Assistenza agli anziani: meglio tra le mura domestiche
L’aumento della vita media ha portato ad un incremento del numero delle persone anziane ed alla conseguente moltiplicazione di richieste di prestazioni e servizi adeguati a questa fascia d’età.
L’assenza, molto frequente, di una famiglia attiva (a volte impossibilitata ad occuparsi adeguatamente dell’anziano), di reti amicali, di buon vicinato, quando ancora la povertà, l’esclusione e la solitudine, hanno stimolato e continuano a stimolare, di necessità, il ricorso e la delega alle istituzioni, e conseguentemente la deresponsabilizzazione del singolo e della collettività.
Si è consolidato, in un recente passato, un elevato ricorso al ricovero della persona anziana nelle case di riposo. Questa opzione è stata sostenuta da difficoltà rilevanti nel reperire risorse utili a sostenere l’intervento domiciliare tempestivo e continuativo nel tempo, come pure dalla mancanza di strumenti amministrativo-procedurali agili di supporto.
Paradossalmente si rivela “più semplice” il ricorso ad una casa di riposo nel caso di un anziano con autonomia limitata o compromessa, nonostante il costo delle rette e il cambiamento radicale di vita cui egli va inevitabilmente incontro, piuttosto che il farlo rimanere nella propria casa adeguatamente assistito. Sono tante le ragioni a sostegno di una vera e propria inversione di tendenza: l’istituzione annienta l’individualità, rompe i legami con il proprio passato e un dopo, omologa gli ospiti, attutisce le differenze. Di istituzione ci si può ammalare. Nell’istituzione si vive peggio e si muore prima.
Aggiungere vita agli anni e non solo anni alla vita è diventato un imperativo valido non solo per le cure mediche e riabilitative, ma anche per l’approccio globale dell’assistenza alla persona tra le mura della sua casa e nel contesto di vita allargato. Poiché è comprovato il beneficio derivante alle persone anziane, o inferme, dall’opportunità di rimanere, benché sofferenti e bisognose di cure, presso la propria abitazione, esse devono, possibilmente, continuare a vivere a casa loro, regolarmente assistite.
In alternativa alla cultura ancora dominante dell’istituzionalizzazione, va sviluppato l’intervento della domiciliarità: risorse fruibili in tempi rapidi, diritti di scelta dei cittadini, supporti amministrativo-burocratici necessari, assistenza nelle 24 ore, risposte all’emergenza sociale.
La permanenza nella propria casa è possibile qualora si possa contare su una famiglia attiva di riferimento responsabile e su del personale deputato all’assistenza. Solo in questo caso l’assistito avrà le prestazioni che gli consentono di condurre un’esistenza sicura e libera, pur se parzialmente protetta. L’impossibilità per i componenti del nucleo familiare di assolvere le mansioni di cura e assistenza all’anziano, per lavoro o per altre ragioni date dal vivere quotidiano, ha fatto lievitare la ricerca di personale professionalmente specializzato: le cosiddette badanti o assistenti domiciliari.
In questa maniera viene salvaguardata l’unità familiare, evitando l’emarginazione degli elementi più deboli e lo sfaldamento anche temporaneo del nucleo. È favorita la permanenza della persona nel proprio ambiente naturale e le si conservano, per quanto possibile, ruoli e responsabilità. Chi affianca l’anziano, assistendolo, svolge molto più di un ruolo di supporto ai bisogni e alle necessità domestiche: compie con lui un tratto di strada, condividendolo, ascoltando le paure, aiutandolo a gestire al meglio le ansie e le preoccupazioni del quotidiano.
Se l’obiettivo fondamentale è la promozione dell’autonomia della persona, la valorizzazione e il mantenimento delle possibilità di autonomia e abilità residue, che la situazione consente, l’assistente deve assicurare caratteristiche personali che non possono non presupporre la professionalità, ma che vanno oltre. Devono entrarci disponibilità umana e dedizione per supportare psicologicamente tutti i soggetti coinvolti, per realizzare la personalizzazione delle prestazioni. Si deve assicurare nel tempo la continuità dell’assistenza se si vuole evitare l’ospedalizzazione o il ricovero in istituto, qualora non indispensabili.
Questo tipo di assistenza ha un costo, e l’assegno di cura pare essere una misura non sufficientemente adeguata a supporto di situazioni fragili economicamente e di non autosufficienza. Un’ingiustizia che aggrava un disagio. Se l’obiettivo prossimo è garantire la permanenza a domicilio dell’anziano, le risorse devono essere immediatamente fruibili, a misura dei bisogni del singolo.
Lo strumento dell’assegno di cura deve essere rivisto, reso appropriato alla tutela del singolo, della personalizzazione dell’intervento e del rispetto delle libertà individuali, nonché di stimolo all’attivazione e assunzione di responsabilità; e non da ultimo di conoscenza, contro inutili sperperi, del costo reale di un programma d’intervento.
Ignazia Zanzi