Terza età: lo scenario è in evoluzione
La terza età sta diventando un’età senza età, sia per il prolungamento della sua durata, sia per l’incremento delle opportunità per le persone.
Su questo tema si sviluppata un’analisi a più voci nel corso di un incontro pubblico che si è svolto lo scorso mese e che anticipava “Domus persona – La salute nella tua casa”, un evento che si è svolto in quattro giornate alla Fiera di Trieste, organizzato e promosso da CRTrieste e Fiera di Trieste. Il cuore di “Domus Persona” è stata la proposta di una nuova “cultura della salute” dove la “persona” viene posizionata al centro. Il dibattito, moderato dal direttore de “Il Piccolo” Paolo Possamai, ha visto il confronto fra: Tiziano Vecchiato, sociologo e direttore della Fondazione Emanuela Zancan onlus di Padova; Pier Aldo Rovatti, professore di Filosofia nell’ateneo di Trieste; Margherita Hack, professore emerito e astrofisica di fama.
Sempre più spesso l’età biologica vince sull’età anagrafica: i settanta-ottantenni di oggi conducono una vita paragonabile a quella di un cinquantenne. Fonti ISTAT del 2009 stimano che in Italia, come in tutti i Paesi occidentali, la vita si è allungata e l’età media è aumentata. Su 60 milioni di italiani il 20% ha più di 65 anni; i grandi vecchi (dagli 80 in su) rappresentano il 5,6% dei cittadini. L’indice di vecchiaia, cioè il rapporto tra la popolazione con più di 65 anni e quella con meno di 15, ha registrato a fine 2008 un ulteriore incremento raggiungendo un valore pari al 143,1%. Si stima inoltre che nel 2045 gli ultra sessantacinquenni saranno il 30% della popolazione italiana e gli ultra ottantenni il 12%.
“Trieste come in molte altre occasioni anticipa i tempi”. Con queste parole ha esordito Vecchiato, che ha dato poi alcune cifre che anticipano i cambiamenti futuri: “La regione Friuli Venezia Giulia raggiungerà la percentuale di anziani che oggi ha Trieste appena nel 2030, l’Italia nel 2033. Qui dunque è concentrata una percentuale di soggetti anziani che rende questo territorio un vero e proprio laboratorio, un terreno di possibili sperimentazioni, di ricerca di soluzioni per problematiche che in futuro interesseranno tutto il Paese”. Due sono i terreni del confronto: l’invecchiamento in buona salute (fisica e mentale soprattutto) e la non autosufficienza. “Si spendono – ha rilevato Vecchiato – circa 25 miliardi di euro per la non autosufficienza, l’1,7% del PIL: metà si esplica in un trasferimento monetario alla persona, e la spesa non sempre si rivela efficace. Meglio sarebbe erogare servizi. E in tale ottica è necessario sperimentare, assecondare la prassi migliore, senza però l’assillo delle buone prassi”.
In questo contesto, l’approccio alla salute deve quindi evolversi e porre sempre maggiore attenzione alle persone, ai loro nuovi bisogni ed esigenze. Le risposte del welfare non potranno essere dunque solo strettamente sanitarie, ma il focus si deve spostare alle politiche di inclusione. Da qui un nuovo concetto ossia quello di welfare delle opportunità e delle responsabilità che si rivolge alla persona nella sua integralità. Uno stato sociale che interviene in anticipo, con un’offerta personalizzata e differenziata, rispetto al formarsi del bisogno, e che sa stimolare comportamenti e stili di vita responsabili e, per questo, utili a sé e agli altri.
“L’odierna società – ha sostenuto Rovatti – non favorisce l’apertura culturale ma offre condizioni per il perdurare e il riproporsi dello scontro generazionale. Si contrappongono stili di vita e miti in antitesi: l’ideologia giovanistica che impone agli anziani di restare giovani, e i giovani defraudati dalla mancanza di prospettive, emarginati dalle occasioni e dalle opportunità, “fuori gioco” alla partenza, vecchi loro malgrado perché privi di idealità, orizzonti ed aspettative”. Il ricambio generazionale non solo è rimandato ma ingabbiato. “Fra giovani già anziani – ha aggiunto Rovatti – e vecchi che rivendicano il diritto a non venire associati all’improduttività (tanto meno oramai alla saggezza), lo scontro non trova soluzioni facili e immediate. Occorrerà ripensare il senso stesso dell’esistenza, in una nuova apertura culturale, alla luce del “rimettersi in gioco” riscoprendo o scoprendo il gusto del gioco, la capacità cioè di porsi in contesti diversi e dinamici”.
Non meno critica Margherita Hack che ha individuato il nocciolo della questione nelle buone condizioni fisiche e soprattutto nella lucidità mentale e intellettuale, nell’avere interessi e coltivarli: “Qui sta la differenza fra il sentirsi attivi e in salute, nella condizione di non essere messi da parte, e l’età della vecchiaia comunemente intesa. Fra offrire la prospettiva a questa ricchezza di esperienza maturata e la necessità di ricambio, vedo la soluzione solo nel ridurre le occasioni di spreco nella società e nel reinvestire in opportunità per i giovani e in occasioni di socialità per coloro che ancora vogliono viverle”.
foto: fruit