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Dal Minculpop al Minculpapi

 |  Redazione Sconfini

biografiaberlusconiIl 22 maggio 1937 il regime fascista istituì una sorta di ministero della censura, che fu ribattezzato Ministero della Cultura Popolare (MinCulPop). Il suo compito era la regolamentazione, il controllo e l'organizzazione della propaganda fascista. Questo organo politico esisteva sotto traccia fin dal 1925, ma solo nel '37 gli fu attribuito una valenza formale.

Il ministero aveva l'incarico di controllare ogni pubblicazione, sequestrando tutti quei documenti ritenuti pericolosi o contrari al regime e diffondendo i cosiddetti ordini di stampa (o veline) con i quali s'impartivano precise disposizioni circa il contenuto degli articoli, l'importanza dei titoli e la loro grandezza. Più in generale, questo ufficio, si occupava della propaganda, quindi non solo controllo della stampa. Con la caduta del fascismo e la Liberazione il Ministero perse ogni ragion d'essere e fu cancellato dal Governo Badoglio II.

Anche nell'Italia berlusconiana, ormai è noto in virtù delle ultime inchieste della Procura di Trani, esiste da molti anni una versione aggiornata del MinCulPop, che senza dubbio può essere ribattezzata MinCulPapi. Naturalmente le soluzioni sono state affinate, ma il risultato non è dissimile da quanto avvenuto nel Ventennio: solo gli uomini del premier possono apparire in video, hanno possibilità di mentire e fare propaganda senza essere smascherati, rimbalzare nelle edicole e nelle tv di Stato e in quelle private, sopravvivere grazie ai contributi di Stato e permeare le menti degli italiani nelle rassegne stampa organizzate dagli uomini del premier. Anche le "veline", che oggi spesso sono chiamate informative, rappresentano un ottimo modo per manganellare politici o avversari senza dare sostanza ai fatti (caso Boffo docet).

E' della scorsa settimana la scoperta che le strategie aziendali della Rai sono rivolte a compiacere il padrone Berlusconi ed è di oggi la decisione del cda Rai che conferma la sospensione dei talk show di approfondimento politico: "Non voglio vedere più Di Pietro in tv" e "Bisogna chiudere la trasmissione di Santoro, elaborate una strategia" i due comandamenti imposti dal Cavaliere ai suoi uomini. Desideri ben presto esauditi, con buona pace della democrazia e la restaurazione di un regime similfascista (almeno il fascismo pensava di essere una cosa seria).

Marco Lillo ha fatto indagini sui nomi di alcuni uomini in grado di modificare le strategie della Rai a vantaggio personale di Berlusconi nonostante fossero teoricamente piazzati in ruoli di "garanzia".

Giancarlo Innocenzi (Agcom), 65 anni: già direttore dei servizi giornalistici di Canale 5, Rete 4 e Italia 1, poi parlamentare (Forza Italia), sottosegretario alle comunicazioni e poi promosso per la sua indipendenza al ruolo di membro dell'autorità garante delle comunicazione nel 2005. Nel 2007 tentò di far cadere il governo Prodi (le famose spallate, ricordate) blandendo il senatore del centrosinistra Willer Bordon promettendo alla moglie attrice un ruolo nella fiction Incantesimo.

Proprio a Innocenzi lo stesso Berlusconi chiede di elaborare la strategia per mettere il bavaglio a Santoro e lui si fa aiutare da Alessio Gorla, 73 anni, (anche lui ex dipendente Fininvest) ora consigliere Rai e dal 1994 coordinatore di alcune campagne elettorali di Forza Italia. Un binomio perfetto per fare concorrenza a Mediaset...

Poi c'è Mauro Masi, direttore generale della Rai. E' l'unico a non avere nessuna competenza in materia televisiva. Perfetto per la Rai, insomma. Anche lui però fu dipendente di Berlusconi in qualità di segretario generale di Palazzo Chigi.

E poi c'è Giorgio Lainati, l'uomo che si autodefinito "un soldato" di Berlusconi, richiamato in Cda della Rai dopo essere stato pensionato nel 2006. E indovinate chi era il suo padrone? Giusto! Anche Lainati è stato dipendente Mediaset, giornalista di Studio Aperto e Canale 5, prima di essere eletto in Parlamento indovinate con che partito? Giusto! Forza Italia.

E questa è solo la punta dell'iceberg del Minculpapi...

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