Le seduzioni del corpo
"Io non la toccavo, neanche la sfioravo, eppure il mio sangue e la mia anima si compenetravano in lei, come se la tenessi stretta tra le braccia. Un vento leggero accarezzava il suo corpo...".
Michele Lauria (L'amante assente)
Sulle spiagge aumentano sempre di più i centimetri di pelle esposta al sole. Seni e glutei si sprecano. È un segno di libertà o una mancanza di interiorità?
Gli abiti non servono solo per coprirsi ma anche per capire se stessi e per spiegare se stessi agli altri. I vestiti parlano di noi, della nostra personalità, delle nostre paure, della nostra sessualità: trasmettono messaggi, inviti, angosce, desideri, insicurezze. Non c'è dubbio che dal punto di vista psicosessuologico l'abbigliamento sia una realtà complessa, dotata di grandi potenzialità espressive e comunicative e su cui convergono aspirazioni, aspettative, desideri consapevoli ed inconsci.
Lungo tutto il percorso dell'umanità, l'abito ha avuto la doppia funzione di nascondere e proteggere il corpo, sia dalle intemperie che dagli sguardi (anche se mai dall'immaginazione), ma al tempo stesso anche di esibirlo, ispirando e guidando occhiate furtive e segreti pensieri. Sfruttare l'abito come strumento di seduzione significa puntare sulla sorpresa, sull'inatteso, sul non detto. Si può giocare sulla trasparenza, sul velo che mostra e nasconde allo stesso tempo. Oppure sul contrasto, su un abito severo indossato con biancheria sexy a vista, o ammiccare a quella latente bisessualità che c'è in ogni personalità dando un tocco di maschile all'abbigliamento femminile o femminilizzando appena quello maschile. È comunque sempre presente un'indubbia aura di erotismo, esotismo, esibizionismo.
Ma c'è un momento in cui voyeurismo, esibizionismo e narcisismo vengono messi in gioco in una reciproca complicità, un momento in cui il gioco di esibire i propri desideri sotto gli occhi di chi prova piacere a guardarli trova una sublimata legittimazione. Questo momento è l'estate, quando gli elementi primordiali (aria, acqua, fuoco e terra) riescono a far rivivere, nel corpo e nella psiche, tutta la loro forza, tutta la loro arcaica potenza. Mai come in estate questi elementi così tangibili, così presenti in tutta la loro fisicità, assumono un significato tanto simbolico. Lo sostenevano già i presocratici, grandi pensatori del passato, fino ad arrivare, in tempi più recenti, ad uno dei padri della psicoanalisi, C.G. Jung.
D'estate il corpo è costretto a sostituirsi all'abito, ad esporsi, a mostrarsi, spesso ad ostentarsi. E ad affrontare la storica contraddizione che lo considera come il polo opposto dell'anima con conseguente attribuzione, gratuitamente ingiusta, di valori negativi e peccaminosi. Regolato dalle diverse forme culturali e religiose della società, il corpo denudato esprime il suo segreto, il suo carattere confidenziale, il suo aspetto proibito. Ricorda che è fonte del peccato o dell'esaltazione erotica, provoca sogni immorali o sentimenti di venerata sacralità.
Il nudo è, dunque, natura e cultura, soprattutto quando la nudità non viene integralmente esibita ma lasciata intuire o intravedere. Allora le forme si esaltano e l'immaginario lavora: ciò che non si vede eccita quanto ciò che si vede. In questa relazione tra il visibile e l'invisibile, il corpo provoca, seduce, erotizza l'innocente naturalità e "naturalizza" la corruzione culturale esprimendosi in un linguaggio che anticipa la parola. Pensiamo a quanto, su una spiaggia, le persone entrano in contatto tramite la fisicità, attraverso i gesti, nelle posizioni e nell'atteggiamento che assumono.
