Renzi alla canna del gas: le "riforme" le farà con la sporca dozzina di Verdini
Da un lato un premier formalmente di centrosinistra sempre più attaccato dai vecchi padroni della ditta e sempre meno amato dagli elettori, dall'altro un vecchio massone berlusconiano con nuovi problemi giudiziari all'orizzonte.
Il primo è Matteo Renzi, il secondo Denis Verdini. Entrambi toscani e vecchi amici di famiglia, si ritrovano a dover fronteggiare due crisi speculari. Il più giovane ha appena "scoperto" che da quando è premier guadagna un sacco di soldi sia come individuo sia come capobastone della Fondazione Open. E' da un anno e mezzo sulla breccia e non vuole in nessun modo mollare la poltrona fino al 2018, almeno per assicurarsi anche qualche anno di agi sproporzionati alle sue qualità oratorie e politiche. Il secondo deve salvarsi dalla possibile condanna che verosimilmente lo colpirà in almeno uno dei processi in corso (P3, Scuola dei Marescialli di Firenze, bancarocca Credito Cooperativo Fiorentino, plusvalenza sospetta di un appartamento in via della Stamperia a Roma e altra bancarotta di un'altra ditta indebitata proprio con il CCF da lui presieduto all'epoca dei fatti).
Renzi, tralasciando le cospicue prebende da premier e quelle derivanti dagli incarichi supplementari, ha incassato attraverso la fondazione Open solo nel 2014 la somma di 1.200.000 euro, ovvero il doppio di quello che era riuscita a guadagnare nel 2012 (600mila euro). Tra i finanziatori piccoli imprenditori ma anche e soprattutto colossi del tabacco e della gestione di aeroporti che, guardacaso, in concomitanza con i versamenti fatti alla Fondazione renziana si sono ritrovate delle leggi che sembrano fatta ad hoc per fare i loro interessi. Casualità.
Ora però il modus operandi di Renzi e del Giglio Magico sta facendo perdere le staffe all'ala sinistra del PD, che perde pezzi ed elettori. Fermare l'emorragia è impossibile. Ecco allora il soccorso azzurro dell'amico di famiglia Verdini, smanioso di entrare in maggioranza e magari prendersi qualche dicastero magari per interposta persona. I numeri al Senato sono risicati e Verdini deve formare un gruppo (Alleanza Liberale Popolare e Autonomie) per dar man forte a Renzi. Per farcela sta imbarcando Lucio Barani (craxiano doc), Giuseppe Compagnone (lombardiano), Vincenzo D'Anna (amico di Nicola Cosentino), Eva Longo (ex casiniana) e altri gigli di campo tra cui i più papabili sono Ciro Falanga (ex berlusconiano e per qualche settimana fittiano), Riccardo Mazzoni (verdiniano da sempre), Riccardo Conti (che divide con Verdini il processo per la sospetta compravendita dell'appartamento di via della Stamperia) e l'ex dc Antonio Scavone. Manca però ancora qualche tassello a questo splendido affresco di renzismo al declino. Per questo è forte il pressing sugli indecisi: Riccardo Villari (ex Pd poi fulminato dal berlusconismo), Domenico Auricchio (FI) e Pietro Langella (anche lui vicino a Cosentino).
Renzi li accoglierà a braccia, anzi a gambe aperte. E gli elettori del PD?
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