Scuola e Università in campo contro i tagli
Si allarga a macchia d'olio la protesta del mondo della scuola e dell'università contro i tagli previsti dal decreto legge 137 e dalla legge 133. La scuola, dopo le proteste messe a segno nel giorno di apertura dell'anno scolastico scende in piazza sempre più compatta.
Oggi a Milano si è snodato un lungo corteo di studenti e insegnanti, ma anche operatori scolastici e precari del mondo della scuola. I punti di discussione si intrecciano: bocciatura con una sola insufficienza, irreversibile svilimento della scuola pubblica a favore di quella privata, reintroduzione del maestro unico, tagli al personale, tagli ai fondi, licenziamento di migliaia di precari sono alcuni temi che intrecciano destini e interessi trasversali.
A Roma, sit-in di protesta davanti al Ministero dell'Istruzione, condito da canti e cori contro la Ministro Gelmini
E siamo solo all'inizio: la protesta vivrà due momenti ancora più accesi il 17 ottobre (sciopero indetto dai Cobas) e a fine mese (sciopero della Cigl).
La Ministra è tranquilla: "Sono solo poche frange marginali a protestare". Intanto però alla scuola si aggiunge anche l'Università.
Con una mossa quasi inedita, docenti e presidi di facoltà hanno lanciato una raccolta firme contro la scure dei tagli previsti dalla legge 133 (ex decreto Brunetta) e proponendo il boicottaggio dell'apertura dell'anno accademico. "Niente inaugurazione dell'anno accademico in tutte le Università". Questa la minaccia.
Ma la protesta, che annovera tra i firmatari illustri professori come Bevilacqua, Asor Rosa, Vattimo e Curi, prende di mira anche la visione strategica dei tagli: riduzione del personale e dei ricercatori, accelerazione drammatica della fuga dei giovani, possibile addio a molte Università pubbliche che potranno con facilità diventare enti privati, ricambio generazionale azzerato (per cinque docenti in pensione, un solo nuovo assunto), tagli alla ricerca, che diventerà terra di conquista di privati e di interessi speculativi.
In totale, le stime dicono che i tagli in tre anni varranno 3 miliardi di euro e 87.000 posti di lavoro.
D'altra parte qualcuno il fallimento di Alitalia, e il regalo alla Cai di una compagnia aerea sanata dai debiti con i soldi dei cittadini, lo doveva pur pagare.