La vaccinazione contro il Papilloma virus umano
Il vaccino contro l’Hpv (Human papilloma virus) non solo protegge dal cancro al collo dell’utero, alla vagina e alla vulva, ma è in grado di ridurre l’insorgenza della neoplasia intraepiteliale cervicale (Cin, un precursore del cancro alla cervice), di diminuire il pericolo di sviluppare lesioni genitali esterne e di prevenire lo sviluppo di anomalie citologiche responsabili di diverse patologie.
Ciò è stato registrato da uno studio condotto dai ricercatori del National Institute of Cancer di Bogotá (Colombia) e pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute. Dalla ricerca è emerso che il vaccino, rivolto principalmente alle adolescenti e alle giovani donne, può portare alla riduzione dello sviluppo dei condilomi genitali e di altre anomalie cellulari, spesso precursori dei succitati tumori. Tuttavia, oltre il 56% delle mamme è poco informato sulla vaccinazione anti-Hpv a disposizione per le proprie figlie adolescenti. Inoltre, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, attualmente solo il 59% delle ragazze nate nel 1997 – il primo gruppo di giovani che ha ricevuto in tutta Italia l’offerta gratuita a vaccinarsi – ha ricevuto tutte e tre le dosi di vaccino: dati, messi insieme da un’indagine condotta dall’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda), che fanno capire come il raggiungimento dell’obiettivo del 95% di adolescenti vaccinate entro il 2012 sia ancora distante. Occorre quindi un’azione di sensibilizzazione affidata in primo luogo alle istituzioni e poi ai pediatri, medici di famiglia e ginecologi che, essendo i referenti privilegiati delle donne, devono essere in grado di dare indicazioni chiare ed esaustive sull’importanza e l’efficacia del vaccino. È per questo motivo che in occasione della Settimana europea sulle immunizzazioni, tenutasi ad aprile, la Regione Friuli Venezia Giulia in collaborazione con la Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt), ha promosso a Trieste un incontro che ha visto come protagonisti le maggiori autorità locali in campo. Ha introdotto l’argomento il professor Ezio Baraggino, specialista in ginecologia, ostetricia e oncologia medica, presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Trieste, che ha spiegato come questo virus si contragga prevalentemente tramite il contatto sessuale. “Il cancro all’utero – ha aggiunto – colpisce mezzo milione di donne all’anno e i decessi avvengono per lo più nei Paesi sottosviluppati dove non esiste ancora il pap-test; laddove è invece presente questo tipo di esame, vi è stato un abbassamento del 70-80% della mortalità”. “Il contagio della malattia – ha precisato la dottoressa Federica Scrimin, medico ostetrico ginecologo del Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia dell’Irccs Burlo Garofolo – avviene in modo esponenziale in quanto il contatto può avvenire con più persone che a loro volta hanno avuto ulteriori contatti con altri individui. L’arma migliore per prevenire le infezioni è il profilattico. Il Friuli Venezia Giulia è una regione a rischio in quanto si rileva una presenza del virus molto elevata, anche se fortunatamente si registra un buon controllo della malattia, grazie all’adesione ai test ed ai programmi di prevenzione”. Il dottor Francesco Morosetti, medico ginecologo, referente Lilt Trieste per l’educazione sessuale e la prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse, ha illustrato come la prevenzione sia possibile grazie a due principali fattori: “il collo dell’utero è facilmente accessibile e l’evoluzione della malattia è lenta, infatti possono passare addirittura vent’anni tra il momento del contagio e lo sviluppo della malattia”. Inoltre, ha spiegato come il vaccino esprima la sua massima efficacia prima dell’inizio dell’attività sessuale della donna. Egli ha registrato come il 3% delle ragazze abbia un rapporto prima dei 15 anni e l’8% entro i 15 anni. “Se si decidesse di fare la vaccinazione prima dei 15 anni – ha affermato Morosetti – si otterrebbe un buon risultato; ricordo, tuttavia, che l’Organizzazione mondiale della sanità consiglia di effettuare la vaccinazione tra i 9 e i 12 anni”. La dottoressa Scaggiante, presidente Lilt Trieste, docente di biologia molecolare alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Trieste, ha spiegato come il vaccino simuli l’infezione in modo che l’organismo attivi le difese prima di sviluppare la malattia e ha sottolineato come i vaccini siano consigliati in quanto altamente sicuri, ma anche come essi non siano sostitutivi del pap-test e degli screening. “La vaccinazione – ha ricordato la dottoressa Cristina Zappetti, medico igienista, della Direzione centrale Salute, integrazione sociosanitaria e politiche sociali della Regione Friuli Venezia Giulia – è offerta gratuitamente alle ragazze di 12 e 16 anni ed è stata attivata una campagna di sensibilizzazione rivolta sia alle ragazze sia ai loro genitori. Inoltre in regione la copertura vaccinale ha raggiunto il 60% per quanto riguarda le ragazze di 12 anni e il 65% per le sedicenni”. Il direttore sanitario dell’Azienda per i servizi sanitari n. 1 “Triestina”, Adele Maggiore, ha infine spiegato come il vaccino si effettui in tre tappe: un primo vaccino, il secondo dopo due mesi, il terzo dopo sei mesi. Al ciclo vaccinale si accede tramite lettera di invito con appuntamenti prefissati oppure tramite appuntamento da prendere al Cup. Una volta preso l’appuntamento il tempo d’attesa è di circa tre giorni e il costo per coloro che non rientrassero nelle fasce d’età per cui il vaccino è gratuito, è di 179 euro. Monica Ricatti