Il colpo di fulmine: verità o inganno dei sensi?
Possiamo considerarla una buona notizia oppure una mortale condanna, resta il fatto che secondo autorevoli studiosi gli esseri umani sono geneticamente destinati ad innamorarsi.
E, ovviamente, non finisce qui. La formazione di una coppia può avere le motivazioni più disparate ma tutte riconducibili a quell’ancestrale bisogno di sicurezza che accompagna il cammino dell’uomo fino alla sua morte. Bisogno che affonda le sue radici nella vita fetale e nei primi anni di vita e che affida le sue origini al rapporto simbiotico con la figura materna in primis e con quella paterna a seguire.
È per questo che all’altra “metà della mela” si affida il compito di riprodurre le iniziali condizioni di arcaica fusionalità, allo scopo di replicarla se è stata soddisfacente o di rimediarla se non lo è stata. Si desidera riscoprire nell’altro quelle emozioni penetranti e lontane, quelle fantasie sfuocate che un tempo avevano conquistato i sensi ed il pensiero per riviverle al presente. E sono le suggestioni abbandonate, dimenticate, le impressioni rimosse o solo lasciate da parte che rendono speciale la persona amata. «Quel che meglio ci rammenta una persona – scrive M. Proust nello splendido “All’ombra delle fanciulle in fiore” – è proprio ciò che avevamo dimenticato». Amore, pertanto, come reintegrazione attiva di una relazione precedente nella quale si realizza l’amare e l’essere amati e relazioni intime come mutuo scambio di sostegno al Sé.
Raggiungere l’intimità è un processo complesso, talvolta faticoso, che spinge a ridurre le distanze e stimola l’esplorazione delle affinità e delle differenze, che consente, o sopporta, l’espressione di emozioni e vissuti di vario genere e intensità. «Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior» (“Odio e amo. Forse ti domandi perché io faccia questo. Non lo so. Ma sento che accade e mi tormento”), dichiara Catullo nel celeberrimo carme 85, evidenziando come l’intimità sottintenda dimensioni profonde dell’amore quali la confidenza, la fiducia, la complicità, l’abbandono all’altro. Negli immensi orizzonti dell’interiorità le emozioni spesso sconfinano le une nelle altre con risonanze che consentono a chi ama di cogliere e di decifrare la circolarità di esperienze fra mondo interno e mondo esterno, tra anima e corpo, tra desiderio di onnipotenza e limiti della realtà, tra Io e Me dove il me rende l’io disponibile senza pretesa di reciprocità.
Tra le forme più suggestive e romantiche di innamoramento, quella più celebrata e acclamata è senza dubbio il cosiddetto “colpo di fulmine” cioè quell’impulso di poetica passione che si sprigiona fra perfetti estranei al primo sguardo. È il più misterioso e coinvolgente degli innamoramenti al quale è inutile resistere, al quale è vano ribellarsi. Che sia frutto della chimica ormonale o sia pura magia tutto viaggia alla velocità della luce, a parlare non sono le parole ma i sensi creando uno stato di sublime piacere che nutre il proprio essere. La letteratura ci ha mostrato spesso le innumerevoli sfaccettature di questo slancio, dalla bellissima principessa Angelica nell’Orlando Furioso alla strega Armida della Gerusalemme liberata, dalla Madonna Fiammetta del Boccaccio a Romeo e Giulietta di Shakespeare fino a Marius Pontmercy e Cosette che Victor Hugo fa innamorare dopo essersi specchiati l’uno negli occhi dell’altra.
