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La Roma del 2014 è la stessa del 69 d.C.

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Nel novembre 2011 alla caduta (morbida) di Berlusconi in molti paragonarono la sua ingombrante figura a quella di Nerone, l'imperatore romano del I secolo d.C. morto suicida nell'anno 68 per le paranoie cui l'avevano convinto alcuni cospiratori.

 Molti ricordano Nerone come un piromane psicopatico che incendiò l'Urbe con manie dittatoriali e un ego ipertrofico. Analisi storicamente lacunosa ma che ben si sposa con il frodatore fiscale dedito a orge e ad amicizie pericolosissime. In fondo anche Berlusconi ha il "merito" di aver incendiato il debito pubblico facendo di fatto fallire l'Italia, mentre il suo egocentrismo supera di gran lunga quello di Nerone. La differenza sostanziale sta però nel fatto che il suo predecessore si è tolto la vita, mentre il Silvio lotta come un vecchio leone contro la morale, la giustizia, il buon senso e la forza di gravità del suo corpo decadente.

Il punto però è un altro. I cospiratori che fecero fuori Nerone posero al governo di Roma Servio Sulpicio Galba un "tecnico" sanguinario dall'indole spietata che nei pochissimi mesi di comando si distinse soprattutto per la strage di 700 legionari a lui avversi presso Ponte Milvio. Galba è Monti, chiamato a devastare le tasche dei ceti medio bassi con una scarica di tasse in grado di stendere migliaia di legionari e protagonista della creazione di centinaia di migliaia di esodati con l'aiuto della sua mano armata Fornero. Galba fu eliminato fisicamente da una nuova congiura, Monti fu seppellito da democratiche elezioni (e per questo motivo al Colle le urne fanno scatenare il panico).

Dopo Galba fu il turno di Otone, un'altra nullità politica che però apparteneva a un'antica e nobile famiglia etrusca. Ovviamente Otone è Enrico Letta, di buona e introdotta famiglia, nipote di Gianni e osannante quello stinco di santo di Andreotti. Per rompere con il recente passato di Galba, Otone accettò il soprannome di "Nerone" così come Enrico accettò quello di "Nipote". Tutti i suoi propositi furono frustrati perché nel frattempo l'esercito in Germania aveva acclamato imperatore Vitellio che iniziò subito ad avanzare verso il Lazio.

Vitellio ovviamente è Renzi. Ed è incredibile come come Letta anche Otone, spaventato dall'avanzata di Vitellio, propose all'avversario un offerta per dividere l'impero. Vitellio rispose picche e Otone si preparò alla guerra che ovviamente perse perché nel suo campo c'erano molte posizioni diverse sulle strategie da adottare. Praticamente il Pd. Otone morì suicida in accampamento a Brescello sulla riva meridionale del Po dopo aver perso la battaglia di Bedriaco (la direzione Pd).

Ora è il turno di Vitellio, un avvinazzato dedito al consumo esagerato di cibo, che durò in carica dall'aprile al dicembre del 69 d.C. Pochi mesi durante i quali a Roma giunsero gladiatori rozzi e stravaganti (il nuovo incarnato dai renziani) e si susseguirono rivolte e massacri. Il tutto in uno scenario nel quale il Senato gli attribuì grandi onori imperiali ma che il popolo non accettò mai veramente. Nel frattempo però gli eserciti danubiani avevano acclamato Vespasiano quale nuovo imperatore e molti sostenitori di Vitellio cambiarono casacca. Finì i suoi giorni malissimo, dopo essere stato esposto al pubblico ludibrio dall'esercito di Vespasiano, scannato per le vie di Roma "scarnificato con minutissimi colpi, ucciso e trascinato con l'uncino nel Tevere (Svetonio)".

In questi mesi del 2014 siamo nel cuore del regno di Vitellio/Renzi, al quale alcuni suoi presunti amici stanno già preparando la successiva congiura.

A parziale consolazione occorre ricordare che dopo Vitellio arrivò Vespasiano che aumentò le tasse ma riorganizzò il disastrato impero nell'arco di 10 anni. Promulgò leggi molto moderne per l'epoca, rimosse membri indegni del Senato e diede una pensione minima ai consolari poveri. Fece a suo modo una riforma della giustizia per farla funzionare davvero anche in situazioni straordinarie contro l'eccessiva lentezza dei processi che si era diffusa drammaricamente nell'ultimo periodo e si distinse per la lotta contro gli usurai e per una notevole serie di opere pubbliche che ristrutturarono e abbellirono Roma. Il Colosseo fu solo la punta di un iceberg che comprese anche gli orinatoi pubblici (vespasiani appunto). Anche l'impulso culturale fu notevolissimo e una per tutte vale ricordare l'opera di Plinio il Vecchio (Naturalis historia) dedicata al figlio di Vespasiano.

Se la storia si ripete ancora siamo veramente alla fine del tunnel. L'unico problema però è che Nerone è ancora vivo. E l'ha risuscitato Vitellio.

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