Gli inganni dei sentimenti
Questo è il dolore della vita:
che si può essere felici solo in due;
e i nostri cuori rispondono a stelle
che non voglion saperne di noi.
E. Lee Masters (Antologia di Spoon River)
La vita dell’uomo è raramente concepibile senza l’altro. Per questo i primi attimi di una coppia sono sempre un accadimento strepitoso, sovversivo, tinto di emozioni intensissime e suggestioni sublimi, caratterizzato dal fortissimo bisogno di stare assieme, di vedersi, di toccarsi, di ascoltarsi. Tuttavia nella scelta del partner, ma forse più in generale nell’amore e ancor più nell’innamoramento, si cela spesso una vigorosa dose di insensatezza.
Basta ritornare per un attimo indietro nel tempo e rileggere le proprie lettere d’amore trenta o quaranta anni dopo. Alla presenza di quelle documentate dichiarazioni di ottusa irrazionalità, di fervore ai limiti del misticismo, di presunzione se non di vera e propria onnipotenza, l’adulta e matura saggezza dovrebbe essere mortificata dal rossore della vergogna. A volte sembra quasi impossibile che persone provviste anche solo di un quoziente intellettivo nella norma possano essersi trovate in uno stato d’animo tale da concepire e rendere manifeste tante banalità, tante assurdità nei pensieri, nelle parole, nei comportamenti.
Con un innamorato, ma soprattutto con una donna innamorata, il più delle volte è impossibile un discorso ragionevole, obiettivo, sanamente critico, meno che mai sull’oggetto del suo amore. Gli avvertimenti disinteressatamente sinceri, i giudizi espressi in autentica buona fede, le valutazioni di innegabili realtà si infrangono miseramente contro l’irragionevole miopia del sentimento o della passione. Chi s’innamora è pronto a rinunciare alla famiglia, alle amicizie, ma soprattutto alla propria intelligenza, alla propria curiosità, ai propri desideri.
Tutto ciò potrebbe sembrare provocatorio o quantomeno esagerato se recenti teorie non postulassero che gli stati d’animo degli innamorati richiamano da vicino i sintomi di alcuni disturbi mentali. Del resto, la diagnosi del “mal d’amore” è stata utilizzata e ritenuta legittima fino al XVII secolo. Andando a riguardare quelle vecchie diagnosi vediamo che i pazienti evidenziavano manifestazioni ricorrenti quali… “pensiero fisso sulla persona amata, malinconia, stati di estasi, violente e improvvise variazioni dell’umore”.
Tutti sintomi che rientrano a pieno titolo nelle attuali classificazioni di ossessione, depressione, mania tanto che l’antica denominazione di mal d’amore coincide quasi perfettamente con l’odierna definizione di “disturbo ossessivo-compulsivo con alterazioni dell’umore”. L’amore sopporta quindi la perdita della ragione, l’abbandono di sé, la debolezza e la fragilità che ne discende. E succede, a volte, che emozioni che crediamo essere nostre siano invece emozioni che si sono impadronite di noi, che sono entrate a forza nella nostra individualità.
Eppure il tema dell’innamoramento ha sempre richiamato l’attenzione di poeti, compositori, filosofi, intellettuali, scrittori, artisti. Chi con educata sensibilità, chi con provocante ironia, chi con ingegno sublime, vivacemente, malinconicamente, con rabbia o con dolore, tutti hanno svelato il proprio vissuto dell’amore superando le costrizioni del tempo e dello spazio, attraversando la vita e la morte, portando in superficie quel seducente universo di archetipi che anima l’inconscio collettivo. Discutere dell’amore come segmento di uno sviluppo universale con radici innate si accompagna però al naturale e giustificato pensiero che non tutti amano alla stessa maniera così come non tutti i legami di coppia hanno le medesime caratteristiche. La fisionomia che assume un legame sentimentale, le deformazioni dell’amore, la stessa scelta del partner sono da ricondurre alle aspettative che ognuno ha su se stesso e sugli altri, al significato che ciascuno attribuisce ai propri bisogni affettivi e alle strategie delle quali si serve per ottenere affetto.
La formazione di una coppia può avere motivazioni diverse ma tutte riconducibili a quell’ancestrale bisogno di sicurezza che accompagna il cammino dell’uomo fino alla sua morte. Bisogno che affonda le sue radici nella vita fetale e nei primi anni di vita e che affida le sue origini al rapporto simbiotico con la figura materna. È per questo che all’altra “metà della mela” si affida il compito di riprodurre le iniziali condizioni di arcaica fusionalità, allo scopo di replicarla se è stata soddisfacente o di rimediarla se non lo è stata. Si desidera riscoprire nell’altro quelle emozioni penetranti e lontane, quelle fantasie sfuocate che un tempo avevano conquistato i sensi ed il pensiero per riviverle al presente. E sono proprio le suggestioni abbandonate, dimenticate, le impressioni rimosse o solo lasciate da parte che rendono speciale la persona amata.
