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A Pagnacco per vedere le tipiche case friulane

 |  Redazione Sconfini

Fine settimana. Stanchi della vita, ci spaparanziamo sul divano di casa a guardare la TV, pensando o sperando di recuperare le energie perse durante i giorni lavorativi. Non siamo particolarmente sportivi, anzi quasi quasi siamo contro ogni tipo di sforzo fisico; nonostante ciò, ci piacerebbe fare un giretto, non troppo impegnativo, certo, ma che ci “carichi” di bellezza per la settimana che abbiamo davanti. Così, un’immaginaria carrucola ci solleva dai cuscini, strappandoci dal tubo catodico, e ci catapulta davanti all’armadio. Tuta o jeans, scarpe comode o da ginnastica, pranzo al sacco per i più attivi, una cartina, e per i più temerari una bicicletta; quindi, eccoci pronti per una gita in bicicletta, o a piedi se volete, fra le colline, le ville e le case contadine del Friuli Centrale.Una tipica casa friulana antica

Abbiamo deciso di fermarci, per questa prima volta, nel comune di Pagnacco (UD). Con l’auto abbiamo attraversato il centro in direzione nord, verso Colloredo di Monte Albano, ed a qualche decina di metri dopo la rotonda del paese abbiamo girato a destra, in Via Marolins. Appena possibile, abbiamo lasciato la macchina, inforcato la nostra bici e continuato a percorrere la stessa via, che taglia un antico borgo. Quando le case si sono diradate, sulla sinistra è comparsa via Tesa, una viuzza che porta alla “Tese”, una collina circondata dai vigneti che appartiene agli stessi proprietari del castello che vedremo fra poco, e cioè alla Regione Friuli Venezia Giulia. Tutte le terre che vediamo e percorriamo erano fino al 1969 della Famiglia Fontanabona per 10 generazioni e della Famiglia Mantica per le successive. Lasciamo sulla sinistra la Tese, a destra intravediamo su un’altura un gruppo di antiche case in pietra, il complesso Baldas al Zuc, dove ora ha sede il Museo del Lavoro Contadino e Artigiano.

Certo, siamo solo all’inizio del nostro viaggio e tra poco saremo anche quasi arrivati al Castello di Fontanabona, ma si sa che noi gitanti della domenica abbiamo bisogno d’energie. Ci fermiamo, quindi, vicino ad una casa cantoniera ristrutturata, proprio di fronte alla Tese, e ci mangiamo un ottimo gelato nello spaccio formaggi immerso nel verde. Già che ci siamo, prendiamo anche qualche prelibatezza facile da trasportare; siamo entusiasti, abbiamo scoperto che tutti questi prodotti vengono direttamente dai contadini della zona, che usano ancora metodi di lavorazione antichi e tradizionali. Ci sediamo a goderci il nostro bel gelatino… guardando la casa colonica proprio davanti a noi. Una signora ci dice che è una delle tipiche case friulane antiche, tutte in pietra con cortile interno, con il “Piûl” (ballatoio) che portava esternamente dalle stanze inferiori a quelle superiori, dove c’erano le camere, e ancora più in alto al “Cjast” (granaio) con l’antica apertura circolare proprio sotto il tetto, dove si metteva ad essiccare il frumento. A spuntare poi dalla struttura una stanza quadrata con tanto di tetto, il “Fogolar” (focolare), dove la famiglia si riuniva per riscaldarsi e cucinare.

Rinvigoriti dal gelato e dalla signora, continuiamo il nostro viaggio verso Fontanabona, girando a destra al primo bivio che incontriamo. Che nome affascinante. Non resistiamo alla curiosità, indaghiamo e scopriamo che deriva dalla fontana ricavata dalla sorgente che sgorgava spontanea nella piazzetta all’inizio del paese, proprio dove ora c’è un pozzo.

castello di FontanabonaDalla strada appena imboccata ci si presenta un abitato rustico di bellezza unica, immerso nella quiete e nel verde. Il tutto dopo aver pedalato poco e niente! Allo stop giriamo a sinistra e percorriamo una lieve salita verso il castello, che finalmente vediamo appollaiato su una collina, le cui pendici sono tuttora di difficile accesso. Ma non è il castello che m’immaginavo… assomiglia ad una grandissima villa veneta. Vorrei poter entrare ed ammirare dagli spalti laterali tutto il suggestivo paesaggio del Citon, la vallata percorsa dal torrente Cormor.

