Io rubo, tu Ruby, noi Bunga Bunga
E' tornato Papi! E porta con sè una nuova ventata di adrenalinica perversione senile. Sempre minorenni discinte, come fu con Noemi, sempre regali costosi (sembra ci siano di mezzo 30mila euro di regalo in una busta e un'Audi R8) e sempre un parterre di specchiata moralità: Silvio Berlusconi, Emilio Fede e Lele Mora.
I tre vecchietti, stando alle dichiarazioni rilasciate alla Polizia dall'avvenente Ruby, diciassettenne di orgini egiziane, però non sembrano più accontentarsi di servire su un piatto d'argento sul lettone di Putin le scollacciate fanciulle.
I desideri del satrapo nostrano si colorano infatti di un nuovo elemento: il "bunga bunga". Si tratta, racconta Ruby, di una specie di danza propiziatoria che il libidinoso di Arcore apprezza molto e che prevede un gruppo di ragazzine (poco più che bambine) che ballano, ammiccano, si sfiorano peccaminosamente e si spogliano.
Che si tratti di sfruttamento della prostituzione con venature quasi pedofile sembra cosa pacifica, se la testimonianza di Ruby troverà riscontro, ma la cosa più interessante da notare forse è la scelta di quel nome per il ballo. Nella ripetizione della parola "bunga" c'è un che di atavico, di sprezzante, di tribale.
"Bunga bunga" racchiude la visione maschilista e misogina dell'entourage berlusconiano, forse anche un po' di sano razzismo in salsa padana. Una perversione primitiva di un'Italia che non distingue più il gesto etico da una pacca sul culo elargita da un ultrasettantantenne con le caramelle in tasca a una minorenne che è entrata in un mondo decisamente più grande di lei e che si sente dire dall'anziano: io rubo, tu Ruby, noi bunga bunga!
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foto tratta da Facebook