Dell'Utri candidato fino alla morte
Non si capisce se sia una minaccia o un dato di fatto. Ad ogni modo Marcello Dell'Utri, a poche ore dalla presentazione delle liste Pdl, sembra preoccupato. E rilancia con il suo linguaggio che a molti sembra "leggermente" tracimare in uno stile linguistico mafioso.
D'altronde è la Cassazione, nelle motivazioni della sentenza che lo ha graziato dalle patrie galere per concorso esterno in associazione mafiosa rimandando a un nuovo dibattimento in Appello - la cui Procura ha chiesto 7 anni di carcere - la decisione, che lo ha bollato come mediatore tra la mafia e Berlusconi fin dall'arrivo di Mangano ad Arcore.
In linea teorica il Pdl ha promesso la linea dura contro condannati in via definitiva, contro chi siede da più di 15 anni in Parlamento e contro chi ha procedimenti penali gravi pendenti. Dell'Utri, che già ha patteggiato per false fatturazioni, è a processo per fatti di mafia, è indagato per la trattativa stato-mafia ed è deputato dal 1996, rientra ampiamente nel novero degli impresentabili ma in questa intervista al Corriere non sembra voler mollare l'osso.
Apertura per definire il "territorio" di appartenenza: "Nenti vitti, nenti sacciu" (Nulla vidi, nulla seppi).
Poi la dichiarazione di lotta: "Finché sono vivo, continuerò a candidarmi: Non lo farò solo da morto: ma fino a quando non sarò morto..."
Poi si scende sul piano personale del chi ha orecchie per intendere intenda: "Pongo io il quesito: chi sono io?" "Basta ricordarsi dove sto io, dove sono sempre stato".
Per Dell'Utri servirà una tripla deroga con salto mortale all'indietro carpiato. Dopo questa intervista chi avrà il coraggio di non candidarlo?
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