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Il caso dell'Ape...ritivo e di una legge scritta male e interpretata in modo ondivago dalle Autorità

 |  Giuseppe Morea

Paese che vai, usanze che trovi si suol dire. Ma se sei in Italia l'usanza in cui prima o poi di certo di imbatterai è quella legata a bizantinismi burocratici e leggi scritte con ogni parte del corpo fuorché quelle preposte.

Un caso kafkiano in questo senso ha animato l'estate triestina e in particolare la zona della Pineta, rifugio a pochi chilometri dal centro per i cittadini in fuga dal caldo per qualche ora o per la pausa pranzo. Ad animare la vicenda il Liquorificio Italia, azienda artigiana specializzata nella produzione in proprio e conto terzi di alcolici che negli ultimi tempi si sta imponendo nel mercato locale e nazionale per le sue idee, la sua vivacità imprenditoriale e le sue iniziative sul web, come il riuscitissimo sito e-commerce Liquorit con le sue divertenti bottiglie personalizzate e i prodotti realizzati interamente nella fabbrica a gestione familiare dalla famiglia Treglia: creme, liquori, concentrati di frutta.

Dopo un processo di alcuni mesi, l'azienda mette in strada una divertente Ape Piaggio subito denominata Ape...ritivo con lo scopo di vendere ai bagnanti del lungomare vari tipi di bevande, dai succhi di frutta allo spritz alla grattachecca, tanto per citare i due prodotti più apprezzati. Naturalmente la procedura per ottenere la licenza è stata molto laboriosa ma alla fine è arrivata, nonostante i titolari dell'azienda avessero sottoposto un problema di interpretazione della norma ai preposti uffici comunali. La legge regionale 29 del 2005 che detta le regole su questo tipo di commercio, infatti, prevede la vendita di alcolici ma non specifica nulla riguardo la somministrazione di preparati sul posto. Un'interpretazione restrittiva della norma poteva infatti comportare la possibilità di vendere l'intera bottiglia ma non il bicchiere per intenderci.

Gli addetti comunali, a detta dei responsabili dell'azienda, avevano rassicurato il Liquorificio Italia dicendo che la cosa si poteva fare e che "ovviamente" una cosa includeva l'altra.

Bene, tutto a posto: ci si procura l'Ape, si fanno le carte dell'Azienda Sanitaria, si prepara il mezzo dal punto di vista normativo, lo si agghinda a dovere, ci si lancia in investimenti promozionali e si parte: per un mese e mezzo circa le cose vanno bene e ai gestori vengono anche fatti i complimenti da parte dei vigili urbani per l'iniziativa.

Poi ad inizio agosto, ecco il problema di interpretazione della legge segnalato dall'azienda prima di ritirare la licenza in Comune. Risultato: chiusura immediata dell'attività e 1000 euro di multa. E buonanotte ai 6 dipendenti che avevano un contratto stagionale oltre che agli investimenti fatti dalla famiglia Treglia, proprietaria della ditta.

L'ultima beffa? La tenente dei vigili urbani, stando a quanto dichiarato da Pierandrea Treglia, avrebbe detto: "Fate ricorso, tanto lo vincete sicuro".

In inverno, sotto la neve, sarà divertentissimo e particolarmente redditizio andare in giro con l'Ape sul lungomare.


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