Metodi di conservazione dei cibi: il ruolo dell’acqua
In questa terza puntata sui metodi di conservazione degli alimenti (cfr. Help! n° 67 e 68) ci occupiamo di quelli che consistono nel ridurre il loro contenuto di acqua. I cibi che contengono poca acqua si conservano meglio perché i microrganismi per moltiplicarsi e per svolgere le funzioni vitali hanno necessità proprio dell’acqua.
Quello che si valuta non è esattamente il contenuto in acqua, ma l’acqua libera, cioè disponibile per i microrganismi. Scientificamente il parametro si chiama attività dell’acqua (AW) e ha un range da 0 a 1: zero se l’alimento è privo di acqua libera e 1 se l’alimento contiene tutta acqua libera. Un alimento in polvere, ad esempio, ha pochissima acqua, ma la sua AW non è uguale a 0, infatti sarà uguale a 0,01. Va precisato che non è necessario privare del tutto un alimento per limitare lo sviluppo dei microrganismi, perché già sottraendo un po’ di acqua gli effetti si ripercuotono sul loro sviluppo.
Ci sono due modi per ridurre l’acqua libera in un alimento: eliminare l’acqua (essiccamento) oppure aggiungere all’alimento delle sostanze in grado di catturare l’acqua libera nell’alimento.
> ESSICCAMENTO
Si tratta di un metodo di conservazione che prevede la sottrazione di acqua nell’alimento, con la conseguente diminuzione dell’acqua libera; consiste nell’esporre il prodotto ad una fonte di calore naturale (sole) o artificiale (ad esempio essiccatori a polverizzazione, per la produzione di latte in polvere; a corrente d’aria, per la disidratazione di succhi di frutta, prodotti di panificazione e dolciari).
“Quando la sottrazione di acqua è molto elevata – spiega la dottoressa Sabrina Di Santolo, tecnologia alimentare – l’alimento si trasforma in polvere; in questo caso la conservabilità è illimitata perché praticamente non esiste acqua a disposizione dei microrganismi. Inoltre i trattamenti termici cui vengono sottoposti gli alimenti durante l’essiccamento servono anche a sanificare l’alimento stesso poiché vengono impiegate le alte temperature. Questo porta alla distruzione dei principi nutritivi più delicati e sensibili alle temperature elevate”.
Un classico esempio di alimento polverizzato è il latte. Visto che si tratta di un prodotto che si altera facilmente per vari motivi, la polverizzazione (latte in polvere) risolve molti problemi di conservazione. Ovviamente il trattamento termico distrugge le vitamine del latte e denatura, in parte, le proteine. Il latte in polvere risulta quindi essere impoverito del contenuto proteico vitaminico, mentre il contenuto in sali minerali non viene alterato. Solitamente il latte in polvere viene prima scremato per evitare l’irrancidimento dei grassi che sono contenuti in esso (3,6% nel latte intero, 1,8% nel latte parzialmente scremato e 0,1% nel latte totalmente scremato). L’irrancidimento, infatti, è un’alterazione legata alla presenza di ossigeno e quindi potrebbe continuare anche in una polvere contenente ancora del grasso. Per limitare il fenomeno dell’ossidazione il latte in polvere viene messo sotto vuoto. Esiste anche il latte concentrato, cioè un latte al quale hanno sottratto una parte dell’acqua, rendendolo più conservabile (perché i microrganismi hanno meno acqua a disposizione).
> LIOFILIZZAZIONE
Sempre nell’ambito degli alimenti con poca acqua ci sono i liofilizzati. Si tratta di alimenti molto pregiati perché l’acqua viene eliminata con un processo che si chiama sublimazione. “L’alimento – chiarisce la dottoressa Di Santolo – viene congelato (senza danni nutrizionali), con un processo che si chiama sublimazione: il ghiaccio si trasforma in vapore (passaggio da solido a vapore senza la fase liquida) applicando temperature e pressioni ben precise, ottenendo un alimento che è praticamente una spugna (con dei buchi dove c’erano i cristalli di ghiaccio), senza acqua e con tutte le caratteristiche nutrizionali di partenza”.
Solitamente l’alimento è polverizzato e confezionato sottovuoto. Mettendo acqua si ottiene una pappetta che non ha ovviamente la forma dell’alimento originale, ma ha tutte le caratteristiche nutrizionali. È questa la diversità fra alimenti essiccati e liofilizzati, che si risconta anche nel prezzo: i liofilizzati hanno un costo maggiore. I cibi liofilizzati vanno reidratati prima del consumo. In commercio troviamo il caffè solubile, il the solubile, la camomilla solubile, preparati a base di verdura e alimenti per l’infanzia.
> AGGIUNTA DI SALE E ZUCCHERO
Un altro metodo per limitare l’acqua libera (cioè abbassare l’AW) consiste nell’aggiungere all’alimento sostanze in grado di catturare l’acqua. Si tratta di sale e zucchero: sostanze in grado di legarsi fisicamente all’acqua dell’alimento, la quale non scompare, ma non è più a disposizione dei microrganismi. L’alimento quindi mantiene l’acqua e si conserva.
“Un classico esempio – precisa la tecnologa alimentare – è il prosciutto crudo: ha un unico metodo di conservazione, ossia l’aggiunta di sale in quantità talmente elevata che l’acqua contenuta nella carne diventa non disponibile per lo sviluppo microbico. Il prosciutto crudo si conserva per molto tempo grazie al sale e gli unici microrganismi che potrebbero svilupparsi sono delle muffe alofite, cioè muffe che amano gli ambienti ricchi di sale.
Se si mettono su un tavolo una fetta di prosciutto cotto e una di prosciutto crudo le muffe si sviluppano prima sul prosciutto cotto perché ha più acqua libera a disposizione dei microrganismi”.
I canditi sono un esempio di alimento che si conserva solo con aggiunta di zucchero: funziona allo stesso modo del sale. “L’unica differenza fra sale e zucchero – conclude la dottoressa Di Santolo – è che il sale è anche leggermente battericida, in altre parole l’aggiunta di sale può essere letale per alcune categorie di microrganismi (è una molecola tossica per alcuni microrganismi), non ovviamente per le muffe che sono notevolmente resistenti a qualsiasi ostacolo”.
foto: Markus Spiske