Dare la colpa dell'impasse al M5S è da disonesti
Per chi non lo avesse capito siamo di nuovo in campagna elettorale. Anzi, la campagna elettorale non è mai finita.
Le strategie messe in campo dai tre principali cartelli elettorali sono molto diverse.
1) Il Pd, "arrivato primo ma senza vincere", è rimasto col cerino in mano dopo il (prevedibilissimo da mesi per chi fosse dotato di un'intelligenza anche un po' sotto la media) pareggio al Senato. Pur essendo arrivato primo e nonostante la maggioranza alla Camera il Pd ha perso la sua battaglia strategica. Aveva puntato tutto sul polo montiano per poter governare e invece il mega flop del professor "Titassoancheluccello" ha buttato alle ortiche la tattica degli illuminati strateghi piddini. Ora, come sempre, pur di non riconoscere le proprie colpe la sinistra ha puntato il dito contro un nuovo nemico immaginario. Stampa di regime, infiltrati in ogni blog, giornalisti prezzolati e gonzi antiberlusconiani stanno seguendo il leit motiv del partito e hanno individuato nel Movimento 5 Stelle il colpevole assoluto dell'impasse.
Naturalmente è una pretesa da deficienti o da disonesti (come è da intellettualmente disonesti dire - come ha dichiarato Vendola - "Il M5S ha vinto adesso si prenda le sue responsabilità") dal momento che molte cose si possono criticare del M5S ma non che si sia da sempre professato contrario a qualsiasi tipo di accordo. Il trasformismo all'italiana è una prassi che la visione radicale, quasi scandinava, del Movimento vuole eliminare dalla forma mentis dei nostri connazionali. La domanda allora è: si può dare la colpa a un partito perché è rimasto fedele al suo programma? In Italia tutto è possibile ma condannare la coerenza è troppo. Bersani ha perso la mano pur avendo avuto un poker servito non facendo campagna elettorale, questa è la verità.
2) Il Movimento 5 Stelle è tra due fuochi. Da un lato la stampa amica del centrosinistra che bombarda e fa le pulci ad ogni minima dichiarazione (pratica giustissima, se solo ci fosse parità di trattamento) dei neoparlamentari grillini, dall'altra parte i fini diplomatici del Pd che tentano di adescare senatori del Movimento per reclutarli in chiave di prima fiducia al governo Bersani. Operazione scontata, che forse produrrà qualche briciola, ma che sarà vana nell'ottica di un reperimento di numeri sufficienti e senza passare dalle fauci del Caimano (che nel frattempo di frega le mani).
Grillo continua a insistere sul suo programma, sui suoi uomini e sulla suo essere integerrimo alle proposte dei papponi dell'ancien régime politico. La sensazione è che riesca in parte a blindare il consenso già ottenuto ma che con la campagna mediatica in atto gli sarà difficile poter aumentare il proprio consenso fino a vincere le elezioni. Un inevitabile rigurgito antigrillino è in atto nel web e di certo non sarà senza effetti almeno dal punto di vista dei pesi percentuali.
3) Chi gode più di tutti della situazione e Berlusconi. Pur avendo perso 6 milioni di voti è ancora in pista e, nonostante l'anagrafe sua e quella dei suoi elettori (molti finiscono sottoterra ogni giorno che passa mentre tra i più giovani si scava a fatica un 15%) sia impietosa, la speranza di riattivare il suo elettorato in una nuova campagna elettorale e mediatica nella quale far dimenticare la sua condanna in primo grado per frode fiscale le indagini per corruzione di parlamentari oltre che i processi per prostituzione minorile e concussione, esiste eccome.
Al momento è l'unico che può stare alla finestra attendendo le mosse del Pd. Sul piatto vorrà naturalmente il solito salvacondotto giudiziario e altre rassicurazioni per le sue tasche. Sembra che almeno stavolta il Pd non voglia cadere in trappola. Resisterà?
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