La censura di Internet secondo il partito che annovera tra le sue file condannati per Mafia
Ha fatto molto scalpore l'emendamento del senatore Giampiero D'Alia, dell'Udc, all'art. 50 di un Disegno di Legge proposto dal Ministro Brunetta e che, secondo alcuni provocherà un terremoto clamoroso nel web italiano, facendo abbattere nell'affollato e iperdemocratico mondo della Rete la scure della censura.
In un'istruttiva intervista apparsa su Youtube il senatore D'Alia spiega i motivi del suo emendamento (che vi invitiamo a leggere con attenzione) e giunge anche a minacciare direttamente la chiusura di Youtube e di Facebook. Peggio della Cina, che come ben sappiamo è una dittatura. Ma analizziamo con la giusta serenità le parole dell'emendamento e dell'intervista, ma soprattutto cerchiamo di capire chi le dice.
Giampiero D'Alia è un avvocato e quindi conosce bene la il modo per fare una proposta tecnicamente impeccabile (tentando con un po' di difficoltà di giustificarla a parole) ma che in realtà porterà, e lui ne è perfettamente conscio, ad effetti devastanti sulla libertà di pensiero e di parola in Italia.
Già la prima parola del titolo dell'emendamento è spaventosa: Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet.
Ecco i punti di perplessità, per quanto concerne questo emendamento, perché avranno ricadute sulla quotidianità di chi vive la rete sono i seguenti:
1. E' un organo politico, il Ministero dell'Interno, che potrà senza neppure interpellare un Tribunale, diffidare i fornitori dei servizi internet per oscurare entro 24 ore un contenuto, un articolo o una pagina di qualsiasi sito scomodo al Governo. Nessun tipo di garanzia quindi per i cittadini, i blogger e i gestori di siti di poter dibattere con un Tribunale. Molto molto peggio della dittatura cinese, che almeno fa censura preventiva e uno si mette il cuore in pace. Se passerà l'emendamento o ci si mette in regola entro 24 ore o si pagherà una multa che andrà dai 50.000 ai 250.000 euro. I tempi quindi saranno strettissimi e obbligheranno i gestori del sito, i blogger o i responsabili di portali informativi a precipitosi ritorni a casa o in ufficio per sistemare la situazione prima di finire in bancarotta.
2. Per evitare questi rischi si attuerà un'auto-censura preventiva con conseguente appiattimento dei commenti e dei contenuti (anche delle discussioni nei forum) presenti in Rete, con un bel sospiro di sollievo per i produttori di informazione filogovernativa, che sul web a oggi non hanno praticamente seguito. Avranno quindi un potere enorme i troll dei vari blog (come quello di Beppe Grillo o di Marco Travaglio) che potranno scatenarsi in minacce o apologia di reato sapendo che i responsabili o dovranno perdere tutto il giorno a moderare la discussione o saranno costretti quotidianamente a centinaia di oscuramenti di commenti.
3. Facebook, Youtube e molti altri social network rischiano di chiudere i Italia e lo dice anche D'Alia nell'intervista sopra citata. Ma quello che fa più morire da ridere sono le giustificazioni che si danno. Al senatore siciliano Facebook fa ribrezzo, così come Youtube e sapete perché? Perché su Youtube è stato alcuni anni fa caricato un video in cui alcuni studenti particolarmente imbecilli picchiavano un compagno disabile e perché su Facebook sono nati gruppi che inneggiavano allo stupro e, udite udite, alla Mafia a Riina e a Provenzano.
Ecco la metafora con cui Facebook ha commentato questo emendamento che circola già in tutto il mondo come esempio negativo da non seguire e continua a far sprofondare la credibilità dell'Italia: E’ come bloccare tutta la linea ferroviaria perché in una stazione ci sono dei graffiti sconvenienti.
Ora, è chiaro che siamo tutti daccordo sul fatto che questi video e questi gruppi non abbiano motivo di esistere e debbano essere cancellati (cosa che tra l'altro avviene già oggi con discreta tempestività). Ma il riferimento ai gruppi che inneggiano alla Mafia è qualcosa di spettacolare e sapete perché? Nell'Udc, il buon D'Alia è collega in Parlamento di tre personaggi che con la Mafia sembrano aver avuto molto molto a che fare.
Si tratta del mitico Cuffaro (Totò) Salvatore: condannato a 5 anni dal Tribunale di Palermo nel gennaio 2008 per favoreggiamento aggravato di alcuni mafiosi (che avrebbe avvertito di indagini e intercettazioni a loro carico, vanificando il lavoro degli investigatori) e oggi indagato per concorso esterno in associazione mafiosa in un fascicolo pendente presso la Dda di Palermo.
Ma anche dell'amico Romano Francesco Saverio: indagato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa con l’accusa di aver accompagnato il suo leader, Salvatore Cuffaro, a incontrare alcuni esponenti di Cosa nostra, ha ottenuto l’archiviazione nel 2003 per il caso Guttadauro-Cuffaro; ma dall’inizio del 2006 è stato di nuovo inquisito dalla Dda palermitana per concorso esterno, dopo le rivelazioni del pentito Francesco Campanella a proposito di altri presunti summit con mafiosi.
E infine di Mannino Calogero: Arrestato nel febbraio 1995 e tuttoggi imputato in appello per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo la Procura di Palermo, avrebbe stretto un patto con Cosa nostra per avere voti in cambio di favori. Assolto in primo grado nel 2001, tre anni dopo viene condannato in appello a 5 anni e 4 mesi. La sentenza viene però annullata, per difetto di motivazione, dalla Cassazione, che ordina un nuovo processo di appello, tuttora in corso. Nel 2007 la Procura di Marsala ha chiesto il rinvio a giudizio di Mannino e di altre sedici persone imputate, a vario titolo, di associazione a delinquere, appropriazione indebita, frode in commercio, vendita di sostanze alimentari non genuine, falso ideologico e truffa aggravata. Secondo gli inquirenti Mannino, dominus di fatto dell’azienda vinicola di Pantelleria «Abraxas srl» (di cui il figlio è socio di maggioranza), insieme ai soci e a Luciano Parrinello (funzionario dell’Istituto della Vite e del Vino di Marsala), avrebbero messo in commercio come genuini vini doc prodotti in violazione del disciplinare di produzione previsto per il moscato di Pantelleria.
Ma allora, se solo questa legge avesse effetto anche sul Parlamento, potremmo vedere sparire entro 24 ore anche mezzo Udc, il partito principe dopo il Pdl per l'apologia di reato e della Mafia? Magari.
E se invece fosse solo una mossa del partito di Casini per avvicinarsi al Pdl in vista di nuove entusiasmanti maggioranze di governo locali?