Per semplificare, potremmo far rientrare la scelta di un partner in quattro ampie categorie. La selezione può essere motivata da uno stato di bisogno in base al quale una persona, fissata in un ruolo infantile di dipendenza, cerca un partner che rappresenti una figura genitoriale; oppure la scelta può essere di tipo narcisistico laddove il partner raffigura sempre, per il soggetto, “ciò che egli stesso era” o una parte del proprio sé. La preferenza poi può essere motivata da mancanze o da “ferite” psicologiche avvenute nell’infanzia e riguarda chi sceglie come compagno “colui che egli stesso vorrebbe essere”. Una quarta categoria considera infine le scelte effettuate da persone che hanno raggiunto un accettabile equilibrio e quindi la capacità di un rapporto complementare in cui siano presenti attrazione sessuale e consonanza di curiosità, passioni, valori nonché una disposizione allo scambio e alla progettualità.
Ma oggi trovare un partner sembra essere diventata un’impresa veramente colossale. Frasi come “non ci sono più donne affidabili”, “tutti gli uomini interessanti sono già impegnati”, “le donne ti seducono e poi ti mollano”, “gli uomini vogliono solo una cosa e poi spariscono”… o simili rimbalzano quotidianamente dagli uffici alle palestre, dai bar alle stanze degli psicoterapeuti, ispirando interminabili e rabbiosi monologhi sulle proprie sventure, animando telefonate sconsolate o contrassegnando frustranti serate fra amici traditi dalle proprie illusioni che si concludono con la laconica ma illuminante considerazione “…è sempre la stessa storia… tutte io le trovo, quelle così…”.
In realtà ognuno di noi viene classificato dall’altro sesso in base al suo livello di desiderabilità e a ciascuno viene assegnato un rango erotico che definisce l’insieme delle ragioni per cui una persona risulta attraente: avvenenza estetica, livello culturale, capacità di seduzione intellettuale, condizione economica. Il problema è che, oppressi da una società democratica e consumistica, nessuno si rassegna al proprio rango sia esso culturale, erotico, economico o estetico, basti pensare alla progressione geometrica degli interventi di chirurgia plastica. Nessuno accetta criticamente la propria condizione, tutti possono, e vogliono, aspirare a qualsiasi cosa senza lavorarci sopra, senza mettersi in discussione ma soprattutto senza accettare i propri limiti, i propri condizionamenti, le proprie contraddizioni e le proprie ambivalenze. Perché in fondo il timore è sempre quello di non essere accettati, l’infantile paura del rifiuto, dell’abbandono, il timore di non riuscire nell’impresa di interpretare l’altro, di appagare le sue aspettative.
Così, paradossalmente, per dar corpo alla propria onnipotenza e soddisfare i bisogni del partner molte persone si annullano, rinnegano se stesse, i propri desideri, sopprimono la propria personalità. Il tentativo di sottrarsi a ciò che incute loro angoscia diventa una fuga da tutta una serie di esperienze, diventa, a volte, una fuga dalla vita stessa, dalla propria libertà, dalla propria indipendenza. E questo mancato confronto con la realtà dell’essere, le menzogne raccontate a se stessi, il mancato coraggio di affrontare le proprie verità nascoste, conducono sovente ad uno stato di vuoto, di rimpianto, di profondo e malinconico senso di abbandono. Il mito parla da sempre di questo tema: l’uomo viene cacciato dal paradiso terrestre e, solo allora, si accorge di essere nudo. Siamo ormai quasi sommersi dalla “cultura dell’insoddisfazione”.
Un tratto che mi colpisce ancora molto nei miei pazienti, soprattutto quelli giovani, è il loro desiderio profondo, inconfessabile, il più delle volte inconscio, di “insoddisfazione” per un bizzarro quanto incredibile piacere grazie al quale fin quando sono insoddisfatti, possono continuare a desiderare. Freud, un secolo fa, parlando delle donne isteriche, le definiva come donne che non vogliono assolutamente essere soddisfatte anche se si lamentano sempre di essere insoddisfatte e insinuava che proprio questo loro lamentarsi fosse il loro godimento. Nella nostra società, un secolo dopo e senza più discriminazioni tra maschi e femmine, vige un analogo codice isterico. Da una parte ci si illude che tutto è possibile e dall’altra si continua cercare l’impossibile con l’aggravante che, nel caso in cui l’impossibile diventi possibile, smette di essere interessante.
