza all'interno della scuola non può «trovare giustificazione se non nella consapevolezza di poter agire senza alcuna conseguenza e quindi nella certezza dell'impunità». «Se dunque non può escludersi che le violenze abbiano avuto un inizio spontaneo da parte di alcuni - si prosegue nel documento - è invece certo che la loro propagazione così diffusa e pressoché contemporanea presupponga la consapevolezza da parte degli operatori di agire in accordo con i loro superiori che comunque non li avrebbero denunciati».

Allora eseguivano ordini dall'alto? Sarebbe un teorema ancora più grave di quello relativo alla "semplice" macelleria messicana.

Anche per quanto riguarda il ritrovamente delle false molotov all'interno della scuola i giudici sono votati a premiare il dubbio: non ci sono prove certe «ma semplici indizi non univoci» circa la consapevolezza da parte dei vertici della polizia, Giovanni Luperi (ex vicedirettore Ucigos) e Francesco Gratteri (ex direttore dello Sco). «Se è vero che gli elementi indicati dall'accusa possano da un lato determinare il sospetto circa la consapevolezza da parte dei citati imputati della falsità del ritrovamento delle bottiglie molotov all'interno della scuola - si legge nel documento - è anche vero dall'altro che non possono valere a provarla con la dovuta certezza trattandosi di semplici indizi non univoci».

Ma allora chi ha introdotto le molotov taroccate nella scuola, dando ovviamente per scontato che non possono averle portate dentro i pacifisti e i No-global?

La sentenza del Tribunale di Genova, ovviamente, è assolutamente "sacra" ma restano davvero tante, da qualunque prospettiva si guardi la faccenda, le domande insolute, le mezze parole e... le mezze sentenze.


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