A Flambro in cerca del toporagno perduto
Se dalla rotatoria della piazza di Flambro (Talmassons) si lascia sulla destra un inspiegabile squallido edificio anni ’70, con incorporato “baretto”, e s’imbocca l’interminabile via Piave, si arriva ad un luogo fuori dal mondo.
La strada, per un paio di chilometri incorniciata da tipiche case friulane e intersecata da laterali urbanizzate, prosegue fra i campi della pianura della Bassa friulana. Poche decine di metri dopo l’ultima abitazione, sulla destra s’intravedono degli specchi d’acqua.
Che è? Rallentando, scorgiamo una strada bianca e sul primo albero leggiamo un cartello: “biotopo”. Mm, qualcosa di “bio”, vediamo…
Sterzando all’ultimo momento, c’immettiamo su una strada di campo, costeggiata da alberi imponenti, che ad un certo punto diventa impraticabile alle quattro ruote. Uno spazio recintato spartanamente con pali di legno invita a lasciare lì l’automobile e proseguire a piedi.
Sono le risorgive dello Stella… completamente congelate.
Sembra di stare in mezzo a vastissimi spazi inviolati, non è così, ma ci crediamo. Non c’è anima viva in giro se si escludono le acque ghiacciate che affiorano nonostante il freddo. Il ghiaccio ricopre tutto. Irresistibilmente attratti tastiamo lo strato bianco con un piede. Ottimo, ci sostiene, possiamo provare lo “scarponpattino”, un antico sport quasi dimenticato. È sufficiente indossare degli anfibi o degli stivali di gomma e muoversi sulla superficie immaginando di essere le Haley Wickenheiser del palaghiaccio di Pontebba. Può effettivamente capitare, alle volte, di trovarsi a meno 4°C con una caviglia fradicia, ma è un inconveniente insignificante se paragonato alla fama dell’esibizione.
Proseguiamo costeggiando la pozza e da lontano intravediamo una struttura in legno. Ci avviciniamo, guadando il rivolo che sgorga dal terreno. Rimbocchiamo i pantaloni fino alle ginocchia lasciando intravedere dei fantastici calzini tubolari adatti a raccogliere gli schizzi del fango, in alcuni tratti più subdolo del ghiaccio.
Diverse tonalità di marrone colorano il paesaggio, da quello chiarissimo quasi giallo delle canne a quello un po’ più scuro dell’erba secca, dal marrone deciso dei tronchi d’albero e del pantano, a quello quasi grigio del legno ormai consunto dalle intemperie e dal tempo.
Mentre raggiungiamo un boschetto, ci rendiamo conto di non essere gli unici esseri umani come speravamo. Un signore con un panciotto da cacciatore, ma senza fucile, sta attraversando il campo in diagonale. Ci scorge, ma non ci fila di striscio. Ci guardiamo. Non sarà mica il coniglio di Alice nel paese delle meraviglie? All’improvviso si materializzano pure famiglie, coppie e solitari ciclisti e il paradiso scompare. Il lato positivo è che sono abitanti delle zone limitrofe, amanti sostenitori di quest’area protetta.
Non ha importanza, abbiamo raggiunto la meta. Concentrandoci capiamo che la passerella di legno con i numerosi cartelli che illustrano la fauna e la flora del biotopo è l’inizio del percorso e non la fine. Il paesaggio, 71 ettari di risorgive, dal 1998 zona naturale protetta dalla Regione, fatto di campi non coltivati che danno ampio respiro alle colture intensive e alla strapopolazione edilizia, è di quelli che in Italia stanno ormai scomparendo. Una volta era un ambiente molto comune in Friuli, con le praterie umide, le torbiere e le paludi, e altrettanto comuni erano alcune piante quali l’elegante giglio dorato, l’armeria, simbolo della palude di Flambro, o la simpatica pinguicula, carnivora mangiatrice d’insetti. Ora fanno parte delle 17 specie di piante rare e minacciate presenti nel comune.
A forza di disboscare, costruire e inquinare alcune specie di fiori di campo rischiano l’estinzione e raccoglierne un mazzetto per il centrotavola di casa nostra, per quanto in buona fede, non sembra essere un’idea propriamente geniale.
Fra boschi di ontano nero, olmo e frassino s’intravede anche una strana fauna, un piccolo roditore. Fonti attendibili (?) sostengono sia il curioso toporagno, che i meno fortunati vedranno solo disegnato su un cartello. A essere sincera, non vorrei essergli amica, ma mi fa piacere che esista!
La gitina fuori porta non prosegue con l’esplorazione dei vicini fontanili di Virco, meglio non esagerare con le novità, sarà per un altro giorno.
Ivana Macor