Borreliosi di Lyme: allarme giustificato?
L’approssimarsi della bella stagione, con la conseguente abitudine a passeggiate ed escursioni in ambienti boschivi, rende utile aggiornarsi su una delle malattie trasmesse più frequentemente dalle zecche: la Borreliosi di Lyme (o malattia di Lyme).
Le zecche sono parassiti ematofagi, di mammiferi, roditori, uccelli, anfibi e rettili, mentre l’uomo rappresenta un ospite occasionale; sono vettori di vari agenti patogeni di natura virale (Arbovirus, agente dell’Encefalite da zecche o TBE o FSME), batterica (Ehrlichia, Anaplasma, Borrelia) e protozoaria (Babesia).
In Italia, come in altri Paesi europei, è molto diffusa la zecca Ixodes ricinus, la quale è dotata di elevata plasticità, che le consente di diffondersi e vivere in diverse condizioni climatiche ed a differenti temperature, pur preferendo ambienti umidi e ombreggiati (ideali i margini di boschi con vegetazione medio bassa ed erba incolta), mentre è raramente presente al di sopra dei 1500 metri; tale zecca presenta inoltre una bassa specificità, che le consente di attaccare numerose specie animali tra cui l’uomo. Questa zecca dura è il vettore di un’infezione denominata Borreliosi di Lyme. La percentuale di zecche infette varia nelle diverse aree endemiche, e la loro diffusione è strettamente correlata all’incidenza della malattia.
Le zecche possono pungere in ogni periodo dell’anno, tuttavia si rilevano dei picchi stagionali di densità: uno principale in primavera ed uno secondario in autunno. La diversa stagionalità potrebbe essere dovuta a fattori di tipo microclimatico legati ai diversi habitat vegetativi. La dinamica stagionale può presentare variazioni anche notevoli in una medesima area nel corso di anni diversi, essendo essa fortemente influenzata dalla temperatura e soprattutto dall’umidità relativa, che agisce come il principale condizionatore dell’equilibrio idrico della zecca.
Non sempre la puntura di zecca causa la Borreliosi di Lyme: l’evidenza patogena dipende dalla percentuale di zecche infette presenti nell’area geografica e da altri fattori come il tempo intercorso tra il morso e la rimozione della zecca. Il Friuli Venezia Giulia è un’area endemica, e nel 1993 la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha deliberato l’istituzione del Centro regionale di riferimento per la malattia di Lyme, presso la Clinica Dermatologica dell’Università degli Studi di Trieste. Nel corso dell’anno 2005 il sistema regionale di sorveglianza delle malattie infettive ha registrato 44 casi di malattia di Lyme, di cui 23 risultano caratterizzati dalla sola lesione eritematosa (eritema migrante), 18 evidenziano la comparsa di artralgie e 3 casi riguardano complicanze neurologiche (neuroborreliosi). Negli anni 2002, 2003 e 2004 i casi di malattia di Lyme registrati in regione sono stati rispettivamente 85, 22 e 123, mostrando notevoli variazioni annuali attribuibili solo in parte a fattori climatico-ambientali, che incidono sulla numerosità della popolazione delle zecche; tuttavia, è verosimile che i casi effettivi siano ben più numerosi.
La Borreliosi di Lyme è una malattia infettiva che può interessare vari organi e che si sviluppa in più fasi. La fase iniziale interessa la pelle, generalmente non è grave se viene trattata precocemente. In altri casi, se non viene adeguatamente curata, può evolvere in fasi successive, anche a distanza di mesi o anni. Le fasi tardive possono essere molto gravi, causando importanti affezioni della pelle, disturbi alle articolazioni, al sistema nervoso, al cuore o agli occhi.
Per approfondire e comprendere meglio alcuni aspetti di questa malattia abbiamo intervistato il professor Giusto Trevisan, direttore della Clinica Dermatologica dell’Università degli Studi di Trieste, che ha segnalato i primi casi di malattia di Lyme nella nostra regione.
Come si manifesta la Borreliosi di Lyme?
