Quel progressivo e inevitabile “diventar vecchi”
Le graduali modificazioni, fisiche e mentali, che avvengono naturalmente per tutti, anche se con caratteristiche e ritmi individuali, portano all’invecchiamento e, inevitabilmente, alla morte.
“Gli anziani – afferma Gabriel Offer, medico e psicoterapeuta – sono socialmente differenziabili rispetto ad altri individui. Li accomuna una serie di dinamiche psichiche e comportamentali, diverse dagli adulti maturi. La funzionalità nell’anziano è compromessa da una serie di cambiamenti psico-fisici, che sono condizionati da fattori biologici”.
L’invecchiamento si accompagna a fenomeni degenerativi di tutti gli organi: i muscoli e lo scheletro perdono forza e massa, la pelle l’elasticità; nel cervello cala la capacità di acquisire nuove nozioni o di ricordare quelle apprese; i riflessi rallentano e i sensi perdono in precisione e acuità.
“Si assiste – continua Offer – ad una riduzione fisiologica delle capacità cognitive della persona, della memoria, della concentrazione, dell’apprendimento e dell’elaborazione; meno evidenti, ma oltremodo importanti, i cambiamenti che avvengono nella sfera emotiva e affettiva, in questo periodo della vita”. Periodo che, inevitabilmente, è contrassegnato da esperienze di perdita, di abbandoni: cambiamenti socio-lavorativi, lutti relazionali. Scompaiono amici e congiunti, i figli si rendono indipendenti, spesso non sono più praticabili le abituali attività lavorative e di svago.
“Se questi cambiamenti luttuosi – precisa Offer – colpiscono soggetti anziani vulnerabili, non in grado di elaborarli proprio perché più fragili psichicamente ed emotivamente, la situazione si aggrava. La capacità di gestire una perdita è soggettivamente legata alla capacità di elaborazione e adattamento ai cambiamenti. Quando, per fattori diversi, questa capacità è compromessa, il lutto diventa organico, produce cambiamenti psichici tanto profondi che si riflettono sui comportamenti sociali e sulle relazioni con l’ambiente circostante. L’anziano tende a deprimersi, ad isolarsi e chiudersi in se stesso, allontanandosi dalla realtà e dalle relazioni fino a quel momento coltivate. La paura consapevole maggiore, quella di perdere le facoltà mentali, nella fase di deterioramento rende angosciante la percezione della propria realtà”.
“Colpito nell’autostima – prosegue Offer – l’anziano reagisce contro queste nuove difficoltà con comportamenti di difesa e di chiusura che lo aiutano, inconsciamente, ad evitare situazioni che emotivamente non riesce più a gestire in modo adeguato”. Questi nuovi atteggiamenti, talvolta molto evidenti, sono difficilmente accettati e spesso mal tollerati dai familiari, dai conoscenti, dagli stessi operatori sociali. L’agire dell’anziano, inconsapevole e inconscio, viene percepito come strano, strumentale, premeditato, e scatena le più svariate reazioni. A tentativi di stimolarlo, incitarlo a recuperare il suo stato precedente, fanno seguito irritazione e risentimento per l’indifferenza, l’apatia, la testarda illogicità.
Le richieste d’impegno, di cure e attenzioni esagerate, ingiustificate, generano molto spesso conflitti familiari, che fanno affiorare interrogativi inconsci e rimossi che rischiano di destabilizzare i rapporti interpersonali consolidati. In più, l’esperienza insegna che i tentativi di correggere i comportamenti anomali e inadeguati falliscono, e anzi molte volte li aggravano, rendendo ancora meno collaborativo e recettivo l’anziano.
“È molto importante – insiste lo psicoterapeuta – che si comprenda che la persona anziana adotta, suo malgrado, questi comportamenti regressivi e difensivi per il mantenimento del suo fragile equilibrio psichico, convogliando le sue residue capacità verso le funzioni psichiche primarie e abbandonando le azioni psichiche secondarie. Comprendere queste modalità è importante per dare una risposta e un senso ad atteggiamenti che possono portare a conflittualità sempre più insanabili e a quadri patologici complessi”.
Il processo d’invecchiamento, fisiologicamente naturale, in determinati casi può assumere un’evoluzione patologica, degenerativa o vascolare, che si può aggiungere o sovrapporre a funzionalità nella norma. “L’approccio olistico – conclude Offer – che considera l’invecchiamento come un processo degenerativo progressivo e che giustifica la vulnerabilità fisica e psichica, aiuta a definire e adottare misure e atteggiamenti verso l’anziano più validi e integrati”. Interventi, s’intende, adattabili e programmabili sul soggetto, sulle sue abitudini pregresse, sulle sue capacità residue. Azioni che tengano conto della sua storia personale, dell’ambiente in cui vive, di chi si prende cura di lui. L’attivazione di tutte queste risorse emotive ed affettive produce di norma effetti benefici, apre nuove prospettive riabilitative, di integrazione o alternative a quelle farmacologiche, sempre tanto praticate e non sempre giustificate.
Ignazia Zanzi