La Boschi cita Fanfani: un autogol clamoroso
Oggi il ministro Maria Elena Boschi nel tentativo di difendere la controriforma istituzionale voluta da Renzi, Gelli e Berlusconi, nella sua arringa ha pure citato "un grande statista... che ha un grande riferimento per tanti uomini e donne delle mie terre compreso mio padre, Amintore Fanfani, ha detto una piccola, grande verità: le bugie in politica non servono".
La sconcertante riesumazione del cadavere di Fanfani, la citazione dedicata a suo padre, le "sue terre" solo perché Fanfani era originario della provincia di Arezzo indicano la difficoltà nell'articolare una difesa riabilitativa nei confronti di una riforma apparentemente assurda, che priva di spazi democratici l'elettorato e spiana la strada un un nuovo premierato non forte, ma fortissimo. Ultrapotente e indiscutibile nelle sue decisioni perché senza più alcun tipo di contrappeso.
Ma veniamo al padre della soave ministra Boschi: poche settimane dopo la salita al potere compiuta attraverso il tradimento perpetrato ai danni di Enrico Letta, il "Giglio magico", la cerchia di fedelissimi che ruota attorno Renzi, dopo aver fatto man bassa di ministeri, piazza alla vicepresidenza di Banca Etruria Pierluigi Boschi, guarda caso padre di Maria Elena, una che non è mai stata votata da nessuno in vita sua (è nominata alla Camera in quota Renzi grazie al Porcellum dopo un passato da dalemiana al fianco di Michele Ventura nel 2008). Dettaglio da addetti ai lavori forse, ma anche un segnale del "verso" che sta prendendo l'Italia renziana.
Ma veniamo allo statista Fanfani che comunque, rispetto alla Boschi o a Renzi, è un gigante di immense proporzioni: ai tempi dell'assemblea costituente fu proprio sua l'idea della formulazione dell'articolo 1: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro" mentre ai tempi della DC il "piano Fanfani" permise la costruzione di 300mila abitazioni popolari. Nel 1963 ebbe un non marginale ruolo nella crisi dei missili di Cuba favorendo l'accordo tra americani e sovietici dopo aver convinto Kennedy di dismettere i missili installati in Puglia e puntati verso l'URSS. Innumerevoli le volte che ritiratosi a vita privata tornerà in sella alla DC, o alla presidenza del Senato o a quella del Consiglio dei Ministri (5 volte).
Prima della fine della guerra, però Fanfani non si distinse per essere probo e integerrimo nei confronti del fascismo, proprio come il giovane aderente ai GUF Giorgio Napolitano. Anzi: il suo nome comparve insieme a quello dei 330 firmatari che, nel 1938, appoggiarono il Manifesto della razza, mentre dopo l'Armistizio dell'8 settembre 1943 anziché prendere le armi e combattere il nemico nazifascista scappò in Svizzera. Fossero stati tutti come lui saremmo forse ancora sotto il Reich.
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