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Il new deal di Matteoli, 16,6 miliardi per la Salerno-Reggio Calabria e il Ponte sullo Stretto di Messina entro la fine 2009

 |  Redazione Sconfini

In un'intervista radiofonica a Radioanch'io, il Ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli ha dato il via ad una sorta di New Deal all'italiana per uscire dalla crisi: 16,6 miliardi di euro di investimenti nelle opere pubbliche. La ricetta keynesiana del deficit spending (ovvero della spesa a debito da parte della Stato per poter abbassare il tasso di disoccupazione e in un periodo di tempo medio far girare tutta l'economia privata che viene foraggiata dalle commesse statali) è stata la base del rilancio dell'America dopo la crisi del '29. Le premesse però sono completamente differenti e bisogna averle sempre a mente.

In quell'epoca il debito pubblico americano era quasi inesistente e l'indebitamento era reso possibile dalla fame di infrastrutture di un paese in enorme sviluppo demografico, e che quindi avrebbe nel giro di un paio di lustri assorbito il deficit con l'aumento di posti di lavoro, maggiori collegamenti stradali, ferroviari, fluviali e un numero esponenzialmente accresciuto di realtà industriali pronte a riconvertirsi alle esigenze civili (per poi riconvertirsi nuovamente alla fine degli anni '30 - ma questo non era previsto dal piano di Franklin Roosevelt - in industria bellica).

Dunque, se l'America dei primi anni '30 poteva permettersi di indebitarsi anche parecchio era perchè negli anni successivi i benefici in termini di entrate fiscali, ricchezza e prospettive lavorative per i cittadini sarebbero letteralmente esplose.

Il "New Deal" di Matteoli, poche settimane fa resosi famoso attraverso il figlio super raccomandato in Alitalia, parte purtroppo da basi estremamente diverse.

L'Italia è già un paese al collasso finanziario, indebitato come pochissimi altri paesi al mondo, forse anche demograficamente sovraffollato ma soprattutto poco trasparente negli appalti, intriso di criminalità fino ai vertici istituzionali più alti, corrotto all'inverosimile. Le infrastrutture pubbliche rappresentano quasi sempre un miglioramento per i cittadini, sia in termini di mobilità che di orgoglio locale e nazionale, ma ci sono momenti e momenti per progettarle e, soprattutto, finanziarle.

Secondo l'intervista rilavignetta, matteoli, ponte sullo strettosciata dal Ministro Matteoli con 16,6 miliardi di euro già stanziabili nel 2009 otterremmo nientemeno che 140mila posti di lavoro in più. Sembrano tanti ma invece sono pochissimi rispetto alla cifra spesa. 16,6 miliardi di euro rappresentano i sacrifici di 30 milioni di italiani (sono l'equivalente di una metà di una robusta manovra finanziaria) e francamente dare lavoro a 140mila persone dopo aver succhiato il sangue a metà popolo italiano appare un insulto alla dignità e ai sacrifici di imprese e lavoratori.

Ma l'idea di investire in infrastrutture non sarebbe neppure del tutto da scartare se non fosse che la gran parte di questi denari sarebbero indirizzati - come da lui stesso ammesso - verso il faraonico Ponte sullo Stretto e sull'Autostrada Salerno-Reggio Calabria e quindi intercettati ancora prima di finire nelle tasche dei lavoratori dalla criminalità organizzata che controlla i territori oggetto del "lascito" ministeriale.

Per farci un'idea dell'assurdità della situazione si tenga conto che esiste da molti anni una Spa, la Società Stretto di Messina, che conta decine di impiegati e che costa ogni anno 34 milioni di euro per gestire il ponte... che non c'è.

E che dire poi della Salerno-Reggio Calabria? Si tratta dell'opera pubblica di più lunga gestazione della storia dell'umanità. Nel giungo del 1974 si è festeggiata la sua inaugurazione ma poi ci si è accorti che era una strada statale a due corsie e senza corsia d'emergenza. Ingorghi e incidenti ogni estate ne hanno caratterizzato la sua ultratrentennale storia. Alla fine degli anni '80 il governo decide di ammodernare la strada ma dieci anni dopo l'Unione Europea obbliga l'Italia a far sì che la Salerno-Reggio Calabria (nel frattempo divenuta un business senza fine per la criminalità organizzata che vinceva e continua vincere per interposta persona gli appalti continuamente banditi) si attenga alle normative europee. Macché! La fine dei lavori era prevista nel 2003, poi nel 2008 ed ora è stata posticipata al 2011. Vale ancora la pena buttare altri miliardi di euro per una strada che tanto non sarà mai (volutamente) finita e per un ponte che non sarà mai realizzato?


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