Sfortunatamente oggi siamo costretti a confrontarci con l'immagine idealizzata della perfezione estetica del corpo proposta dai mezzi di comunicazione con il rischio di sentirci più frustrati e delusi che stimolati a migliorarci. Nel guardare il proprio corpo nudo molte persone cadono preda dell'ansia poiché sono abituate a giudicarlo e a confrontarlo con ideali spesso irraggiungibili. Saranno i quotidiani e assolutamente impietosi confronti con modelli, veline e show girl, saranno i calendari con i loro miracolosi "ritocchi" al computer, ma da una recente ricerca realizzata dall'Eurisko risulta che solo il 36% delle donne italiane si ritiene attraente per il proprio partner, mentre addirittura il 66% dichiara di non piacersi per niente. Questa insicurezza dilagante si traduce in un'incapacità di vivere pienamente la propria corporeità, con pericolosi riverberi anche sull'identità sessuale.
Solo in apparenza le persone sembrano oggi essere molto attente a se stesse e ai bisogni del proprio corpo, ma il più delle volte è un interesse superficiale che coinvolge solo l'aspetto più esteriore: non appena si tratta di entrare in confidenza con il proprio corpo in maniera più approfondita, innalzano barriere psicologiche davvero difficili da abbattere. Soprattutto nelle diverse dimensioni della vita sessuale è indispensabile accettare ed amare il proprio fisico. Noi siamo ciò che sentiamo di essere, siamo come noi ci vediamo e non come ci vedono gli altri. Insomma, siamo belli se ci piacciamo e brutti se siamo scontenti di noi stessi. È la percezione del proprio corpo e del proprio essere ciò che conta nel rapporto con gli altri: un corpo giudicato e criticato non può dare il piacere di un corpo accettato, amato e apprezzato. Ecco perché fin da piccoli bisogna imparare a guardarsi, a conoscersi, ad avere confidenza con la propria fisicità.
Del corpo non sono solo importanti le caratteristiche fisiche, così come possono essere misurate oggettivamente, ma molto più essenziale è come il corpo viene percepito, cioè la sua dimensione soggettiva. È piuttosto frequente vedere adolescenti "bellissimi" che, soggettivamente, si vivono come "deformi" perché sentono di avere un naso immenso, un seno enorme o un peso sproporzionato, caratteristiche che non corrispondono assolutamente all'osservazione esterna. Le caratteristiche del proprio corpo, che considerano imperfezioni, spesso non lo sono e anzi potrebbero addirittura diventare, nel futuro, delle armi di fascino e di seduzione.
Occorre quindi migliorare il proprio sex-appeal non solo perché è utile sotto un profilo di ordine sessuale ma soprattutto per migliorare le proprie possibilità di attrazione verso gli altri, per risvegliare l'interesse assopito di un partner, per sentirsi più sicuri di sé nella vita. Questo, però, senza scadere nella superficiale, quanto pericolosa, nevrosi della "cura del corpo perfetto", inteso come prototipo di bellezza ma irrimediabilmente statico, freddo, un corpo che non sembra portare con sé passioni, sentimenti, ricordi, esperienze, un corpo fuori dal tempo, perennemente uguale a se stesso.
Chi vuole migliorare il proprio sé deve sapersi porre davanti ad uno specchio con fiducia e senso critico: un sé forte è quello di chi si percepisce positivamente e quindi, serenamente, cerca la relazione con l'altro. È indubbio che qualche cosa del proprio aspetto potrà essere migliorato, ma l'impegno più forte riguarderà il profondo e avrà come asse di riferimento l'autostima. Chi non si stima non si apprezza: come può sperare che lo facciano gli altri? Se nella vita si è costretti a mimetizzarsi, se in una situazione di intimità l'attenzione è più focalizzata sull'estetica del proprio corpo piuttosto che sulle sue sensazioni, l'inibizione che ne seguirà impedirà di avere pieno accesso al piacere del momento.