“Il segno più frequente e caratteristico, ma non sempre presente, è un arrossamento della pelle, localizzato nella sede cutanea colpita dalla puntura della zecca, che tende lentamente ad espandersi. È il cosiddetto eritema migrante, segno clinico della manifestazione precoce e localizzata, che compare dopo 5-30 giorni intorno al morso della zecca. Può esprimersi e associarsi con altri sintomi generali modesti, come febbre e astenia. L’evoluzione della fase precoce può prevedere manifestazioni disseminate, che intervengono entro settimane o mesi dall’infezione, a carico di vari organi con eritemi diffusi e multipli (non centrati dal morso di zecca), il linfocitoma borreliosico cutaneo, disturbi a carico delle articolazioni, del sistema nervoso, del cuore, dell’occhio. L’artrite di Lyme interessa una o poche articolazioni in maniera asimmetrica, con episodi mioartralgici della durata di pochi giorni, per poi ripresentarsi a carico di un’altra articolazione 15-30 giorni dopo; spesso il primo episodio artralgico avviene in prossimità dell’eritema migrante; se la forma non viene curata l’artrite tende a diventare più frequente e continua. Le manifestazioni neurologiche (neuroborreliosi) possono presentare sintomi subdoli, intermittenti, che sul piano clinico possono assomigliare a numerose affezioni neurologiche di altra natura: questo fatto è valso alla malattia di Lyme l’appellativo di «Grande Simulatrice». Accanto a cefalea, disturbi cognitivi recenti, meningoradicoloneuriti, paralisi del nervo facciale, si possono verificare disturbi psichiatrici come ansia e attacchi di panico non giustificati. Le complicanze cardiache (aritmie, miocarditi e pericarditi) e dell’occhio possono comparire in una percentuale dell’1-2% da uno ad alcuni mesi o anni dal contagio. In una limitata percentuale di casi dopo un periodo di latenza più o meno lungo, la Borreliosi di Lyme può sviluppare la forma cronica a carico della pelle, delle articolazioni, del sistema nervoso. Negli ultimi anni sono state identificate più specie di Borrelia in grado di causare la malattia di Lyme. Tra queste citiamo: l’originaria Borrelia burgdorferi, dal nome del suo scopritore Willy Burgdorfer, la quale è più frequente negli Stati Uniti e causa soprattutto artrite; la Borrelia garinii, diffusa nel centro Europa, che interessa soprattutto il sistema nervoso; e la Borrelia afzelii, diffusa nella nostra regione, la quale è responsabile delle affezioni cutanee tardive. Accanto a queste Borrelie, recentemente ne sono state identificate numerose altre specie, le quali hanno notevole interesse per i sintomi e la diffusione della malattia di Lyme”.
Come si riconosce e come si diagnostica?
“La diagnosi di Borreliosi di Lyme è fondamentalmente clinica, come ha sempre sottolineato già 23 anni fa Willy Burgdorfer, e viene posta in base ai seguenti criteri: anamnesi positiva per puntura di zecca, residenza o soggiorno in area endemica, presenza di un Erythema migrans in atto o pregresso, e altre manifestazioni cliniche correlabili a Borreliosi di Lyme. La diagnosi può essere resa più difficile dalla presenza di sintomi correlabili ma poco specifici. In un secondo momento, per la conferma clinica è utile il riscontro di una sierologia positiva, o di altri esami di laboratorio più sofisticati (in alcuni casi selezionati) quale il test di amplificazione genica e l’esame culturale. Gli esami sierologici indicati consistono nel test ELISA per la dimostrazione di anticorpi anti-Borrelia, e successivo test Western-Blot (WB) in caso di risultato positivo. I test sierologici non sono sempre in grado di confermare o escludere in modo definitivo la diagnosi in quanto la sieropositività non implica necessariamente che il paziente sia affetto da malattia di Lyme, ma più in generale che ci sia stato un contatto con una zecca portatrice della Borrelia. La negatività non esclude la presenza di una malattia di Lyme recente (la risposta è negativa nella metà dei casi di eritema migrante), ma di norma esclude una malattia di Lyme di vecchia data attiva. La Borrelia mette in atto numerosi meccanismi per sfuggire al sistema immunitario. Tra questi la proteina VlsE (Variable major protein-like sequence Expressed), che riesce a variare la sua struttura antigenica esterna, eludendo così la risposta immunitaria, ed è presente soltanto in caso di infezione. Questo antigene, di recente identificazione, oltre ad essere un efficace sistema di sopravvivenza della Borrelia, si è rivelato molto importante nella diagnostica della malattia di Lyme. Infatti, il test ELISA preparato con questo antigene si è rivelato altamente sensibile e soprattutto specifico, al punto da poter talora sostituire, da solo, la procedura a due test (ELISA e Western-Blot) finora ritenuta la più predittiva. Questo test risulta inoltre molto utile nel follow-up della malattia e nella valutazione dell’efficacia della terapia effettuata”.
Esistono delle linee guida?
