Un’escursione sul… magico Palar
Nonostante il tempo abbastanza incerto di questa primavera friulana, sono riuscita a sfruttare bene i meravigliosi giorni over 30 del mese di maggio. A Trieste va bene, c’è il mare! Dal medio Friuli verso nord, però, le cose si fanno più difficili e la pioggia è una fastidiosa compagnia.
Abitando a Udine sono diventata come i tedeschi: ad ogni spiraglio di sole mi spoglio… non importa se è il mese di febbraio.
Ho proprio voglia di mare e di sole dopo un inverno così lungo, tanto che, una calda domenica, svegliandomi euforica, indosso il mio costume da bagno, prendo il telo di spugna ed una bottiglia d’acqua, e mi dirigo verso le montagne. Uscita autostradale “Gemona”, direzione Trasaghis, per poi proseguire verso Alesso.
La prima uscita “estiva” sul Palar, “IL” torrente! Un corso d’acqua stupendo (nelle foto a fianco), avvolto e protetto da pareti di roccia sempre più strette ed imponenti man mano che si risale verso la sorgente.
Parcheggio la mia brava utilitaria nella prima piazza di Alesso, proprio davanti a due baretti. Fuori sono seduti sempre quasi esclusivamente uomini; mi chiedo ogni volta dove siano le donne… chissà… Non mi faccio prendere da pensieri sconfortanti, è maggio e sono contenta. È un bel mese per venire fra queste montagne, ancora non c’è molta gente. In luglio ed agosto, infatti, il paesino si affolla di parenti che ritornano per le vacanze, ci sono molte macchine con targa francese, famiglie intere emigrate laggiù chissà quanti anni fa; c’è poi un discreto numero di udinesi e di tutti gli abitanti delle zone limitrofe, in particolare ragazzi.
Per stare tranquilli ci sono tre possibili soluzioni: venire in maggio, giugno ed al limite settembre; prendersi il lusso legittimo di venire durante la settimana lavorativa, oppure risalire il più possibile il torrente. Dipende anche dal vostro umore ovviamente.
Io ho la domenica a disposizione e non m’interessa certo se non sono l’unico essere umano della zona. Con il mio equipaggiamento imbocco la stradina in leggera salita verso sinistra, lasciando alle spalle il chiacchiericcio dei vecchietti, ed attraverso il paese fino ad arrivare ad una seconda piazzetta con in fondo degli antichi lavatoi ancora funzionanti. Anche qui il terremoto del ’76 ha lasciato il segno: tutto o quasi è stato ricostruito, con dei risultati non sempre brillanti devo dire. Fortunatamente la natura non è stata ancora stravolta.
Felice di essere quasi arrivata alla meta, prendo il sentiero a destra dei lavatoi e dei bidoni dell’immondizia messi ad hoc all’imboccatura del percorso. Salita sull’argine, vedo già la prima parte così familiare del corso d’acqua. A quest’altezza è abbastanza largo, e di solito è occupato dalle famiglie o da qualche compagnia intenta a grigliare “carnazza” per tutti. Io, però, voglio proseguire, e so che da quel punto dovrò camminare ancora per una ventina di minuti per arrivare al gran salto.
Il Palar è un po’ un gioco a livelli, ce n’è per tutti: per i pigri, gli avventurosi, gli sportivi, i vanitosi, i romantici, i naturisti e gli stressati. Attenzione però, tutti dovranno superare la prova temperatura. Appena s’immergono i piedi nell’acqua (non sperate di poterlo evitare…) solitamente si lancia un urlo. Non ho mai portato con me un termometro; so però, per esperienza personale, che con una temperatura esterna anche di 30 gradi, quando si decide di sguazzare un po’ nelle gelide pozze d’acqua verde si rimane senza fiato… e non solo per la bellezza del posto!
Si può provare quest’emozione immergendosi gradualmente in qualche conca cristallina o sfidare la legge di gravità e gettarsi da una delle due dighe che aiutano il torrente a defluire. I deboli di cuore non sfidino la natura per favore!
I ragazzi sono quelli che più mi fanno impressione: incominciano appena arrivano, e non smettono di tuffarsi fronteggiandosi tra loro; acciaccati, arrossati per l’impatto con il muro d’acqua ghiacciata, ma felici. Sono dei veri professionisti del volo in caduta libera. Io, che invece sono pusillanime, continuo a risalire il letto del Palar.
Tra le rocce e l’acqua c’è un’antica intesa, che devo rispettare, facendo attenzione all’energia che ne scaturisce. Il nostro eroe s’inerpica restringendosi ed il suo ritmo diventa sempre più serrato. Cerco di fare del mio meglio, ormai manca poco alle grandi rocce. È il mio posto preferito. Ci sono dei grossi massi dai quali è possibile tuffarsi, cosa che io mi guardo bene dal fare, o distendersi come lucertole al sole, fin che dura. In questo punto le pareti sono molto strette e ricoperte di vegetazione, ed il sole purtroppo scompare presto, già nel primo pomeriggio.
Da qui, l’ultimo tratto lo si può esplorare solo superando a nuoto una gola molto stretta. Ci ho provato una volta, e da allora la ricordo solo come esperienza! Dovessi rifarlo, cosa che mi ripropongo spesso, non mi muoverei senza una qualsiasi forma galleggiante, sia pure un legno.
Sole o non sole, il Palar è un luogo magico e mi sono chiesta se era il caso o meno di condividerlo. Lo faccio ad una condizione, che venga rispettata una richiesta leggibile anche su un cartello in uno dei punti d’entrata di un altro fiume, il Natisone: “Lascia pulito, animale!”.
Ivana Macor