La tenuta è di proprietà della Regione certo, ma l’usufrutto è della Contessa Annamaria Frangipane, che dopo varie esperienze negative con il pubblico ha deciso di non autorizzare estranei. Per fortuna, e per pietà, i custodi mi hanno permesso di fotografare alcune meraviglie architettoniche e botaniche, che vi propongo… meglio di niente mi pare. Il giardino ed il parco ospitano alberi ad alto fusto, fra cui un’enorme quercia, castagni, platani, abeti, pungitopo grandissimi ed un’abnorme – l’unico aggettivo adatto – tuia. Non ci credevo quando l’ho vista! Pensavo tra me: “Bravi, hanno circondato la struttura pluribraccia della pianta con altri alberi per proteggerla dalle intemperie”; poi guardo bene e… caspita!… vedo che quegli alberi altro non sono che la stessa pianta le cui radici sono fuoriuscite per dar vita ad ulteriori alberi. Se non si vede, non ci si crede. Se siete fortunati il primo custode, quello dell’azienda agricola, ve la fa ammirare. Chiedeteglielo!

Dopo aver bazzicato un po’ in giro, soddisfatti, inforchiamo la bici e rifacciamo un tratto di strada del borgo. Proseguiamo sempre dritti. Passiamo un boschetto fra dolci colline, lasciando sulla sinistra il Museo Contadino: potreste raggiungerlo facilmente, girando a sinistra e seguendo delle chiare indicazioni. Noi non l’abbiamo fatto per un progetto personale, ma lasciate fare alla voglia del momento.

Dunque, dicevamo… ah sì, abbiamo proseguito sempre dritti fino a raggiungere il cavalcavia dell’autostrada, circondato dai campi, tenendo la strada principale ed entrando ancora una volta in paese a Pagnacco. Arrivati ad uno stop, un’altra “villona” davanti a noi, abbiamo girato a sinistra immettendoci sulla statale che da Pagnacco porta a Tricesimo passando per Leonacco. Una strada un po’ trafficata, ma noi siamo testardi e la meta ci aspetta. Continuiamo in un misto di ville e poi di campi fino alla fine della statale, che ci obbliga ad una decisione. Noi imbocchiamo la strada a sinistra e continuiamo la nostra scampagnata fino a che, sempre sulla sinistra, leggiamo Via San Martino. La imbocchiamo. Siamo ai piedi dell’ormai scomparso Castello medievale Pagano, e questo era l’antico borgo. A tutt’oggi non si conosce l’ubicazione esatta delle fondamenta. Molto s’è cercato, anche nella speranza di ritrovare un antico tesoro, che una leggenda popolare narra ci fosse nascosto.

Percorriamo la stessa strada, che diventa bianca, finché vediamo un cancello serratissimo con cani urlanti. Niente paura, però. Poco prima del cancello, sulla sinistra, il nostro sentiero scende ripidamente, costeggiando il torrente Cormor. Da qui, in questa stagione, è ancora possibile vedere il castello di Fontanabona a destra.

Ma la nostra bici ha deciso per noi. Siamo stanchi, è la nostra prima uscita, non vogliamo esagerare. Affrontiamo così il sentiero segnato a sinistra lungo l’argine del Cormor e ci ricongiungiamo, dopo una ventina di minuti attraverso i campi, alla statale Pagnacco-Tricesimo, che ripercorriamo in senso inverso fino al centro di Pagnacco, e poi a destra verso Colloredo di Monte Albano, ed ancora una volta a destra nella nostra Via Marolins, dove abbiamo lasciato la macchina un secolo fa…

 

Ivana Macor

 


In collaborazione con Help!

 

 


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