Ma la vera essenza del colpo di fulmine, a metà strada tra amore e magia, affonda le sue radici nei miti e nelle leggende cavalleresche celtiche che ci riportano a indomiti guerrieri e a dolci amanti. Da sempre infatti amore e guerra sono andate di pari passo poiché l’energia “amorosa” generata da una donna può rendere l’uomo invincibile. E da qui la tradizione di un’antichissima tecnica di combattimento chiamata proprio “colpo di fulmine”. Narra la leggenda che Cuchulainn, leggendario sovrano irlandese, si trovasse dalla sua maga-iniziatrice Scatach quando una notte la figlia della sacerdotessa, Uatach, innamorata dell’eroe, decise di sedurlo andando a coricarsi nuda nel suo letto. Infastidito il re rifiutò la proposta ma la ragazza, ferma nel suo proposito, in cambio di una notte d’amore promise di spiegargli come ottenere dalla madre una micidiale tecnica di combattimento che lo avrebbe reso invincibile. Si sa l’uomo spesso sembra burbero ma in fondo ha il cuore tenero, e così dopo aver giaciuto con Uatach e successivamente anche con la stessa sacerdotessa Scatach, Cuchulainn ottenne il segreto del tremendo “colpo di fulmine”.
Accenni a questa magica arma fisico-spirituale li ritroviamo successivamente nella storia di uno dei più famosi cavalieri della Tavola Rotonda, sir Lancillotto. Anche il paladino arturiano è da sempre circondato da donne-maghe, da Viviana a Morgana, esseri fatati che gli insegnano l’arte della guerra, ma solo una donna speciale potrà rendere l’eroe invincibile e tutto nascerà da uno “sguardo” o, come abbiamo imparato a definirlo, da un “colpo di fulmine”.
Fin qui gli aspetti epici e leggendari ma la realtà può essere molto diversa. Si è infatti portati erroneamente a credere che il colpo di fulmine sia il segnale che il “grande amore” è finalmente arrivato. Invece colpo di fulmine e amore sono il più delle volte due cose distinte e separate. Confonderle, o metterle comunque in relazione, può essere errato e rischioso poiché può creare fatali equivoci e causare profonde sofferenze. La scelta del partner non è mai affidata al caso o solo ad uno sguardo, ad un sorriso ma è guidata da fattori socioculturali e da desideri, o paure, molto spesso inconsci. In psicologia si parla infatti di “errore fondamentale” quando abbiamo l’impressione che ogni nostra decisione o sia esclusivamente frutto di un condizionamento esterno o dipenda completamente dalla volontà e da un totale controllo di noi stessi. In realtà le nostre scelte sono influenzate dal contesto in cui ci troviamo e contemporaneamente motivate da fattori endogeni, soprattutto quando si parla d’amore. E tra i fattori che producono l’innamoramento troviamo anche da una parte il “bisogno di vicinanza” che spinge a scegliere persone che hanno la nostra stessa appartenenza sociale, culturale o emotiva che sia, e dall’altra il “bisogno di trasgressione” ossia il desiderio di infrangere le regole, quello che gli antropologi chiamano “principio di esogamia” che porta i membri di un clan o di una tribù a cercare il partner fuori dal gruppo di riferimento.
Ecco perché può essere pericoloso idealizzare la persona che all’improvviso sembra farci battere il cuore all’impazzata, ci riempie lo stomaco di farfalle svolazzanti, ci fa brillare gli occhi e ci fa levitare lasciandoci fluttuare a un metro da terra. Meglio prendersi il tempo necessario per capire, per conoscere, per garantirsi qualche sicurezza in più e per evitare di fare salti nel vuoto che sono senza dubbio suggestivi ma che potrebbero rivelarsi decisamente deludenti.