Ciò che tutti desiderano per una vita sessuale soddisfacente non è lo "scaricare", durante l'atto sessuale, una pulsione o un desiderio ma l'incontro, lo scambio con un'altra persona perché solo desiderando l'altro e sentendosi al contempo oggetto del desiderio dell'altro si può scoprire ed esplorare se stesso come persona e indossare con eleganza il proprio corpo sessuato. La scoperta, naturalmente, non deve prescindere dalla conoscenza. Stabilire una buona confidenza con il proprio corpo è fondamentale per una vita sessuale ricca e appagante. Percepirsi, toccarsi, riconoscere la propria corporeità e la propria pelle, capire quale sia la geografia delle proprie zone sensibili e quali sono i gesti e le situazioni che portano al piacere, è assolutamente indispensabile per vivere al meglio la propria sessualità.
Purtroppo contro tutto ciò infuriano le raffiche del nostro vivere quotidiano che, confondendo l'esterno con l'interno, impongono in maniera sempre più marcata la pubblicizzazione del privato. In un mondo sempre più edonisticamente consumista, dove l'anima del commercio rimane la visibilità e la pubblicità, si è ormai diffusa la convinzione che "si esiste solo se ci si mette in mostra" in una continua passerella alla quale è impossibile non partecipare perché comunque ci si sfila sopra. Sostituendo così una mancata individualità con una diffusione dell'immagine si è avviato un imprudente processo di trasformazione della collettività, che ormai si riconosce solo nella propria rappresentazione.
In altre parole, cerchiamo sempre di meno noi stessi e sempre di più la pubblicità che costituisce la nostra immagine: la nostra identità è ormai "fuori di noi" prigioniera e ostaggio "di ciò che si dice di noi". Chi non risplende più degli altri, chi non si mette in mostra non suscita attrazione, non viene riconosciuto, non coinvolge, in una parola, "non c'è". Per esserci è dunque d'obbligo apparire. E allora all'interiorità si sostituisce la spudoratezza salutata come estrema manifestazione di spontaneità e di libertà perché non c'è niente da coprire, nulla di cui vergognarsi.
Vergogna trae la sua etimologia dal latino vereor gognam, temo la gogna, ossia ho timore di essere esposto al pubblico giudizio. E sempre di più, oggi, non ci si vergogna della colpa ma della sua pubblicizzazione. Può essere molto pericoloso... Ma di questo, magari, parleremo un'altra volta. Buone vacanze!
dott. Filippo Nicolini, psicologo
COSA MOSTRARE, COSA NASCONDERE
Sole, mare, voglia di vivere più emozioni possibili e tanto sesso d'estate visto che la probabilità di avere rapporti sessuali aumenta di 11 volte durante le vacanze. È l'esaltazione dei sensi. L'attrazione e il contatto erotico si direbbero per loro natura legati alla nudità. Gli storici della sessualità tracciano invece una storia controversa del legame tra eros e abito, dell'ambiguo rapporto tra coprire e scoprire, mostrare e celare. Tale rapporto cambia a seconda delle situazioni, delle età, della condizione etero o omosessuale della relazione, dell'abitudine o meno di far precedere preliminari erotici all'atto sessuale, delle diverse posizioni assunte durante il coito, delle differenze storiche, culturali ed etniche. Differenti civiltà hanno infatti differenti sensibilità nei confronti dell'eros collegato alle parti del corpo, e quindi alle parti del corpo che sono da mostrare all'amante ma che è indecente far vedere agli altri. Se già a Dante le madonne fiorentine del suo tempo sembravano "scostumate" perché mostravano il seno, l'Islam ha sempre considerato luoghi dotati di forte attrazione sessuale le "parti belle" delle donne e cioè braccia, collo e capelli, mentre in certe zone dell'Oceania nulla del corpo è tabù tranne le gambe. Del resto, in piena pruderie vittoriana, gli anglosassoni fasciavano le gambe dei tavolini perché si trattava pur sempre di gambe... In Occidente è con il Sei-Settecento libertino che la nudità comincia a cedere il campo allo "spogliarsi", come testimoniato dagli scritti del Casanova. È da allora che si riconosce la carica erotica dell'intravedere e dello scoprire, e sempre da allora che lo svestire e lo svestirsi diventano parti essenziali del rituale amoroso e dei giochi della seduzione e dell'eccitazione.