I nemici della gola
Arriva l’inverno e le infiammazioni alla gola diventano un tema di attualità nelle conversazioni quotidiane. Le sale d’aspetto dei medici iniziano ad affollarsi e, intanto, qualcuno propone i vecchi rimedi della nonna. Per approfondire questo tema abbiamo intervistato il dott. Stefano Rigo, uno specialista nel campo della otorinolaringoiatria.
Domanda: Cosa succede alla nostra gola con i primi freddi?
Risposta: Durante gli sbalzi di temperatura la circolazione sulla mucosa risulta disomogenea; penetrano così nella nostra mucosa sana delle goccioline di saliva contenenti virus provenienti dalla bocca o dal naso di altre persone, queste attecchiscono sviluppando così l’infezione. Ciò avviene attraverso virus e batteri, ma generalmente essi sono facilitati nell’ingresso per l’irritazione della mucosa dovuta a polveri di vari generi (ad esempio i gas di scarico, le cosiddette “polveri sottili”). L’infezione può giungere attraverso il naso o attraverso la bocca e si manifesta in varie forme: può esserci il raffreddore o la faringite, la faringo-laringite o la laringite, e talvolta come prima complicanza anche la tonsillite. In pratica, prima o dopo, tutte le alte vie respiratorie vengono interessate da queste patologie.
D: Ci può spiegare meglio quali sono le differenze tra queste varie tipologie infiammatorie?
R: Il raffreddore interessa il naso e il rinofaringe: in questo caso il disturbo non è molto importante perché c’è soltanto qualche linea di febbre e si è soggetti a rinorrea, ossia delle secrezioni sierose che espelliamo soffiando il naso ma che possono scendere anche da dietro, seguendo il rinofaringe e l’ipofaringe; per questo motivo, qualche volta compare la tosse o un senso di fastidio alla gola. Talvolta, invece, ci sono delle infiammazioni che interessano la faringe: questa diventa particolarmente delicata e magari le condizioni climatiche peggiorano la situazione contribuendo all’attecchimento del germe con conseguente insorgere dell’infezione (faringite). Alcune volte la faringite si complica in tonsillo-faringite perché l’infiammazione della faringe va a coinvolgere le tonsille. La faringite provoca il classico mal di gola, quello che, per intendersi, sentiamo in particolare con la deglutizione e contribuisce alla presenza di uno stato febbrile. La laringite, invece, interessa le corde vocali e provoca la raucedine, in gergo medico disfonia/afonia, cioè l’abbassamento della voce: uno dei sintomi più eclatanti della laringite, infatti, è la riduzione o la perdita della voce.
D: Una laringite può diventare cronica?
R: Le laringiti devono essere molto frequenti e recidivanti per sviluppare una cronicità. La laringite cronica, infatti, non è una laringe sempre infiammata ma una laringe che a seguito di tantissime infiammazioni ha perso la capacità fonatoria. In alcuni casi è divenuta asimmetrica o si è deformata o ha sviluppato una strategia che non le consente di mantenere la propria funzionalità a lungo. Si può arrivare, con una certa frequenza, alla formazione di piccolissimi “calli” da contatto sulle delicatissime corde vocali che, provate dal continuo traumatismo vocale, s’induriscono in modo simmetrico: si sono formati i noduli della corda vocale.
D: Quindi il mal di gola non è l’unico sintomo per una cronicità della laringite?
R: Assolutamente no, si parla soprattutto di disfonie, cioè abbassamenti di voce frequenti. Queste possono verificarsi, in assenza di mal di gola o sindromi da raffreddamento, anche nei casi in cui si parli a lungo o si entri in un ambiente fumoso: il fumo, infatti, provoca un’immediata congestione della laringe, e se questa è asimmetrica la voce si abbassa immediatamente.
D: Non ci si deve allarmare, quindi, per un po’ di mal di gola stagionale…
R: Solo quando la disfonia non si risolva entro 8-10 giorni è consigliabile andare da un medico specialista otorinolaringoiatra, che valuterà il caso con esami accurati, come l’endoscopia a fibre ottiche.
D: Come si possono curare i “mal di gola”?
R: Nelle forme virali la guarigione avviene grazie ai meccanismi di autodifesa dell’organismo; si assumono dei farmaci che sono “sintomatici” cioè vanno a ridurre i sintomi. Nelle forme batteriche, invece, è indispensabile l’antibiotico. In entrambi i casi vengono consigliati gli antinfiammatori, sia per via orale, ma anche attraverso via aerosolica; in quest’ultima situazione si fa uso di cortisonici come il flunisolide o il beclometasone. Se poi il quadro clinico è accompagnato da episodi febbrili si aggiungono gli antipiretici come il paracetamolo.
D: Che tipo di aerosol è consigliabile?
R: I normali aerosol, quelli pneumatici, sono sempre i migliori. Si è visto che l’ultima generazione di aerosol, quelli ad ultrasuoni, è sconsigliata anche dalle stesse case farmaceutiche, che nella scheda tecnica del prodotto riportano di evitare l’aerosol ad ultrasuoni. Sembrerebbe che per alcune categorie di farmaci gli ultrasuoni facciano precipitare le sospensioni e vengano sconsigliati nelle soluzioni per una questione di surriscaldamento.
D: In conclusione, quando è il caso di rivolgersi al proprio medico curante senza andare ad intasare inutilmente gli ambulatori?
R: Dipende dal buon senso. Ognuno conosce il sintomo “mal di gola” e l’effetto che ha su se stesso, e ognuno dovrebbe sapere quando utilizzare l’antifebbrile o l’antinfiammatorio in base alle proprie esperienze. Chiaramente, se le condizioni di malessere superano i 2 giorni, è indispensabile rivolgersi al medico curante o allo specialista. In linea di massima bisogna rivolgersi al medico quando la severità del mal di gola, la presenza di tonsille molto infiammate e voluminose, la febbre insistente durino per più di qualche giorno.
Elena Miserocchi