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La malattia del gioco contagia le masse: molte le famiglie a rischio

 |  Redazione Sconfini

Il gioco d’azzardo è una delle forme di intrattenimento più antiche: ricerche archeologiche e manoscritti ritrovati testimoniano che erano praticate le scommesse sul gioco dei dadi (e la propensione a barare, confermata dal ritrovamento di dadi appesantiti da un lato) e sulle corse dei carri già nell’antica civiltà egiziana. Si ritiene che all’origine ci siano stati rituali religiosi primitivi con i quali si tentava di presagire o forzare il fato.

 

La parola azzardo deriva dal francese hasard alla cui origine sta l’arabo az-zahr o dado. La lingua italiana utilizza il termine gioco in modo univoco; per gli anglosassoni, il termine play indica la competizione dove le regole contano ma non sono disgiunte dalle abilità del competitore, mentre il termine gambling si riferisce al gioco basato sulla ricompensa e sulla fortuna nella sua forma ossessivo-compulsiva, vera e propria dipendenza neuropatologica.

 

“Il gioco d’azzardo – precisa il dottor Salvatore Ticali, responsabile delle attività terapeutiche dedicate al gioco d’azzardo patologico presso il Dipartimento delle Dipendenze, Struttura complessa dipendenza da sostanze legali dell’Ass n. 1 “Triestina” – è tale per definizione perché il risultato, gratificante o meno, dipende dal caso e non dall’abilità del giocatore”. “La nostra attuale società – continua – privilegia in molti settori questo approccio alla vita non basato sulla meritocrazia, sull’impegno e sulla costanza nell’applicazione quotidiana ma piuttosto sulla fortunata congettura. In più lo Stato è impegnato costantemente a ricercare settori economicamente remunerativi e aumenta a ogni Finanziaria l’offerta dei vari tipi di gioco. A fronte all’aumento esponenziale dell’offerta di giochi avvenuta negli ultimi anni, sono aumentati anche i soggetti che fruiscono della possibilità di giocare d’azzardo. Dal divertimento, però, molti passano all’abuso e da qui alla dipendenza dal gioco”.

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Fino agli anni ’90 il giro d’affari era di 4,5 miliardi di euro, nel 2006 si sono raggiunti i 34 miliardi di euro sperperati. “Oggi in Italia – mette in evidenza Ticali – i giocatori d’azzardo con caratteristiche di dipendenza sono circa l’1-3% della popolazione”. “Molti di loro – aggiunge – sviluppano rapporti distruttivi per loro e i propri nuclei familiari, sperperando denaro, finendo con l’essere ostaggi di usura, violenze, strozzinaggio. Negli ultimi anni l’offerta dentro e fuori i casinò si è ampliata: sale da gioco, bingo, lotterie, gratta e vinci, totocalcio, video-poker e persino giochi d’azzardo on line attraggono persone appartenenti a varie categorie sociali e fasce d’età, comprese quelle particolarmente vulnerabili dei giovani e degli anziani. La dimensione del fenomeno è tale da ritenerla allarmante, sia in termini sanitari che sociali”.

 

“Il gioco patologico d’azzardo – interviene il dottor Alessandro Vegliach, psicoterapeuta dello stesso Dipartimento – è una vera e propria dipendenza senza sostanza alla cui base c’è la gratificazione derivante dalle forti emozioni mosse dalla puntata: questo intenso stato emotivo viene quindi continuamente ricercato e reiterato, non importa a quale prezzo. Un meccanismo patologico che presenta molte analogie con le dipendenze da sostanze psicotrope”.

 

Non è facile che il soggetto affetto da gioco patologico abbia criticità sul problema che lo affligge. “La consapevolezza – conferma Vegliach – non si manifesta tanto presto e facilmente: vi si giunge tardivamente, quando il disagio a livello economico, familiare e professionale è evidente. Molto spesso sono gli altri componenti del nucleo familiare a spingere i soggetti alla dolorosa consapevolezza della dipendenza da gioco”. Il riconoscimento della criticità sul proprio stato d’essere, pertanto, è la premessa indispensabile per iniziare quel sofferto percorso psicoterapeutico che dovrà traghettare verso l’astinenza dal gioco e la modificazione dello stile di vita del giocatore.

 

La Struttura complessa dipendenza da sostanze legali dell’Ass. n. 1 è operativa nei problemi gioco-correlati dal 2001, con un programma di recupero terapeutico perfettamente sovrapponibile come concezione al collaudato servizio per gli alcolisti e un numero di pazienti crescente. “L’approccio terapeutico che proponiamo – spiega Vegliach – è centrato sul lavoro psicoterapeutico di gruppo: in ogni caso, durante il percorso terapeutico, un’équipe si occupa del soggetto dipendente nella sua complessità e quindi anche degli aspetti medici e sociali, che vengono, laddove risulta necessario, monitorati durante il percorso di cura. Si lavora quindi insieme, per ridare qualità alle relazioni sociali ed affettive del paziente, coinvolgendo attivamente nel percorso anche i nuclei familiari dei pazienti”.

 

L’équipe del servizio, composta da medici, psicologi e assistenti sociali, accoglie il paziente valutando la situazione gioco-correlata nel contesto complessivo della vita del paziente. In un secondo momento viene previsto l’inserimento del giocatore in attività di gruppo con il coinvolgimento diretto dei familiari. Il gruppo terapeutico, gestito da un operatore, prevede un incontro settimanale per i giocatori e i loro familiari ogni lunedì del mese. Il gruppo di supporto per i soli familiari di giocatori d’azzardo patologici (ogni secondo martedì del mese) è dedicato ai soli familiari dei giocatori che, assieme ad un operatore, possono elaborare le difficoltà proprie di chi ha un congiunto affetto da un problema gioco-correlato. Il gruppo di auto-aiuto tra giocatori patologici in trattamento (riuniti il venerdì di ogni settimana sempre presso la Struttura complessa dell’Ass n. 1) si prefigge di far riacquistare l’astinenza dal gioco d’azzardo attraverso il raggiungimento del senso di responsabilità verso se stessi e gli altri.

 

Un percorso terapeutico insomma a volte lungo e doloroso, che può richiedere più colloqui individuali aggiuntivi, ma efficace nel riavvicinare il giocatore a relazioni sane ed appaganti dove le emozioni siano legate non più allo stimolo dell’incertezza e della compulsione ma a quello delle relazioni e del senso di autodeterminazione personale.

 

Ignazia Zanzi

 


 

QUANDO SI DIVENTA DIPENDENTI DAL GIOCO?

 

Il gioco patologico è presente quando la persona:

 

1) gioca somme maggiori di quanto ha previsto;

2) torna a giocare per recuperare le perdite;

3) cerca ripetutamente, senza successo, di interrompere o ridurre il comportamento di gioco;

4) gioca per sfuggire ai problemi o per sollevarsi da un umore negativo;

5) è spesso assorbita e/o preoccupata per problemi di gioco;

6) mente a familiari, amici, terapeuti su problemi di gioco;

7) compie atti illegali o sleali per finanziare il gioco;

8) continua a giocare nonostante i problemi familiari e legali derivanti dalle attività di gioco;

9) si appoggia e conta sugli altri per ottenere il denaro necessario a risolvere situazioni finanziarie disperate causate dal gioco.

 

La risposta affermativa a 3 di queste domande deve già far riflettere su una possibile dipendenza da gioco d’azzardo.

  


In collaborazione con Help!

 

 


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