Che tempo farà?
Il tempo atmosferico è una questione assai complessa ed imprevedibile ed i profondi cambiamenti climatici avvenuti in questi ultimi decenni ne sono la prova.
Per trattare in maniera seria ed approfondita l’argomento abbiamo raggiunto il Centro Osmer (Osservatorio meteorologico) dell’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente), situato a Visco, paese a pochi chilometri da Palmanova. Ci ha benevolmente accolto Sergio Nordio, previsore dell’Osmer-Arpa, cui abbiamo rivolto alcune domande sul tema. È realmente cresciuto negli ultimi anni l’interesse per la meteorologia? “Decisamente sì. La meteorologia in questi ultimi 20 anni sta avendo sempre più successo e ciò è dovuto anche alla risonanza dei mass media. L’esplosione delle radio e tv prima e di Internet poi hanno agevolato moltissimo l’interesse e la passione per la meteorologia. Vi è inoltre in questi ultimi anni una grande attenzione anche politica al cambiamento che stiamo avvertendo e, di conseguenza, una maggiore sensibilità ambientale ai fenomeni meteorologici e ai mutamenti climatici. La gente è molto più attenta alle modificazioni del clima anche perché rispetto a 30-40 anni fa ha più tempo libero e inoltre vuole proteggersi di più – il rispetto della vita propria e di tutta la comunità è l’aspetto essenziale che riguarda tutti, meteorologia compresa – e poi vuole capire a fondo, comprendere come avvengono i fenomeni meteorologici e cosa sta succedendo nel proprio piccolo territorio, che sia una città, una provincia o una regione, o ancor di più in tutta l’atmosfera e l’intero pianeta. Le dinamiche in atto sono quindi tante ed importanti ma grazie all’informatica e all’avvento di computer potenti è possibile raccogliere dati e misure sempre più precise. Nel corso degli anni si è passati infatti dai rilevamenti giornalieri a scadenze puntuali più volte al giorno, sino a rilevamenti orari minuto per minuto, se non addirittura al secondo o alla frazione di secondo”. Naturalmente l’interesse per l’andamento del tempo sul territorio è diverso per l’agricoltore rispetto al cittadino… “Certamente l’interessamento e le finalità sono molto diversificate. I cittadini o le persone che non operano direttamente sul territorio e che non ricevono la sussistenza diretta dalla loro attività su un territorio con la vita all’aria aperta, hanno una percezione diversa; sono più interessati a sapere cosa succederà nel fine settimana quando hanno più tempo libero. Una curiosità quindi. Mentre chi opera all’aria aperta, perciò pescatori, agricoltori ma anche tutte le imprese che devono costruire, oppure chi per turismo deve organizzare manifestazioni molto importanti con grande partecipazione di pubblico, ha un interesse molto più preciso e più attento verso le previsioni meteo. In agricoltura ciò che interessa più di tutto è la presenza o meno della pioggia, ancor più in una regione come la nostra, in cui in molte zone non ci sono ancora impianti di irrigazione artificiale strutturati. Al cittadino forse non interessa tanto quanta pioggia arriva, se cadono 5 o 10 o 50 mm, piuttosto interessa sapere se la giornata è rovinata per le gite. Per un agricoltore invece la situazione è ben diversa: se cadono pochi mm di pioggia deve bagnare ugualmente il campo, se invece ne cade in abbondanza, va meglio, ma se ne cade troppa i problemi aumentano. Le previsioni del tempo che noi emettiamo sono a volte molto generiche, perché in pochi minuti di diretta radio o tv dobbiamo sintetizzare tutto quello che accade su un territorio molto complesso come quello della nostra regione Friuli Venezia Giulia e alcune categorie, appunto, non hanno informazioni sufficientemente dettagliate per la programmazione delle loro attività. Noi cerchiamo tuttavia, nei nostri limiti, di rispondere telefonicamente o via mail a tutte le richieste di maggiori dettagli sull’evoluzione del tempo”. Con quali strumenti vengono eseguite le previsioni? “Per le previsioni del tempo bisogna avvalersi di tanti strumenti e di tanta tecnologia, che va continuamente aggiornata, in collegamento con tutti gli altri colleghi che operano sia in Italia che all’estero, soprattutto nei Paesi vicini (Austria, Slovenia e Croazia). Dobbiamo partire dall’osservazione. Una buona previsione si può fare a partire dall’osservazione della situazione presente. È necessario osservare il tempo con strumenti collegati in rete: le stazioni meteorologiche. Elemento fondamentale è la raccolta di dati: di temperatura, di pressione atmosferica, di umidità dell’aria, del vento, della pioggia, della neve e poi anche l’intensità del sole e la sua durata in una giornata, la temperatura dei terreni e quella del mare. Oltre i dati registrati a terra, il radar meteorologico (che da venti anni in Friuli Venezia Giulia funziona in maniera eccellente) copre tutto il territorio. Posizionato a Fossalon di Grado, con raggio di 120 km fa la scansione continua di tutta l’atmosfera sopra la nostra regione, permettendoci così di capire ogni 5 minuti la nuvolosità presente, la sua qualità e quantità, dove si sta formando o spostando, e quanta pioggia sta cadendo. Il radar è come un occhio costantemente aperto sul territorio e riesce a fare la scansione di tutte le località, anche dove non ci sono stazioni meteo”. Esistono altre strumentazioni? “Ci sono i satelliti meteorologici. Non sono nostri, sono gestiti da un ente europeo e vi partecipano tutti gli Stati perché sono molto costosi, oltre che molto complessi, e vanno costantemente mantenuti, aggiornati. Le informazioni satellitari integrano i dati delle stazioni, ma ci sono anche le sonde meteorologiche, lanciate in Italia dall’Aeronautica Militare, che permettono di vedere cosa sta succedendo sopra di noi fino al termine della troposfera (circa 12 km). La previsione parte da qui, da un’analisi continua integrata fra le osservazioni e le simulazioni”. Entriamo un po’ di più nello specifico… “Per poter prevedere il tempo dei giorni a venire bisogna affidarsi a calcoli molto voluminosi e complessi, che vengono elaborati da computer potentissimi usati per le simulazioni dei movimenti delle masse d’aria. Esistono delle banche dati che diffondono in tutta Europa e in tutto il mondo queste simulazioni, da confrontare in seguito con l’analisi locale e con l’esperienza delle situazioni passate. Quindi un gran lavoro ogni giorno, più volte al giorno: la meteorologia non si ferma mai! Tutto il materiale va poi ricontrollato con ulteriori strumenti matematici e fisici, elaborati dai colleghi scienziati dell’Osmer”. Che cos’è questo famoso anticiclone delle Azzorre di cui si sente tanto parlare? “È diventato un mito! Siamo stati abituati dal linguaggio televisivo dei nostri amatissimi previsori (Bernacca e tanti altri) a conoscere delle situazioni “classiche”. D’estate, nei mesi estivi l’anticiclone delle Azzorre porta il bel tempo. è una massa di aria calda e secca che si estende dalle isole Azzorre, nell’Oceano Atlantico, fino all’Europa. Ci sono poi anche altre configurazioni tipiche popolarmente note: le depressioni mediterranee, che portano la Bora a Trieste e il maltempo su tutta l’Italia; il fronte atlantico; la depressione dell’Islanda e l’anticiclone russo-siberiano”. Affrontiamo ora il problema dell’attendibilità. “Noi esprimiamo l’attendibilità delle previsioni secondo un nostro giudizio, che risulta da quanto pensiamo che l’evoluzione del modello matematico, ovvero del confronto tra più modelli matematici, possa verificarsi. Quindi l’attendibilità dipende dall’affidabilità dei modelli. Se tutti i modelli sono concordi aumenta fino al 90%, invece se discordano l’attendibilità scende al 60% ed è una previsione poco credibile proprio perché contrastata. Insieme a ciò l’attendibilità viene data anche dall’esperienza dell’evoluzione dei vari tipi di situazioni. Talvolta sul Triveneto e ancor di più sul Friuli Venezia Giulia le condizioni del tempo mutano profondamente rispetto ad altre zone dell’Italia settentrionale e anche dell’Europa per la presenza delle Alpi Giulie (che hanno un orientamento nord-sud anziché est-ovest come le altre catene alpine) e del Mare Adriatico”. È possibile fare previsioni attendibili a lunga distanza? “I cambiamenti tecnologici hanno messo a disposizione della meteorologia computer sempre più potenti capaci di calcoli anche a lungo termine, consentendo così con previsioni