Il discorso sarebbe ancora lungo ma vorrei concludere con le parole del biologo Richard Dawkins il quale afferma che nella scelta del partner il grande conflitto è fra due strategie: la strategia della “Gioia Domestica” e la strategia del “Vero Maschio” considerando innanzitutto le femmine, più rilevanti dal punto di vista biologico perché più selettive. La prima porta ad aspirare ad un convivente fedele con cui fare figli e godere una vita tranquilla fatta di nutella, divano e telecomando. La seconda è invece una strategia opposta ma non per questo meno importante, in conflitto con la prima: è la strategia del “Vero Maschio”, quello potente, divertente e un po’ canaglia, ma sulla cui fedeltà al nido domestico non si può contare. Da qui lo strazio esistenziale: se una strategia ci va bene abbiamo bisogno dell’altra e viceversa…
dott. Filippo Nicolini, sessuologo
PILLOLE DI CURIOSITA'
GLI UOMINI IMPERFETTI ATTIRANO DI PIU'
Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace, recita un vecchio adagio che richiama l’attenzione su come spesso a suscitare attrazione siano proprio le imperfezioni. Ora il dato è confermato anche a livello scientifico. Secondo i ricercatori dell’Università di Newcastle, le donne sono attratte da uomini con “imperfezioni” nel Dna.
In uno studio pubblicato sulla rivista Heredity, parente editoriale della più celebrata Nature, gli scienziati britannici affermano che il segreto della variabilità genetica degli esseri umani risiede nel fatto che le donne preferiscono maschi con mutazioni del genoma che assicurano maggiore protezione da virus e batteri. Alcune mutazioni del genoma possono infatti riguardare il cosiddetto “kit di riparazione” del Dna: i soggetti che hanno il kit compromesso hanno maggiori diversificazioni nel loro Dna che non vengono riparate. Il fatto, che di norma è svantaggioso, diventa però positivo se riguarda la parte del genoma che regola la resistenza alle malattie poiché gli uomini con una grande differenziazione genetica proprio in quest’area mostrano anche una serie di caratteristiche fisiche che le donne trovano particolarmente attraenti.
LE CATEGORIE DELL'AMORE
Gli antichi greci distribuivano l’esperienza d’amore in diverse categorie che ne precisavano i caratteri di molteplicità e di dinamicità. Definivano Phileo l’amore tenero manifestato da un caldo affetto e da un alto grado di interesse e di amicizia. Thelo era invece il desiderio risoluto e determinato, l’intenzione, l’avere in mente il piacere di fare qualcosa che, se estremizzato, poteva condurre a Mania, caratterizzata da ossessività, gelosia e intensità emotiva fuori controllo. Con il termine Storge indicavano l’amore di appartenenza, sentimento pacifico a sviluppo graduale, assimilabile agli affetti di famiglia o alle amicizie più fraterne, mentre Pragma rappresentava la solidarietà pratica, concreta, realistica centrata più sulla stima che sul coinvolgimento emotivo.
L’amore inteso come pulsione erotica che dal basso procede verso l’alto portando l’uomo a una bellezza superiore era contraddistinto dalla voce Eros. Esso richiamava aspetti come l’inebriamento e la sopraffazione che il piacere produce sulla ragione perché nell’eros l’uomo supera i propri limiti, esce “fuori di sé” elevandosi ad una beatitudine superiore. L’esperienza dell’atto sessuale e dell’orgasmo testimoniano bene questo esaltante tumulto. Infine Agape, termine con il quale si esprimeva l’amore come dono di sé all’altro, altruistico impegno di tutto se stesso e per sempre. Eros, quindi, come attrazione verso un altro da sé in ordine all’acquisizione di una perfezione che manca al sé, Agape come tensione verso l’altro in ordine all’arricchimento e alla perfezione dell’altro.
INNAMORARSI CON UN CLIC
L’anima gemella può affacciarsi anche dalle virtuali sinuosità di Internet. Sono ormai tre milioni e mezzo circa gli utenti che quotidianamente si conoscono, si frequentano e si lasciano con un clic. Una coppia su cinque, secondo le stime, nasce in rete. A cercare sono più uomini che donne e si collocano prevalentemente fra i 18 e i 30 anni. Poi decidono di incontrarsi, si piacciono e, a volte, non si perdono più. Nella grande famiglia dei quasi sette milioni di single italiani aumentano ogni anno quelli che utilizzano siti come One Meet, Love Dadanet, Meetic, Match, Parship o simili per “fare sul serio” ma in questo caso coloro che navigano per trovare qualcuno con cui dividere un progetto di vita sono ultratrentacinquenni con prevalenza femminile.
Le molle che spingono a rivolgersi al web sono diverse. Sotto i 40 anni prevale il fattore “tempo” perché chi, per scelte di studio, lavorative o esistenziali non ha ancora trovato un partner, sente la fretta di “accasarsi”. Gli over 40 sono invece motivati da paure o esperienze negative precedenti: vanno in rete perché anche per loro il tempo stringe e non vogliono più sbagliare.
Un ultimo dato. Gli italiani, a differenza di quel che succede negli Stati Uniti ma anche nel resto dei Paesi europei, hanno un marcato imbarazzo ad ammettere che il loro amore è nato su Internet e inventano romantiche e suggestive storie per coprire l’origine delle loro relazioni.