1980-2007: interventi di edilizia e cantieri a Trieste
Negli anni Novanta sono stati numerosi gli interventi di ristrutturazione di scuole, musei e case di riposo; da ricordare in particolar modo le ristrutturazioni del Mercato Coperto di via Carducci e del Teatro Lirico Giuseppe Verdi. Nel restauro del Teatro Lirico, per far sì che la città non perdesse una stagione, uno spazio alternativo venne trovato e convertito in teatro: si tratta della Sala Tripcovich, nata come stazione delle autocorriere e divenuta in seguito un teatro a pieno titolo e grande godimento per la sua straordinaria acustica, tutt’oggi sede di numerose rappresentazioni.
È proprio la penultima amministrazione comunale ad aver portato la città a congedarsi da ciò che era in attuazione fino a una decina di anni fa, ovvero quasi duecento cantieri aperti dal Comune in una sinergia collaborativa tra tutte le aziende appaltatrici e le relative aree tecniche, riqualificando grandi contenitori culturali, progettando e realizzando la ripavimentazione per la pedonalizzazione di alcune delle più belle vie e piazze della città, una fra tutte quella di Piazza Unità d’Italia. L’impiego dei materiali e la loro posa non esattamente a regola d’arte hanno però già determinato numerosi interventi di manutenzione onerosa per la collettività.
Per cercare di far diventare la città più gradevole sotto l’aspetto abitativo, nel 2002 parte il concorso “Riprogettare la città moderna”, mirato alla riqualificazione dei quartieri di Borgo San Sergio e Rozzol Melara. Il concorso si rivolge agli studenti o ai giovani laureati in Architettura e Ingegneria con lo scopo di elaborare e raccogliere ipotesi di ristrutturazione di consistenti parti di città realizzate con l’intervento pubblico in diversi periodi del secondo Novecento.
“La riprogettazione del quartiere di Rozzol Melara, unitamente a quella di Borgo San Sergio – spiega l’amministratore dell’impresa di costruzioni Scarcia&Rossi, Dario Stocchi – sarebbe stata l’occasione per una riflessione più generale sulle condizioni di quelle parti di città che rappresentano significative testimonianze di politiche, culture e tecniche dell’epoca passata, e sulle quali appare oggi necessario avviare processi di riqualificazione”. “Le cose però – continua – non sono andate troppo bene per i due quartieri negli ultimi anni. La dispersione urbana e il fabbisogno abitativo sono stati, in particolare, le ragioni per la costruzione di Rozzol Melara, nel modo tipico degli anni ’70: il quartiere fu strutturato come una città autosufficiente. Nella fase progettuale, a questi tipi di spazi e alla loro fruizione era stato affidato il ruolo di formare e rappresentare nuove comunità di cittadini, ma la scissione tra la fase costruttiva dell’edificato e la realizzazione del progetto dello spazio aperto ed i servizi ad esso correlati nonché i collegamenti e i trasporti con il centro, non sono stati contestuali ed hanno determinato disagi e conflittualità sociali. Le carenze di attenzione e manutenzione ad esso attribuite, hanno spesso avuto riflessi negativi sulla qualità di tutto lo spazio abitabile, costruito e non. Oggi Rozzol Melara è l’edificio residenziale più grande di Trieste, con 2.500 abitanti e 468 appartamenti. Sarebbe vantaggioso per tutti renderlo parte del territorio ed adeguato per i suoi abitanti”.
L’ultima amministrazione comunale, invece, ha portato a compimento in maniera talvolta molto discussa la riqualificazione di piazza Vittorio Veneto, piazza Goldoni e la viabilità delle Rive oltre al viale XX Settembre ed altre aree pedonali. Il restauro della Pescheria, o Salone degli Incanti, ha dato alla città un meraviglioso contenitore, riportando parzialmente l’edificio alla sua bellezza originaria; purtroppo, però, la torre e l’ala che ospita l’acquario non sono stati restaurati. Non è stato quindi sviluppato un vero progetto di impiego dello stabile, che spesso è solamente un edificio vuoto e chiuso.
La riqualificazione delle Rive, secondo chi crede che sia stato un vero spreco l’avervi costruito un’autostrada con parcheggio fronte mare, doveva essere l’opportunità per una riprogettazione dello spazio e della funzione di un’area di grande utilizzo e godimento per l’intera cittadinanza, fulcro e aggregazione per il divertimento, la cultura, lo svago, lo sport ed il tempo libero, magari eliminando completamente dal fronte mare le auto offrendo parcheggi sotterranei alternativi.
Martina Pluda