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Partito nuovo? Renzi costretto a imbarcare i rottami

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Doccia gelata per i milioni di piccoli fans di Renzie. L'hanno votato per cambiare classe dirigente, anzi digerente, e si ritrovano dopo tante fatiche un cadavere cui hanno fatto solo un maquillage.

Il Pd doveva rottamare la vecchia classe dirigente (l'ha detto Renzie pochi istanti dopo la sue elezione a segretario democratico) per rottamare idee bolse e stantie, piegando i vertici screditati di un partito che, Prodi a parte, aveva collezionato per i lunghi decenni bui del berlusconismo solo sconfitte.

E invece ecco che l'uomo nuovo che doveva ricostruire l'establishment del più importante contenitore politico del centro sinistra si rivela quello che è: l'uomo giusto per far finta che tutto cambi senza che debba in verità cambiare nulla. Già a settembre avevamo avvisato i renziani che il salto sul carro del vincitore (perché non hanno deciso gli elettori delle primarie, è bene ricordarlo, ma come sempre si è trattata di una vittoria di palazzo che non a caso avevamo pronosticato con 3 mesi d'anticipo) di una vecchia conoscenza come Franceschini non lasciava presagire nulla di buono per chi si aspettava rottamazioni di catorci dell'ancien régime.

Ora Renzie, copiando senza alcuna originalità il verso di Rino Gaetano "partono tutti incendiari e fieri ma quando arrivano sono tutti pompieri" e poi sintetizzata da Ligabue in "nasci da incendiario muori da pompiere", diventa anche se non del tutto per sua responsabilità, di colpo più conservatore di Reagan e imbarca sulla nave piddina i più beceri dinosauri della seconda repubblica, non bastasse Cuperlo uomo di D'Alema "eletto" presidente del Pd. Nella "nuova" direzione del partito ecco che il sindaco a tempo perso di Firenze si trova costretto da un regolamento degno di un Centro di Salute Mentale a lavorare gomito a gomito proprio con D'Alema, l'emblema massimo della campagna di rottamazione, Bersani (quello che doveva smacchiare il giaguaro), Epifani (il segretario non eletto uscente), Franceschini (ex segretario non eletto del Pd), Veltroni (ex segretario del Pd), Errani (uomo dai mille incarichi spesso incompatibili e già presidente abusivo della Regione Emilia Romagna) ma anche - per precisa volontà del cosiddetto rottamatore - con l'ottuogenario ex sindacalista Franco Marini candidato trombato dai suoi alla presidenza della repubblica pochi mesi fa. Manca solo Occhetto a questa gioiosa macchina da guerra, che pare più una Trabant (la celeberrima auto in gran voga nella Germania Orientale quando quasi tutti i sopraccitati dirigenti del Pd hanno conquistato un posto alla luce del sole nella politica italiana).

In pratica il più rivoluzionario di questi imbalsamatori della democrazia è Romano Prodi, un raggio di sole (figuriamoci) in questo gelido quadretto.

Questo perché secondo statuto gli ex presidenti del consiglio, gli ex segretari del Pd e gli ex presidenti di regione sono di diritto infilati nella direzione del partito. Un ottimo modo per agevolare il cambiamento e il ricambio generazionale non c'è che dire.

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