stagionali di capire cosa succederà nel prossimo mese o addirittura nei prossimi tre mesi; sono però dei tentativi di capire quale sarà l’evoluzione di grandi masse d’aria su larga scala (Europa, America e altri continenti), che però possono non trovare verifica localmente, su piccola scala. Queste previsioni stagionali, quindi, vanno considerate più sperimentazioni che previsioni definitive e risolutive”. Possiamo però tentare di dare alcune indicazioni di massima su che tempo ci aspetta per l’autunno e l’inverno prossimi? “È un po’ difficile perché ci sono delle evoluzioni talmente veloci che possono far cambiare completamente quella che è una previsione o meglio un tentativo di previsione stagionale. Diciamo che tendenzialmente le proiezioni attuali danno un autunno leggermente più fresco della media. Sembrerebbe esserci un periodo con temperature non troppo elevate rispetto al normale. Le previsioni stagionali sono disponibili a tutti sui siti americani o inglesi. Per l’inverno non ci sono ancora previsioni perché vengono elaborate stagione per stagione”. C’è comunque negli ultimi anni la tendenza ad inverni meno freddi e più piovosi? “Tendenzialmente la temperatura dell’aria in questi ultimi 40-50 anni sta lentamente crescendo, dappertutto. Si verificano però, in compenso, anche dei brevi episodi di freddo intenso. Negli ultimi due inverni, con temperature leggermente al di sopra della media, ci sono stati però episodi di freddo molto intenso, quasi storici, perché sia nel dicembre 2009 che nel 2010 si sono registrate sulla nostra pianura temperature bassissime fino a -20 °C, valore record per la nostra regione. Per Trieste bisogna ricordare anche due episodi di Bora molto forte: marzo 2010 e marzo 2011 con valori di raffica estremi, con record fino a 150 km orari”. C’è molta apprensione nella gente quando si verificano episodi catastrofici naturali. Qual è la situazione del nostro territorio? “Purtroppo la nostra regione è soggetta da sempre ad alluvioni, trombe d’aria, grandinate devastanti, perché è una regione-ponte sotto tutti i punti di vista: ponte geografico che ha favorito lo scambio dei popoli, delle lingue e delle tradizioni ma anche territorio aperto al mare, al continente europeo e ai versanti nord delle Alpi, con scambio di masse d’aria molto diverse, che talvolta avviene in maniera dolce ma in altre occasioni può diventare molto cruento, con la creazione di temporali molto forti, piogge intense ed allagamenti. Il territorio del Friuli Venezia Giulia regge bene le piogge, perché ha la capacità di drenarle e di rispondere in modo non drammatico, salvo alcune zone più critiche. Per quanto riguarda l’intensità della pioggia, siamo la regione più piovosa d’Europa con valori che superano anche i 4.000 mm di pioggia: facciamo quasi concorrenza all’Himalaya! La nostra è una regione dove soffia molto vento rispetto al resto del nord Italia – soprattutto a Trieste – con raffiche record e dove fa molto freddo d’inverno con punte sotto i -30 °C nelle conche alpine. Dal punto di vista meteorologico quindi il nostro è un territorio molto interessante ma anche una zona in cui bisogna adattarsi e proteggersi da fenomeni talvolta molto forti”. Per il futuro, a che clima dovremo abituarci? “Come già detto è davvero difficile fare previsioni a lungo termine, figurarsi lontano nel tempo… Ci si può aspettare di tutto: lunghi periodi di siccità ma anche di pioggia. Dobbiamo essere pronti a difenderci con saggezza, intelligenza e capacità di adattamento a quello che sarà in futuro il clima della nostra regione. Vorrei sottolineare che è importantissimo in meteorologia avere la memoria storica di ciò che è successo sul territorio, non scordando l’importante lavoro che è stato fatto prima di noi anche da grandi personalità scientifiche ed istituzioni che ci hanno lasciato un patrimonio importantissimo di conoscenze e dati climatici. È un nostro dovere, dunque, mantenere con cura questa eredità culturale, non lavorare solo per l’aspetto mediatico della meteorologia, ma soprattutto per il monitoraggio e l’archiviazione dei dati climatici, con metodicità scientifica, utile per gli studi e le ricerche del futuro”. Virna Balanzin