“La terapia antibiotica preventiva dopo il morso della zecca, e l’esame sierologico non sono indicati. È importante informare il paziente dei sintomi più comuni, in caso di infezione borreliosica, che possono insorgere nei due mesi successivi alla puntura. Inoltre, si deve precisare che la Borreliosi di Lyme non determina sviluppo di immunità assolutamente protettiva, e quindi l’infezione può essere contratta – benché raramente – più di una volta”.
Come si cura la Borreliosi di Lyme?
“Con una terapia antibiotica adeguata e iniziata tempestivamente alla comparsa dei primi sintomi. La diagnosi precoce e una pronta terapia sono le migliori garanzie per ottenere nella maggioranza dei casi una completa e definitiva guarigione. Nel caso che compaia l’eritema migrante, questo aspetto è sufficiente per diagnosticare l’avvenuta infezione: non è indispensabile effettuare l’esame sierologico e va instaurata una terapia antibiotica con amoxicillina oppure con doxiciclina; nelle forme tardive e croniche vengono di solito utilizzati il ceftriaxone e, in alcuni casi, la penicillina G ad alte dosi per via endovenosa. Il follow-up prevede ogni 6 mesi una valutazione clinica e l’effettuazione della sierologia con VlsE, che va interpretata. Occorre precisare che in alcuni pazienti, anche dopo un’adeguata terapia, non c’è guarigione. Questo può succedere in soggetti geneticamente predisposti, nei quali la Borrelia riesce a sfuggire alla terapia antibiotica, oppure quando si siano innescati meccanismi autoimmunitari, indotti dalla Borrelia, che fanno persistere i sintomi della malattia anche dopo la guarigione microbiologica. In altri casi ancora si verifica una coinfezione causata da Borrelia e da un altro agente infettivo spesso pure trasmesso dalla zecca, per cui curata la Borreliosi permangono i sintomi dell’infezione associata”.
Esiste un vaccino per la Borreliosi di Lyme?
“La vaccinazione con la proteina di superficie A è stata utilizzata negli Stati Uniti, ma attualmente è stata abbandonata. È verosimile che in futuro vengano studiati nuovi vaccini”.
Nell’ottica della prevenzione, ci sono delle norme di comportamento che si possono consigliare?
“Il modo più efficace per limitare l’infezione e le possibili conseguenze è quello di educare chi frequenta le aree endemiche: quando ci si addentra in aree boschive bisogna usare vestiti chiari, che consentono una migliore individuazione delle zecche, e piuttosto spessi con calzature serrate alle caviglie e maniche lunghe chiuse ai polsi. Dopo la gita in una di queste zone, si deve effettuare un’attenta osservazione sui vestiti e sulle aree cutanee esposte, così da consentire la rimozione precoce di eventuali zecche, utilizzando una pinzetta, la quale non deve schiacciare la zecca, ma afferrarla nel punto in cui inserisce l’apparato boccale nella cute; la ferita va poi disinfettata. Il rischio di trasmissione di agenti infettivi, infatti, è tanto minore quanto più breve è la permanenza del parassita nella cute”.
Ignazia Zanzi
Le precauzioni da adottare
Dopo una passeggiata in aree a rischio di infezione, la ricerca delle zecche sul corpo e la loro pronta rimozione è probabilmente il più importante ed efficace metodo di prevenire l’infezione. Almeno per quanto riguarda la malattia di Lyme, dove la trasmissione dell’agente infettivo avviene dalle 36 alle 48 ore successive al momento dell’attacco di una zecca infetta; altre infezioni, come per esempio l’Ehrlichiosi umana granulocitaria (HGE), si trasmettono invece molto precocemente, circa 8-24 ore dall’attacco della zecca infetta.
La prevenzione di tutte le infezioni trasmesse da zecche si basa soprattutto sulle misure di protezione individuale e comportamentale che così si possono sintetizzare:
- utilizzare abbigliamento di colore chiaro, pantaloni lunghi rimboccati nelle calze di tessuto a maglie strette, camicie a manica lunga, scarpe chiuse;
- camminare al centro di sentieri già battuti e non addentrarsi dove l’erba è alta;
- spazzolare gli indumenti prima del rientro nelle proprie abitazioni;
- controllare minuziosamente, soprattutto quando si ritorna da una passeggiata in un’area a rischio, tutto il corpo (anche testa, capelli, schiena) per verificare se qualche zecca è rimasta attaccata.
Molto si può fare per ridurre il rischio di infezione anche a casa propria, se si possiede un giardino: basta rimuovere le foglie cadute, evitare le cataste di legna e tenere ben falciata l’erba del prato.