Le problematiche cardiache degli anziani
> Quali le manifestazioni più comuni?
Nel mondo occidentale, compresa l’Italia, la popolazione sta invecchiando e ciò condiziona un incremento delle malattie cardiovascolari degenerative croniche che richiedono nuove modalità assistenziali.
L’ipertensione arteriosa, la fibrillazione atriale, le varie forme di cardiopatia coronarica, le alterazioni della valvola aortica e mitralica e lo scompenso cardiaco sono patologie molto comuni che condizionano la quantità e la qualità della vita nei soggetti della “terza età”. Non solo, ma le patologie cardiache possono influenzare il decorso e la guarigione di affezioni di altri organi ed apparati quali le malattie del polmone e dei reni e gli esiti degli interventi chirurgici.
In molti casi poi le malattie cardiovascolari hanno un decorso subdolo. Ad esempio spesso l’infarto del miocardio nell’anziano si manifesta con una sintomatologia atipica (a volte confusa con patologie di altri organi) che ritarda la diagnosi corretta e tempestiva e di conseguenza l’attivazione precoce di presidi terapeutici idonei a risolvere la situazione cardiaca. Così come la comparsa di una fibrillazione atriale nel paziente anziano può scatenare più facilmente uno scompenso cardiaco se non curata adeguatamente e tempestivamente.
> Quali le conseguenze?
La maggior parte delle patologie cardiovascolari nell’anziano può assumere le caratteristiche di un processo cronico con fasi di miglioramenti e di peggioramenti che richiedono frequenti ricoveri ospedalieri. La presenza di polipatologie influenza non solo la prognosi della malattia cardiaca ma anche quella di altri organi. Tutto ciò favorisce la prescrizione di molti farmaci (a volte 20 pillole al giorno) con frequenti effetti collaterali ed interazioni che inevitabilmente provocano la scarsa aderenza alla terapia a lungo termine.
L’età avanzata non rappresenta una controindicazione assoluta agli interventi di cardiochirurgia, ma sicuramente può influenzare i suoi esiti per la possibile comparsa di complicazioni legate alla patologia multi-organo quali l’insufficienza polmonare o renale che comportano poi una degenza più lunga nel reparto di terapia intensiva.
> Quali le possibili soluzioni?
In una società come quella triestina nella quale la popolazione anziana è molto rappresentata (41.464 abitanti oltre i 70 anni), i problemi sociosanitari sono notevolmente importanti. Spesso questi pazienti, privi di legami familiari, sono costretti a dipendere strettamente dalle istituzioni sociosanitarie: residenze assistite, badanti, case di riposo private pullulano. Ciò implica la necessità urgente di migliorare la qualità della “cura” cardiologica nel territorio perché spesso i brillanti risultati della terapia nella fase acuta ospedaliera possono diventare poco efficaci per l’insufficiente gestione della malattia cronica nel territorio. In particolare la frammentazione degli interventi terapeutici deve essere superata dalla continuità assistenziale.
Gran parte dell’assistenza medica per il trattamento delle malattie croniche negli anziani deve avere come obiettivo quello di limitare le conseguenze della malattia e ottimizzare la qualità della vita. I punti chiave perciò sono quelli relativi al miglioramento e alla limitazione dei sintomi dei pazienti, al ripristino o alla conservazione delle capacità fisiche e mentali che permettono una relativa autosufficienza ed indipendenza, e se possibile al rallentamento della malattia sottostante. L’assistenza domiciliare, la continuità assistenziale ospedale-territorio, l’impegno dei medici di medicina generale e del personale infermieristico dei Distretti, in vario modo possono condizionare il successo della sanità pubblica nel ridurre gli effetti sfavorevoli delle patologie cardiache non fatali ma altamente invalidanti.
> Cos’è la continuità assistenziale?
È un progetto unitario di “cura” e consiste nella presa in carico dei pazienti cronici con coinvolgimento del personale sanitario e di quello dei servizi sociali. Per stabilire un’efficace continuità assistenziale è necessario individuare un nuovo rapporto fra le strutture ospedaliere, quelle specialistiche del territorio e il medico di medicina generale che devono svolgere un’attività integrata. A Trieste è attivo da alcuni anni il Progetto Trieste Scompenso Cardiaco nel quale il cardiologo ospedaliero, quello territoriale, il personale infermieristico dei Distretti collaborano con il medico di medicina generale nella gestione dei pazienti con scompenso cardiaco cronico. Questa iniziativa ha ridotto il numero dei ricoveri ospedalieri e migliorato la qualità della vita di molti pazienti anziani che hanno potuto continuare a vivere nel loro ambiente abituale assistiti anche a domicilio con visite periodiche dell’infermiere del Distretto, del cardiologo territoriale e del medico di famiglia. Altri interventi però sono auspicabili per contribuire al miglioramento delle malattie cardiovascolari croniche tipiche dell’invecchiamento.
Infine nel rapporto tra cardiologo e paziente cronico è necessario chiedersi e chiedergli: quanto è contento di come vive? In altre parole nell’anziano è importante prendere in considerazione anche il parametro qualità della vita. Come afferma Louis Lasagna nel suo volume “Il Dilemma dei medici”: «Dovremmo avvertire l’importanza di dedicare parte delle nostre energie al miglioramento della qualità della vita dei malati per renderla più gioiosa, creativa e nobile. Altrimenti la loro esistenza non sarebbe altro che lo stanco rimaneggiamento molecolare di un inutile orologio biologico».
foto: Alexandre Debieve