Il Sole è il futuro dell’energia
I pannelli solari rappresentano una possibilità concreta per far risparmiare al cittadino i soldi della bolletta (usare l’acqua scaldata dal sole costa molto meno di quella scaldata dal gas) e per salvare l’ambiente dall’immissione nell’aria di polveri inquinanti. Detto così, non sembra ci siano dubbi: usare l’energia solare è cosa buona e giusta. Eppure…
Tra il dire e il fare come sempre c’è di mezzo la burocrazia. Per poter dare il via ai lavori di installazione, grazie alla Legge Regionale n. 5/2007 che all’art. 39 comma 6 ha recepito la Direttiva comunitaria 2006/32/CE, si è aperto un varco alla semplificazione. Ovvero coloro che desiderano munire le proprie abitazioni di pannelli solari possono autonomamente, senza richiedere autorizzazioni, far partire i lavori. Tiriamo quindi un sospiro di sollievo? Non proprio, perché la volta in cui l’edificio su cui si vogliono porre i pannelli solari è sottoposto a vincolo paesaggistico, l’iter si allunga, e non di poco. Va da sé che è molto più frequente incorrere in queste lungaggini nelle zone in cui tali vincoli sono più numerosi. Il caso di Trieste è emblematico, in quanto la zona carsica e i molti edifici d’epoca della città rientrano in questa categoria dei beni tutelati.
Avremmo voluto fornirvi dati precisi relativi al numero di richieste di autorizzazioni giunte nel corso del 2007 al Comune di Trieste. Purtroppo questo dato non è immediatamente disponibile perché tali procedimenti non vengono archiviati per tipo di richiesta. Abbiamo quindi inoltrato un fax all’Area competente che si è impegnata a comunicarci i dati appena possibile. L’occasione è stata comunque utile a scoprire che la città è divisa in zone e che ognuna di esse ha un geometra responsabile di tali procedimenti. Insomma ognuno dovrà, e ne apprezziamo anticipatamente la disponibilità a collaborare, riguardare pratica per pratica e tirare giù il dato che ci interessa. Vi terremo informati.
“La legge regionale – spiega un funzionario della Soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio del Friuli Venezia Giulia – non è perfetta, nel senso che non contempla il piano paesaggistico. Per questo motivo, la lacuna legislativa regionale viene colmata dall’intervento della Soprintendenza”. Pertanto, qualora il cittadino possieda un’abitazione inserita in un contesto sottoposto a vincolo di tutela paesaggistico, deve fare richiesta di autorizzazione presso il Comune, ente che ha la delega da parte della Regione per verificare che l’istanza del proprietario sia compatibile con quanto previsto dal piano regolatore del Comune stesso.
Parliamo di tempi: il Comune è chiamato ad esprimere il suo parere sulla richiesta del cittadino, e quindi a dare o negare l’autorizzazione, entro 30 giorni. A questo punto tale documento viene inviato al richiedente e per conoscenza alla Soprintendenza. Quest’ultima invece ha a disposizione 60 giorni per eventualmente porre il veto. Se invece non si ravvisano motivi per bloccare l’inizio dei lavori, vale la regola del silenzio assenso. A questo punto la pratica ritorna al Comune che ha 20 giorni per redigere l’autorizzazione. Quindi il richiedente deve attendere altri venti giorni prima di dare avvio ai lavori. Nel caso in cui il Comune non faccia pervenire l’autorizzazione, il cittadino può allora rivolgersi direttamente alla Regione, dove una commissione ad acta ha a sua volta 60 giorni di tempo per esprimersi. Insomma: solo per sapere se si possono installare i pannelli solari ci vogliono circa tre mesi, mentre per far partire i lavori quasi quattro. Se poi l’iter incontra le difficoltà suddette, il numero di giorni complessivo sale a 170, ovvero quasi sei mesi.
Da queste prime osservazioni possiamo permetterci una riflessione. La società attuale sembra sentire forse come non mai la necessità di attingere a fonti energetiche alternative rispetto a quelle fornite dai combustibili fossili, in particolare dal petrolio. Questa sensibilità nasce sia dal desiderio di risparmiare economicamente (il costo del greggio continua a superare i suoi record) sia dall’aver riconosciuto come obiettivo non procrastinabile la limitazione delle emissioni inquinanti nell’aria. In altre parole proteggere l’ambiente significa proteggere contemporaneamente la nostra salute e il nostro portafoglio. Tutto bene e logico, nonché sottoscrivibile. Perché allora quando si parla di tutelare l’ambiente dobbiamo trovarci nell’ingrata posizione di rischiare di essere contro la bellezza del paesaggio? Possibile che bello e pulito non vadano d’accordo? O ancora: è accettabile che bellezza e salute fisica possano trovarsi in posizioni contraddittorie?
Ma torniamo alle difficoltà burocratiche. Un mese per avere l’autorizzazione comunale non è poco. E non sono pochi neanche i 60 giorni necessari alla Soprintendenza per dare, nella migliore delle ipotesi, il suo beneplacito. A questo si aggiunga che per ottenere le agevolazioni fiscali consentite dalla legge bisogna rivolgersi anche ad altro ente. Il cittadino insomma è costretto a girare da uno sportello all’altro, come del resto la sua pratica, che deve essere analizzata da più uffici che a volte hanno difficoltà a comunicare tra loro, il che comporta non pochi grattacapi per chi ha semplicemente deciso di istallare pannelli solari. È bene allora cercare di individuare una soluzione, con lo scopo di semplificare la vita del cittadino che, in questo caso, vuol fare del bene a se stesso ma anche alla comunità in cui vive, riducendo in misura sostanziosa le immissioni di polveri sottili nella zona dove risiede. A lui quindi tutto il nostro sostegno.
Che fare allora? Se da un lato si vuole incentivare, tramite le agevolazioni fiscali, la diffusione dei pannelli solari, dall’altro il cittadino non viene facilitato nell’iter da seguire per installarli. Si tratta di una contraddizione evidente: si favorisce da un lato, si complica dall’altro. Perché, c’è da chiedersi, è necessario tanto tempo per emettere o negare un’autorizzazione? Una volta l’impiegato doveva passare fisicamente la pratica da un ufficio all’altro, il che giustificava, in qualche misura, il tempo necessario al perfezionamento del procedimento. Ma oggi siamo nell’era della telematica. Per far giungere al successivo anello della catena il documento, dovrebbe bastare un click, almeno così si crede. Forse si dovrebbe lavorare con più impegno in questa direzione, informatizzando adeguatamente gli uffici affinché la comunicazione tra di loro sia più rapida.
Ma veniamo all’altro punto: se la complicazione del passaggio da Comune a Soprintendenza trova la sua spiegazione in una carenza della legge, beh allora è il caso di colmare tale vuoto, indicando in modo preciso anche quali sono le caratteristiche che, nel caso specifico, deve avere l’impianto dei pannelli solari perché non deturpi il paesaggio. Già così per il cittadino vorrebbe dire risparmiarsi la fatica di dover attendere che la sua pratica passi per gli uffici della Soprintendenza e quindi ritorni a quelli del Comune. Forse con regole chiare e inequivocabili anche coloro che hanno la sfortuna/fortuna, a questo punto è soggettivo, di vivere in zone tutelate potranno evitarsi una lunga attesa e un risparmio di energie. In questo caso personali.
Tiziana Benedetti