Stalking: quando le attenzioni diventano persecuzione
Telefonate, sms, e-mail e visite sono gesti del tutto normali nella nostra quotidianità, spesso tesi a dimostrare il nostro affetto verso la persona oggetto di tali attenzioni. Tuttavia queste azioni possono trasformarsi in vere e proprie forme di persecuzione, che portate all’esasperazione limitano la libertà, violano la privacy e possono perfino spaventare chi ne è il destinatario. Questo fenomeno psicologico e sociale è conosciuto con il nome di “stalking” ed è, in parte anche a causa della società tecnologica, in forte aumento. A commettere questi atti molesti è una seconda persona detta “stalker”, con la quale la vittima ha avuto un qualunque tipo rapporto. A partire da una delusione o da una rottura in cui una delle due persone si sente respinta, la relazione cambia, diventando forzata e il normale svolgimento della vita quotidiana viene condizionato, principalmente attraverso l’ansia e la paura: elementi fondanti per instaurare concretamente e configurare in modo oggettivo questo fenomeno.
Le forme sotto cui si presenta lo stalking sono davvero innumerevoli e possono essere sia sporadiche che ripetute ed insistenti, sia attraverso mezzi privati che pubblicamente. La loro evoluzione, inoltre, risulta nel tempo ambivalente: a momenti di apparente sottomissione e disperazione si alternano atti di odio e aggressività. Le due principali tipologie sono comunque le comunicazioni intrusive, quindi attraverso la trasmissione di messaggi di rancore, ed i contatti (o controllo diretto) attuati attraverso il pedinamento, la sorveglianza e la minaccia.
Ma in quali casi si può realmente parlare di stalking? Tre devono essere le condizioni. Innanzitutto se l’attore della molestia agisce con la falsa convinzione di ottenere un raggiungimento affettivo, da lui idealizzato e quindi parzialmente o totalmente immaginato e non voluto dall’altra persona. Poi se, attraverso determinati comportamenti, sono presenti l’insistenza e l’intrusività. Ed infine se la vittima presenta dei mutamenti psicologici, dovuti ad un perenne stato di frustrazione, allerta ed angoscia a causa degli atti “stalkizzanti”. Anche se facilmente riscontrabili, una volta individuati, questi tre presupposti non devono portarci a generalizzare. Si tratta comunque di un fenomeno non omogeneo: dietro a tali molestie si celano motivazioni anche molto differenti tra loro ed ogni caso ha le sue diverse origini, variabili e connotazioni.
Risulta spesso difficile far rientrare i molestatori assillanti in una categoria diagnostica precisa o identificare la presenza di una vera e propria patologia mentale, poiché, nonostante manifestino un’evidente problematica nell’area affettivo-emotiva, relazionale e comunicativa, non sempre sono persone disturbate. Secondo alcuni approfonditi studi, sono cinque le tipologie di stalkers: il risentito, che ritiene di doversi vendicare per un torto subito; il bisognoso d’affetto, alla ricerca di attenzioni che possono riguardare l’amicizia o l’amore; il corteggiatore incompetente, insistente a causa della sua scarsa competenza relazionale; il respinto, che diventa persecutore come reazione ad un rifiuto; ed infine il predatore, che agisce con lo scopo di avere rapporti sessuali con una vittima. In ogni caso, per il molestatore, la vittima non è più un “soggetto” autonomo e dotato di diritti quali l’integrità fisica e psicologica, ma “l’oggetto” o lo strumento per soddisfare i propri bisogni di riconoscimento ed affermazione.
Purtroppo raramente le vittime reagiscono e denunciano le violenze subite, ritenendo spesso non sufficienti le misure precauzionali e limitati gli interventi di prevenzione. In realtà lo stalking è presente, dal giugno 2008, nel Codice Penale italiano come figura di reato. Nel gennaio 2009, inoltre, il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna ed il ministro della Difesa Ignazio La Russa, alla presenza del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Gianfrancesco Siazzu, hanno firmato un protocollo d’intesa per contrastare il drammatico fenomeno, assieme al quale è stata siglata una convenzione che ha affidato all’Arma dei Carabinieri l’esecuzione di un progetto di analisi e monitoraggio. Da qui si è sviluppato, presso il Dipartimento per le Pari opportunità, il Nucleo Carabinieri - Sezione Atti Persecutori, composto da tredici carabinieri al lavoro per sorvegliare il problema. Infine, il 23 aprile 2009 una legge a riguardo è entrata in vigore ed essa prevede pene dai sei mesi ai quattro anni di reclusione. Da questa data sono finalmente emerse le reali dimensioni del fenomeno, portando alla luce centinaia di richieste di aiuto da parte delle vittime, che da ora hanno una concreta possibilità di intervenire attraverso la querela o la richiesta di ammonimento nei confronti dello stalker. Anche il numero antiviolenza, 1522, promosso dal ministro per le Pari opportunità è un valido aiuto: “Una risposta concreta ai cittadini, dopo un lungo oblio normativo”.
È vero quindi che una normativa ed una forma di tutela esistono, ma è anche bene sapere come potersi difendere di fronte ad una situazione di stalking. Il sito dell’Arma dei Carabinieri offre alcuni utili consigli: prendere consapevolezza del problema e non sottovalutarne il rischio è il primo passo per risolverlo; ricordare che, in alcune circostanze o di fronte ad una relazione indesiderata, è necessario dire “no” con fermezza, evitando improvvisate interpretazioni psicologiche o tentativi di comprensione che potrebbero rinforzare i comportamenti persecutori; la maggior parte delle ricerche ha rilevato che la strategia migliore sembra essere l’indifferenza, quindi bisogna cercare di gestire lo stress senza reagire perché lo stalker rinforza i suoi atti non solo dai comportamenti di paura della vittima, ma anche da quelli reattivi; cercare di essere prudenti e di evitare di seguire sempre gli stessi itinerari o di fermarsi in luoghi isolati ed appartati; in caso di molestie telefoniche, tentare di ottenere una seconda linea e registrare le chiamate, anche quelle mute; tenere un diario per riportare e poter ricordare gli eventi più importanti che potrebbero essere utili in caso di denuncia; raccogliere più dati possibili sui fastidi subiti, ad esempio conservando eventuali lettere o e-mail con contenuto offensivo o intimidatorio; tenere sempre a portata di mano un cellulare per chiamare in caso di emergenza; se si è in pericolo, chiedere aiuto e contattare un numero di pronto intervento, come il 112 o rivolgersi al più vicino Comando Carabinieri.
Altri contatti utili possono essere quelli dell’Osservatorio Nazionale Stalking:
Gli atti di stalking sono atti di violenza, spesso punto di partenza per comportamenti ancora più gravi con conseguenze irreversibili per le vittime. Ogni offesa, sopruso o tentativo di prevaricazione non deve mai essere in primo luogo sottovalutato, né in seguito ignorato. È per questo motivo che, il 9 e 10 settembre scorso, il ministro per le Pari opportunità, in occasione della Conferenza internazionale sulla violenza contro le donne, tenutasi a Roma nell’ambito della Presidenza italiana del G8, ha invitato tutti ad avere sempre presente la dimensione del problema manifestando solidarietà alle donne vittime di abusi indossando qualcosa di bianco.
Martina Pluda