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Val Rosandra, un unicum nel paesaggio carsico

 |  Redazione Sconfini

 

Siete pronti? Allora salite in macchina e dal centro di Trieste imboccate la sopraelevata, direzione San Dorligo della Valle, prendete l’uscita Grandi Motori e proseguite fino alla

località di Bagnoli della Rosandra. Parcheggiate e via… iniziate a passeggiare lungo un sentiero incantevole.

 

Stiamo parlando della Val Rosandra, ovvero di quel solco tracciato dal torrente omonimo e che rappresenta un unicum nel paesaggio carsico. Il nome Rosandra ha origini antiche e incerte: pare infatti che derivi o dal paleoveneto, lingua in cui “rosa” stava per dirupo, o dal ladino friulano “roja”, cioè canale d’acqua corrente. Fatto sta che questo corso d’acqua fu in passato il confine naturale tra il territorio di Trieste e quello dominato dalla Repubblica veneta.

 

Lungo 15 chilometri, il Rosandra nasce in Slovenia a 413 metri sul livello del mare, percorre l’altopiano carsico, aggira il Monte Carso e va a sfociare nel mare della baia di Muggia. Il suo fluire ha permesso la nascita di quella valle che, pur non agevole, ha rappresentato sin dall’antichità il tragitto preferito per giungere al mare dall’altopiano carsico.

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Proprio per la sua posizione strategica, questo luogo fu teatro di numerosi scontri e, prima della conquista romana, come testimoniano numerosi reperti, fu abitato dai carnoceltici. In particolare le battaglie si svolsero tra triestini e muggesani, in quanto entrambi miravano al possesso delle saline (il sale era uno dei beni più preziosi, tant’è che il termine “salario” trova proprio la sua origine etimologica in questo elemento fondamentale per la sussistenza). Il sentiero segnavia 1 ex Cai n. 13 è noto anche con il nome di “Via del sale”: di qui, infatti, passavano i “mussolati”, cioè le carovane di asini (il termine triestino “mus” indica infatti questo animale) che da Pese giungevano a Zaule, dove le granaglie e i minerali venivano scambiati con il sale e con il vino.

 

Quest’area è inoltre interessante sia sotto il profilo geologico (pietre calcaree e flysch) che da quello botanico, in particolare per la presenza della Genista holopetala. Non manca poi la fauna: in quest’area vivono anfibi, rettili ed è possibile, in ragione dei fitti cespugli, imbattersi in caprioli. Per quanto riguarda il clima va segnalata la cosiddetta “Sella della Bora”, dove il vento tipico del luogo riesce a soffiare con una velocità vicina ai 150 km all’ora.

 

Percorrendo la strada asfaltata si raggiunge in breve tempo Bagnoli Superiore, un piccolo centro abitato. Quindi, su un terreno sterrato, si conducono i propri passi su una passeggiata che affianca il torrente Rosandra che è, tra l’altro, l’unico corso d’acqua del Carso che fluisce in superficie. Giunti a un primo bivio si può intraprendere il segnavia 1 ex Cai n. 13, all’inizio del quale si trova il rifugio Premuda (sito a 81 metri sul livello del mare, uno tra i più bassi nella nostra penisola), che conduce al monte Carso e alla sorgente Bukovec. Sulla destra si possono vedere i resti dell’antico acquedotto romano, risalenaltte al I secolo d.C., e dal quale proveniva l’acqua destinata alla città.

 

Arrivati in prossimità di un secondo bivio, si può percorrere, deviando a destra, il sentiero che consente di arrivare al Cippo Comici e alla chiesetta di Santa Maria in Siaris. Se invece si preferisce un tragitto meno impegnativo, si devono volgere i propri passi verso sinistra: si intraprende così il sentiero principale, detto dell’Amicizia, che porta l’escursionista fino all’abitato di Bottazzo.

 

Questo piccolissimo centro, che si trova a 183 metri sul livello del mare, è collocato a ridosso del confine sloveno. Quest’area venne scelta come luogo di insediamento dalla popolazione, almeno a partire dall’epoca medioevale ma forse anche prima, in ragione della presenza sia di acque sorgive che di un terreno particolarmente fertile. Qui l’attività principale fu per molto tempo rappresentata dalla macina del grano, in funzione della quale furono infatti eretti cinque mulini. La macinazione terminò nel 1934 ma ne rimane testimonianza nei resti di un mulino tutt’oggi visibile poco prima di raggiungere questa piccola località.

 

Diversi sono i sentieri che consentono di raggiungere Bottazzo. Tra questi, il più breve e diretto, il segnavia Cai n. 39, non risulta particolarmente impegnativo e comunque l’escursionista, anche se non esperto, può essere allettato da una piacevole meta enogastronomica, che lo attende al suo arrivo a Bottazzo: una storica trattoria dove si possono mangiare gustosi piatti fumanti e profumati.

 Tiziana Benedetti

 


In collaborazione con Help!

 

 


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