Amare richiede responsabilità, coraggio e progettualità. Per questo molto raramente da un colpo di fulmine nasce un vero amore. Spesso “l’amore a prima vista” è solo un alibi, un modo per coprirsi gli occhi e tapparsi le orecchie, uno stratagemma per coprire paure inconsce oppure conosciute ma evitate. Vediamone alcune. La più comune è la paura di cambiare. L’amore infatti permette, ma a volte esige, cambiamenti significativi nella sfera dell’autonomia e della libertà e, si sa, il più delle volte l’ignoto spaventa. Altra paura piuttosto diffusa è quella di soffrire poiché ciò che si conquista può anche essere perso. Paradossalmente, scegliendo rapporti assoluti, esageratamente passionali, si limita l’impegno emozionale arginando i pensieri angoscianti e distruttivi: ma il prezzo che si paga è spesso un profondo senso di incompletezza e di instabilità. Una terza paura correlata ai fuochi d’artificio del colpo di fulmine è infine quella di mostrarsi completamente all’altro. Aprirsi, lasciarsi andare, rivelarsi per quel che si è vuol dire fidarsi, superare i limiti del proprio narcisismo, vincere la paura di ferire e di essere feriti, mostrare anche i propri vizi, i lati oscuri del proprio carattere. Tutte imprese non facili e soprattutto non esenti da rischi. Per questo l’innamoramento al primo sguardo quasi mai mantiene le sue promesse e finisce per deludere. Chi lo sperimenta si accorge che la scintilla raramente accende un fuoco e che perché un grande coinvolgimento, travolgente e appassionante, possa diventare un grande amore, ci vuole molto di più.
Oggi quel qualcosa di più potrebbe arrivare dal mondo del web e da Internet. Cosa può avere a che fare Internet con il colpo di fulmine? Molto, visto che Internet ha rivoluzionato il mondo delle comunicazioni e delle relazioni. La trasformazione operata da Internet in questo campo è avvenuta gradualmente e in modo indiretto, prima con le chat poi con i blog e con i social network. In rete avviene un colpo di fulmine particolare destinato a diventare amore con una probabilità maggiore rispetto al tipico amore a prima vista. È simile a quello classico ma per il suo carattere virtuale arriva a sorpresa, inatteso. Questo colpo di fulmine atipico scocca tra due persone che stanno chattando e che si piacciono attraverso ciò che si dicono, che esprimono il proprio stile, i propri valori, la propria visione del mondo, la propria personalità attraverso lettere e simboli, i famigerati “emoticon”. La differenza con l’innamoramento tradizionale è che in queste situazioni tutto parte dal contenuto e non dal contenitore, dai pensieri, dalle parole e non dall’aspetto fisico o dallo sguardo. In altri termini la scintilla che può scattare ha una base esclusivamente psicologica e non sensoriale, mentale e non percettivo-ormonale. Recenti ricerche hanno rilevato che il 38% dei rapporti che hanno avuto origine da una frequentazione in rete sono poi diventati dei rapporti amorosi duraturi e passionali mentre solo il 2% dei colpi di fulmine innescati da un incontro occasionale “dal vivo” ha dato vita a rapporti sentimentali prolungati nel tempo. È agghiacciante ma fa riflettere…
dott. Filippo Nicolini
BOX: Cosa succede quando ci innamoriamo?
I ricercatori che studiano la “chimica dell’amore” sono concordi nell’affermare che nel nostro cervello si scatena una tempesta di neurotrasmettitori. La prima fase dell’innamoramento, che possiamo definire come infatuazione, è caratterizzata da un senso di dipendenza dall’altro e da sensazioni particolarmente intense sul piano emotivo e su quello erotico. Di questo stato di esaltazione è responsabile la feniletilamina, una molecola naturale in grado di produrre effetti analoghi a quelli delle anfetamine. Rende infatti iperattivi ed euforici e fa sì che il cervello rilasci un neurotrasmettitore, la dopamina, che regala elevate sensazioni di piacere.
È tutta colpa della dopamina, insomma, se due innamorati vogliono stare sempre assieme o si telefonano cento volte al giorno. Questo effetto benefico, tuttavia, ha una durata limitata ma a rendere duraturo il legame intervengono altre due sostanze, l’ossitocina per la donna e la vasopressina per l’uomo. Ormoni deputati a procurare un senso di attaccamento e di affetto che vengono attivati anche da stimoli come il massaggio, le carezze, gli abbracci. Ecco perché il contatto corporeo è assolutamente indispensabile per una buona manutenzione, affettiva e sessuale, del rapporto.
Il sentimento suscitato dalla persona amata attiva due zone cerebrali collegate all’energia e all’euforia e fa produrre alti livelli di dopamina. Più si è innamorati più queste zone del cervello vanno in tilt creando una vera e propria addiction, cioè una dipendenza dal partner.