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Dipendenza da alcol: la droga più diffusa e di facile accesso

 |  Redazione Sconfini

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’alcool provoca il 10% di tutte le malattie, il 10% dei tumori ed il 63% delle cirrosi epatiche. Ma non solo, determina anche tutta una serie di comportamenti anti-sociali, aggressioni, furti, vandalismi, il 41% degli omicidi, il 45% degli incidenti automobilistici e il 9% delle invalidità. In Europa l’alcool è la terza causa di morte e la prima nei ragazzi fra i 15 e i 29 anni. Per quanto riguarda la nostra regione, il Friuli Venezia Giulia ha il triste primato nazionale della mortalità giovanile sulle strade. Per l’80% dei giovani, infine, bere è normale ed è considerato parte di un comportamento che avviene in circostanze conviviali.

 

Numeri, quelli appena riportati, che non possiamo assolutamente ignorare e che ci forniscono un quadro abbastanza completo dei rischi e delle conseguenze provocate dall’uso ed abuso delle sostanze alcoliche. “Trasgredire, per i più, è solo un rito di passaggio – afferma la dottoressa Monica Stocchi, psicologa e psicoterapeuta – e molto spesso c’è un allarmismo eccessivo sui rischi a cui sono esposti gli adolescenti”. “I comportamenti trasgressivi o pericolosi – aggiunge – non rappresentano normalmente condotte abituali, ma esperienze di breve durata per mettere alla prova se stessi e sfidare il mondo degli adulti. Questa fase di “esperienza”, dell’eccesso e della negatività viene, nella maggior parte dei casi, abbandonata entro breve, ma ci sono sempre le eccezioni, che portano ad esempio alle stragi del sabato sera”.

 

La globalizzazione dei media e dei mercati condiziona sempre di più le percezioni, le scelte ed i comportamenti dei giovani e meno giovani verso l’alcool. Molti adolescenti oggi hanno più disponibilità economiche e sono più influenzabili dalle tecniche di vendita e di commercializzazione, divenute più aggressive ed “ingannatorie” dato che tendono a non mettere nel giusto risalto l’alcolicità di quella che sembra a prima vista una bibita alla frutta. Una fonte di grande preoccupazione sono gli sforzi fatti dai produttori di bevande alcoliche per promuovere i loro prodotti tramite la cultura dello sport e dello spettacolo o per mezzo di importanti attività di commercializzazione e patrocinio. Infatti, grandi campioni e personaggi televisivi e musicali pubblicizzano bevande alcoliche con l’inevitabile ricaduta sugli adolescenti.

 

Questi prodotti vengono presentati in modo superficiale e seducente, in bottiglie belle e colorate e con slogan che invitano i ragazzi a consumarli. La legge prevede che ai minori di 16 anni sia vietato somministrare alcolici anche se a bassa gradazione, ma questa legge viene veramente rispettata da tutti?

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Ad esempio, a Trieste la mortalità tra i giovani a causa dell’alcool è doppia rispetto alle altre città del Friuli Venezia Giulia; inoltre la fascia di età in cui gli adolescenti si avvicinano all’alcool va dai 10 ai 13 anni (fonte: Ministero della Sanità). “Questi dati – sottolinea la dottoressa Stocchi – sono inquietanti se si pensa che chi comincia a bere da bambino rischia di diventare dipendente, sentendo il bisogno di bere in maniera spropositata in quanto il fisico, essendo abituato ad assumere queste sostanze, ha una reazione più ritardata”.

 

Un libro che ha ben analizzato i comportamenti a rischio degli adolescenti attraverso un campione di 4.000 ragazzi di età compresa tra i 14 e i 19 anni è “Il fascino del rischio negli adolescenti” (ed. Giunti). Questo libro offre, da un punto di vista sanitario, un messaggio chiaro: non esiste un elemento scientifico che stabilisca un limite sicuro nel consumo di alcool, soprattutto per i bambini e i giovani adolescenti, che costituiscono i gruppi più vulnerabili. Molti bambini sono spesso vittime delle conseguenze del consumo d’alcool di altre persone, spesso membri delle loro stesse famiglie, che provocano separazioni familiari, problemi economici ed emotivi, abbandoni, maltrattamenti e violenze. Le politiche sanitarie riguardanti l’alcool devono essere guidate dagli interessi della sanità pubblica, senza interferenze di interessi commerciali.

 

Il costo sanitario, sociale ed economico per i problemi causati dall’alcool rappresenta un grave peso per la società. A Trieste opera uno dei Dipartimenti regionali (Dipartimenti delle Dipendenze) che lavorano alla prevenzione, cura, riabilitazione e riduzione del danno nel campo delle sostanze legali e illegali: nato nel dicembre 1998, è diviso in due aree d’attività, l’Unità Operativa per la dipendenza da sostanze legali (alcool, fumo e gioco d’azzardo) e l’Unità Operativa per la dipendenza da sostanze illegali, e dispone di una struttura residenziale specialistica per la cura della dipendenza da alcool. “Per quanto riguarda i problemi alcolcorrelati, l’U.O. per la dipendenza da sostanze legali – spiega il suo responsabile, il dottor Salvatore Ticali – offre sia la possibilità di trattamenti residenziali per i casi più complessi, che semiresidenziali, ambulatoriali e serali. La metodica maggiormente applicata è quella di gruppo secondo l’approccio cognitivo comportamentale, ma offriamo anche interventi individuali, farmacologici e di agopuntura. Fin dal primo giorno del trattamento, l’utente e la sua famiglia entrano a far parte di un gruppo di auto-aiuto presente sul territorio che continueranno a frequentare anche dopo la conclusione del trattamento istituzionale”.

 

In realtà c’è bisogno di un intervento più decisivo ed ampio. Un decreto approvato dalla Camera e ratificato definitivamente dal Senato, già in vigore dal mese di ottobre 2007, stabilisce che tutti i locali di intrattenimento e spettacolo non possono più servire alcolici dopo le due di notte. Tutti i titolari e i gestori devono attenersi a tale decreto: per tutti i trasgressori è prevista la chiusura del locale da sette a trenta giorni. È previsto anche un alcool-test che può essere effettuato in maniera volontaria da parte dei clienti all’uscita del locale. C’è un punto però che sembra controverso. Il decreto fa riferimento ai locali dove si svolgono spettacoli di intrattenimento e quindi non dovrebbero rientrarvi i bar, dove invece molti giovani si dirigono prima di andare in discoteca. Questo provvedimento antialcool fa parte di un ben più ampio pacchetto sulla sicurezza che prevede pene più severe per chi guida in stato di ebbrezza. Le sanzioni previste per chi supera il tasso alcolemico di 0,5 grammi per litro variano a seconda di quanto è stato superato tale valore limite: nei casi più gravi, l’ammenda può arrivare fino a 6.000 euro, la sospensione della patente fino a 2 anni, l’arresto fino a 6 mesi.

 

Sulle recenti disposizioni legislative per cercare di arginare il fenomeno dell’abuso di alcool, le opinioni sono discordanti ed estremamente opposte. Molti giovani sostengono che le restrizioni possono far capire che ci si può divertire anche in altri modi, senza mettere in pericolo se stessi e gli altri. Altri invece dicono che chi vuole bere ed ubriacarsi lo farà lo stesso, acquistando gli alcolici al supermercato o portandoli da casa per consumarli nel corso della serata, con la conseguenza che i ragazzi potranno essere ubriachi già prima di mezzanotte, prima quindi di entrare in discoteca.

 

Rischiare la vita per “trasgredire” denota certamente una forte immaturità e anche l’incapacità di trovare gli stimoli per divertirsi, crescere e conoscere la meraviglia del mondo che ci circonda. Ne vale veramente la pena?

 

Martina Pluda

 

 

In collaborazione con Help!

 

 


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